Montesquieu
- "Non bisogna mai esaurire un argomento al punto che al lettore non resti piů nulla da fare: perchĂ© non si tratta di far leggere, ma di far pensare" - (C.L. de Montesquieu)
Nato da nobilissima famiglia nel castello di La Brede (Bordeaux) nel 1689. Compiuti gli studi giuridici, si dedicò interamente alla riflessione storica e politica.
Nel 1721 pubblicò le Lettres Persanes. Il filosofo si mette la maschera di un giovane persiano in viaggio per la Francia, e costruisce una critica caustica dei costumi e delle istituzioni politiche francesi, colpendo in particolare l'oscurantismo religioso e l'assolutismo monarchico.
Dal 1721 al 1734 Montesquieu viaggia in Germania, Italia, Svizzera, Inghilterra; ritornato in Francia pubblica Considerazioni sulle cause della grandezza dei Romani e della loro decadenza. Una riflessione morale sulla storia.
Nel 1748 pubblica L’esprit de lois.
Le “lettere persiane”
Romanzo epistolare scritto nel 1721, presenta i caratteri consueti a molte opere appartenenti al primo illuminismo. E’ una satira violenta dei costumi francesi, analizzati dal punto di vista di due viaggiatori persiani. I sarcasmi delle lettere non risparmiano nĂ© le istituzioni, nĂ© gli uomini del tempo. I personaggi, essendo stranieri, vedono la Francia in modo distaccato, criticando vita e costumi di una societĂ cattolica e assolutistica. Con la figura di Luigi XIV il Montesquieu vuole colpire il regime monarchico, delineando la sua concezione politica in netto contrasto con l’assolutismo di Hobbes (1588, 1679). Per ciò che trattano, le lettere preannunciano lo spirito critico proprio dello "Spirito delle leggi", volto ad analizzare le caratteristiche, appunto, dello "spirito" che accomuna tutte le leggi umane. Lo stile di quest’opera č contraddistinto da due mode letterarie allora in voga: la descrizione di tipo documentaristico dei paesi stranieri e le impressioni di stranieri ignoranti sugli usi e costumi della societĂ occidentale.
Lo “spirito delle leggi”
Ma l'opera piů importante e monumentale, frutto di quattordici anni di lavoro, Montesquieu la pubblica anonima nella Ginevra di Rousseau, nel 1748: Lo spirito delle leggi. Due volumi, trentuno libri, un lavoro tra i maggiori della storia del pensiero politico. Una vera e propria enciclopedia del sapere politico e giuridico del Settecento. L'opera venne attaccata da gesuiti e giansenisti e messa all'indice nel 1751, dopo il giudizio negativo della Sorbona.(A Voltaire era andata peggio, era finito giĂ alla Bastiglia, e ci stava ritornando per la seconda volta, ma fece in tempo per darsela a gambe levate, iniziando così il suo "vagabondaggio illuminista" nelle varie corti europee). Nel libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu traccia la teoria della separazione dei poteri. Partendo dalla considerazione che il "potere assoluto corrompe assolutamente", l'autore analizza i tre generi di poteri che vi sono in ogni Stato: il potere legislativo (fare le leggi), il potere esecutivo (indicare le linee politiche e operare le scelte conseguenti) e il potere giudiziario (attuare concretamente le norme giuridiche). Montesquieu cercò di dimostrare come, sotto la diversitĂ degli eventi, la storia abbia un ordine e manifesti l'azione di leggi costanti. Ogni ente ha le sue leggi. Le istituzioni e le leggi dei vari popoli non costituiscono qualcosa di casuale e arbitrario, ma sono strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla loro religione e sicuramente anche dal clima.Al pari di ogni essere vivente anche gli uomini, e quindi le societĂ , sono sottoposte a regole fondamentali che scaturiscono dall'intreccio stesso delle cose. Queste regole non debbono considerarsi assolute, cioč indipendenti dallo spazio e dal tempo; esse al contrario, variano col mutare le situazioni; come i vari tipi di governo e delle diverse specie di societĂ . Ma, posta una societĂ di un determinato tipo, sono dati i principi ai quali essa non può derogare pena la sua rovina. Ma quali sono i tipi fondamentali in cui si può organizzare il governo degli uomini? Montesquieu analizza i generi di poteri, e traccia la costituzione fondamentale di un governo. Montesquieu nell'esporla rende accessibili i temi fondamentali della libertĂ politica, e quindi i tipi di governo degli uomini; che sono tre: la repubblica, la monarchia e il dispotismo. Ciascuno di questi tre tipi ha propri principi e proprie regole da non confondersi tra loro. Il principio che č alla base del regime monarchico č, secondo Montesquieu, la virtů, cioč l'amor di patria e dell'uguaglianza; il principio della monarchia č l'onore; il principio del dispotismo, il terrore. ”Tali sono i principi dei tre governi; ciò non significa che in una certa repubblica si sia virtuosi, ma che si deve esserlo. Ciò non prova neppure che in una certa monarchia si tenga in conto l’onore e che in uno stato dispotico particolare domini il timore; ma solo che bisognerebbe che così fosse, senza di che il governo sarĂ imperfetto”. La repubblica č la forma di governo in cui il popolo č al tempo stesso monarca e suddito; il popolo fa le leggi e elegge i magistrati, detenendo sia la sovranitĂ legislativa sia quella esecutiva. Al polo opposto della repubblica vi č il dispotismo nel quale una singola persona accentra in se tutti i poteri e di conseguenza lede la libertĂ dei cittadini. Montesquieu fa trasparire profonda avversione per ogni forma di dispotismo, poichĂ© sono le leggi a doversi conformare alla vita dei popoli e non viceversa. La forma che sta in mezzo č la monarchia regolata, la monarchia costituzionale, in cui Montesquieu vede contemperate le caratteristiche positive sia del regime monarchico assoluto che di quello repubblicano. L'esempio di questa forma di governo a "costituzione mista" č rappresentato dall'Inghilterra, il cui ordinamento Montesquieu considera come la piů alta espressione di libertĂ . La tesi fondamentale -secondo Montesquieu- č che può dirsi libera solo quella costituzione in cui nessun governante possa abusare del potere a lui confidato.Per contrastare tale abuso bisogna far si che "il potere arresti il potere", cioč che i tre poteri fondamentali siano affidati a mani diverse, in modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di esorbitare dai suoi limiti e degenerare in tirannia. La riunione di questi poteri nelle stesse mani, siano esse quelle del popolo o del despota, annullerebbe la libertĂ perchč annullerebbe quella "bilancia dei poteri" che costituisce l'unica salvaguardia o "garanzia" costituzionale in cui risiede la libertĂ effettiva.”Una sovranitĂ indivisibile e illimitata č sempre tirannica”. L’argomento della libertĂ č sicuramente molto importante, però questa parola, secondo il filosofo, č spesso confusa con altri concetti, come, ad esempio, quello dell’ indipendenza. Nella democrazia sembra che il popolo possa fare quello che vuole, il potere del popolo č confuso così con la libertĂ del popolo; la libertĂ č infatti il diritto di fare ciò che le leggi permettono. Se un cittadino potesse fare ciò che le leggi proibiscono non ci sarebbe piů libertĂ . La libertĂ politica č quella tranquillitĂ di spirito che la coscienza della propria sicurezza dĂ a ciascun cittadino; e condizione di tale libertĂ č un governo organizzato in modo che nessun cittadino possa temere un altro.
”Una costituzione può esser tale che nessuno sia costretto a fare le cose alle quali la legge non lo obbliga, e a non fare quello che la legge permette [...]”. In ogni Stato vi sono tre generi di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto delle genti, e il potere esecutivo di quelle che dipendono dal diritto civile.
- In forza del primo, il principe, o il magistrato, fa le leggi per un certo tempo o per sempre, e corregge o abroga quelle che sono giĂ state fatte.
- In forza del secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve ambasciate, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni.
- In forza del terzo, punisce i delitti o giudica le controversie dei privati.
Montesquieu nei suoi scritti fa notare ai lettori i casi in cui si calpesta la libertĂ dei cittadini; il potere legislativo e quello esecutivo non possono mai essere accomunati sotto un’unica persona o corpo di magistratura, poichĂ© in questo caso potrebbe succedere che il monarca oppure il senato facciano leggi tiranniche e le eseguano di coseguenza tirannicamente. Neanche il potere giudiziario può essere unito agli altri due poteri: i magistrati non possono essere contemporaneamente legislatori e coloro che applicano – in qualitĂ di magistrati – le leggi. Così, ovviamente i legislatori non possono essere contemporaneamente giudici: avrebbero un immenso potere che minaccerebbe la libertĂ dei cittadini. “Tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati”.Il concetto importante espresso da Montesquieu č che il potere giudiziario deve essere esercitato da persone prese dal popolo, in tempi stabiliti e nella maniera prescritta dalla legge; queste persone devono formare un tribunale che lavori soltanto quando č necessario, in questo modo, avendo eliminato il senato permanente, il potere giudiziario può considerarsi nullo. Gli altri due poteri, invece, potrebbero essere conferiti a magistrati o ad organismi permanenti, essendo uno la volontĂ dello stato e l’altro l’esecuzione di tale volontĂ . Montesquieu fa poi un discorso sui rappresentanti del popolo. ” PoichĂ©, in uno Stato libero, qualunque individuo che si presume abbia lo spirito libero deve governarsi da se medesimo, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse il potere legislativo. Ma siccome ciò č impossibile nei grandi Stati, e soggetto a molti inconvenienti nei piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi rappresentanti tutto quello che non può fare da sĂ© “. Conviene quindi che gli abitanti si scelgano un rappresentante, capace di discutere gli affari, che possa dare voce al popolo nell’ambito del potere legislativo. La nazione č quindi espressa dai suoi rappresentanti, cittadini piů interessati alla cosa pubblica, che devono informare sui bisogni dello stato, sugli abusi che si riscontrano e sui possibili rimedi. Sicuramente sarebbe molto piů democratico dare la parola ad ogni cittadino, ma si incapperebbe in lungaggini e tutta la forza della nazione rischierebbe di essere arrestata per il capriccio di un singolo. Inoltre č necessario che i rappresentanti siano eletti periodicamente e che ogni cittadino nei vari distretti abbia il diritto di esprimere il suo voto per eleggere il deputato.Montesquieu però prefigura una limitazione del diritto di voto, nega tale diritto a chi non č proprietario o in una situazione assimilabile a quella di proprietario, dotato di averi, quindi si basa sua una marcata differenziazione di stratificazione sociale. Tutto questo sembra limitativo, ma in seguito lo sviluppo del reddito reso possibile dalla societĂ industriale, dai commerci, dall'artigianato imprenditoriale, farĂ aumentare il numero di cittadini rappresentanti interessati alla stabilitĂ dello stato, permettendo gradualmente l’estensione del voto sino al suffragio universale.
Così Montesquieu spiega la divisione dei poteri e definisce le rispettive sfere di attribuzioni:
"Il potere legislativo verrĂ affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarĂ scelto per rappresentare il popolo, ciascuno dei quali avrĂ le proprie assemblee e le proprie deliberazioni a parte, e vedute e interessi distinti. Dei tre poteri di cui abbiamo parlato, quello giudiziario č in qualche senso nullo. Non ne restano che due; e siccome hanno bisogno di un potere regolatore per temperarli, la parte del corpo legislativo composta di nobili č adattissima a produrre questo effetto".
"Il potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perchĂ© questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, č amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo č spesso ordinato meglio da parecchi anzichĂ© da uno solo. Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe piĂş libertĂ , perchĂ© i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe piů libertĂ . Infatti vi si verificherebbe l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero piů risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto".
"Se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza, potrebbe capitare che non si facesse che sostituire nuovi deputati a quelli che muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo legislativo fosse corrotto, il male sarebbe senza rimedio. Quando diversi corpi legislativi si susseguono gli uni agli altri, il popolo, che ha cattiva opinione del corpo legislativo attuale, trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che succederĂ . Ma se si trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta vistolo corrotto, non spererebbe piů niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o cadrebbe nell'apatia".
"Il potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua facoltĂ d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sarĂ ugualmente perduto. Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facoltĂ di statuire, non vi sarebbe piů libertĂ . Ma siccome č necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facoltĂ d'impedire. La causa del cambiamento del governo a Roma fu che il senato, il quale aveva una parte del potere esecutivo, e i magistrati, i quali avevano l'altra, non avevano, come il popolo, la facoltĂ d'impedire. Ecco dunque la costituzione fondamentale del governo di cui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l'una terrĂ legata l'altra con la mutua facoltĂ d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sarĂ a sua volta da quello legislativo. Questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto".
In questo modo Montesquieu conclude il suo libro:"Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di cui parliamo perderĂ la sua libertĂ , perirĂ . Roma, Sparta e Cartagine sono pur perite. PerirĂ quando il potere legislativo sarĂ piů corrotto di quello esecutivo. Non sta a me di esaminare se gli Inglesi godono attualmente di questa libertĂ , o no. Mi basta dire che essa č stabilita dalle loro leggi, e non chiedo di piů. Non pretendo con ciò di avvilire gli altri governi, nĂ© dichiarare che questa libertĂ politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile nemmeno l'eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme?" (libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu).
Possiamo dire che lo studio che il giurista lascia delle istituzioni di popoli diversi e lontani nel tempo e nello spazio ha come intento fondamentale quello di identificare i fini in base ai quali gli uomini si organizzano in forme politiche e sociali originali. Esiste per l’autore un senso per ogni istituzione. Montesquieu vede lo stato come un organismo che tende alla propria autoconservazione, nel quale le leggi riescono a mediare tra le diverse tendenze individuali in vista del perseguimento di un obiettivo comune. L’arte di creare una societĂ e di organizzarla compiutamente č per Montesquieu l’arte piů alta e necessaria, in quanto da essa dipende il benessere necessario allo sviluppo di tutte le altre arti.
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