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Verismo

Il verismo italiano è collegato al Naturalismo francese di Guy de Maupassant, di Èmile Zola, dei fratelli Goncourt, ma risente anche l'influsso del realismo (descrizione il più possibile oggettiva della realtà) inglese e russo (Tolstoj, Dostoevskij) e di Balzac, precursore del Naturalismo francese.

Table of contents
1 Influenze francesi
2 Contesto storico
3 Autori italiani

Influenze francesi

Balzac aveva stabilito i canoni delle tendenze realistiche posteriori, affermando che il romanziere deve ispirarsi alla vita contemporanea e aveva messo in rilievo l'importanza del fattore economico nei rapporti sociali, aderendo nel linguaggio e nello stile alla realtà sociale rappresentata.

Il Naturalismo si propone uno studio il più possibile oggettivo e scientifico della società e della psicologia dell'uomo, abbandonando ogni idealismo e focalizzandosi sui ceti più umili. I Naturalisti partono da premesse deterministiche, secondo le quali il comportamento ed i limiti morali dell’uomo sono condizionati dall’ambiente. Lo scrittore, rappresentando i mali della società e denunciandoli, ne favorisce la correzione e svolge, quindi, un’importante funzione sociale. La constatazione della realtà sociale degradata nella quale vive il proletariato urbano è fonte di un acuto pessimismo sociale che è, però, mitigato dalla speranza nel progresso.

I fratelli Goncourt, nella prefazione a “Germinie Lacerteux†sostengono la necessità di un romanzo aderente alla realtà, che interessi un vasto pubblico e che non esiti a rappresentare anche gli aspetti deteriori della realtà per poter essere studio letterario della società.

Zola, nel suo saggio sul romanzo sperimentale, formula la teoria della nuova letteratura: fiducia nella scienza e nel progresso, studio del determinismo nella società, funzione della letteratura per favorire lo sviluppo sociale e culturale. Compito del romanzo sperimentale è comprendere il meccanismo delle manifestazioni sociali, passionali, intellettuali e gli influssi dell’ereditarietà e dell’ambiente che l’uomo produce e modifica e che, a sua volta condiziona l’individuo. Il romanzo deve fornire ai politici le informazioni necessarie per sanare le ingiustizie sociali, infatti, i naturalisti pensano che la rigorosa ricerca scientifica del vero nei rapporti umani sia la premessa effettiva del progresso.

Contesto storico

Il naturalismo ha una connotazione su base nazionale, infatti, i naturalisti francesi si riferiscono ad un contesto cittadino di proletariato industriale, oppure ad una società rurale alquanto più omogenea di quella italiana. Nella Francia del tempo, infatti, anche se, logicamente, sussistono delle differenze di valori, contenuti e comportamenti fra la provincia e la realtà metropolitana, ciò si verifica in misura alquanto relativa, poiché la Francia, essendo ormai da secoli uno stato nazionale, nonostante le prevedibili differenze regionali, presenta un substrato umano, tradizionale e culturale assai coerente. Dal naturalismo francese ha inizio il Verismo italiano che, però, ben difficilmente potrebbe trascendere una realtà regionale, l’unica ad essersi consolidata nel tempo. Infatti il lungo frazionamento politico ha prodotto strappi profondissimi nel tessuto sociale, nelle coscienze e nella trama nazionale, solo recentemente ricostituitasi. I veristi italiani devono quindi prendere atto delle discordanti realtà locali coesistenti, di un forte divario tra il nord, agli albori dell’industrializzazione ed agganciato alla realtà d’oltralpe, ed un centro-sud fortemente arretrato e rovinato dal latifondo. Allo scrittore verista si presenta un mondo contadino povero ed arretratissimo, visceralmente ignorante e superstizioso ed intimamente ancorato ai pregiudizi, anche se moralmente sano, a differenza di quello francese, nel quale i vizi e le storture morali paiono assai più diffusi. Tale situazione induce il verismo ad un pessimismo sostanziale, che vede nel progresso un meccanismo destinato a travolgere i più deboli. Quindi è inevitabile che il verismo, a causa della contingente realtà italiana, da poco costituitasi in stato unitario, ma di fatto fortemente differenziata da secoli di frazionamento politico, si colori inevitabilmente di regionalismo, infatti, la realtà italiana è troppo variegata per poter essere descritta compiutamente. Il romanzo di schema naturalista o verista è sempre di argomento contemporaneo o, comunque, non molto lontano nel tempo. Le descrizioni di ambienti naturali o umani sono precise e minuziose. La vicenda si svolge in un ambiente di solito ristretto, studiato e descritto con accuratezza, per coglierne i tratti caratteristici che determinano il comportamento dei personaggi dei quali si approfondiscono con precisione “scientifica†i precedenti, le eventuali tare familiari e le condizioni economiche. Ambienti e fatti sono visti con gli occhi dei personaggi e sono resi con un lessico e uno stile che tendono a riprodurre il parlato, perciò la lingua imita le parlate connesse alle opportune condizioni sociali e regionali, colorandosi o contaminandosi spesso di dialetto. Il naturalismo ed il verismo rinnegano il narratore onnisciente tipico del romanzo dell’ottocento e, per realizzare un’indagine scientifica e veritiera sulla società, adottano il canone dell’impersonalità narrativa, in base alla quale il narratore non deve partecipare emotivamente agli avvenimenti, commentando, condannando, approvando giudicando, infatti le conseguenze si rivelano spontaneamente.

Autori italiani

L’interesse di Giovanni Verga, il maggiore dei veristi italiani, si focalizza sui “vinti dalla vitaâ€. Lo scrittore aderisce moralmente al coraggio virile con cui gli umili affrontano la vita. Verga enuncia così “l’ideale dell’ostricaâ€, ossia l’attaccamento al luogo di nascita, alle antiche consuetudini, la rassegnazione alla durezza di una vita a volt disumana, la coscienza, radicata in ognuno, che quella società chiusa, arcaica, spesso gretta, è l’unica difesa contro il nuovo che viene da fuori e che non si è pronti ad accettare, l’ostinazione a resistere alle avversità nonostante tutto, la fedeltà a sentimenti semplici ed a valori antichi, una rigida concezione delle gerarchie familiari, un sentimento arcaico dell’onore, la constatazione che colui che rinuncia a tutto ciò è destinato a soccombere, poiché il progresso brucia coloro che ne sono attratti, ma non sono preparati a viverlo. Tale visione è virilmente pessimistica e tragica, perché Verga, positivisticamente, non crede nella Provvidenza e Dio è assente dai suoi libri, ma non crede nemmeno in un avvenire migliore da conquistarsi sulla terra, con le forze degli uomini. Vinto è chiunque voglia rompere con il passato in maniera improvvisa e clamorosa, senza esservi preparato, mentre coloro che accettano il proprio destino con rassegnazione cosciente posseggono saggezza e moralità. La scoperta dell'umanità delle plebi, l'analisi del risvolto negativo del progresso spinge il Verga a considerare il presente e il futuro con un pessimismo che lo induce alla critica della la società borghese, ma anche alla rinuncia sfiduciata ad ogni tentativo di lotta. Verga teorizza uno stile antiromanzesco il cui fulcro è il canone dell’impersonalità.

Stile

Come verista, Verga intende svelare le conseguenze eticamente negative del progresso economico, voluto ed attuato dalla borghesia. Il Verga nella convinzione che il romanzo moderno debba rappresentare tutta la società, accetta le linee generali del naturalismo, descrivendo accuratamente l'ambiente e il momento storico, indispensabili alla spiegazione della psicologia dei personaggi, che immette direttamente nell'azione lasciando che il loro carattere si sveli attraverso il loro comportamento, inoltre, insistette in modo particolare sull'impersonalità, affermando che lo scrittore deve restare assolutamente invisibile, e il romanzo deve avere l'impronta dell'avvenimento reale, e l'opera d'arte deve apparire un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto con cui la personalità dell'autore. Nelle opere del Verga il narratore è calato nella vicenda per mentalità, linguaggio, cultura, canoni di giudizio, valori etici, consuetudini e si rivolge, apparentemente, ad ascoltatori appartenenti a quella stessa società. Il narratore non allude mai, esplicitamente, alla propria funzione e, spesso, si esprime imitando i modi caratteristici di questo o di quel personaggio. Fedele all’immagine del narratore popolare usa il discorso indiretto libero, passando, senza soluzione di continuità, dalla narrazione di un fatto al riportare le parole o i pensieri di un personaggio. Nella prefazione all’amante di Gramigna, Verga sostiene che oggetto del romanzo devono essere fatti veri e quindi degni di analisi scientifica, ma anche che il romanzo deve basarsi sull’obbiettività. Verga, anche nella lingua, perseguì un'aderenza assai rigorosa ai personaggi e all'ambiente.

Lingua

La narrazione è dominata da una prosa “parlataâ€, intessuta di dialoghi, apparentemente incolore, nella quale si avverte la cadenza dialettale. L’uso del proverbio, con la sua suggestione di saggezza arcaica, ha la funzione di evocare un mondo mitico ormai morente, edificato e cristallizzato al di là del tempo, ricco di valori e tradizioni, ma anche di pregiudizi e meschinità. Alla stessa finalità risponde la concatenazione di periodi e capitoli mediante la ripetizione di un termine a di un’espressione, oppure certe formule che individuano i caratteri salienti di un personaggio e che sono espressione di luoghi comuni, fortemente radicati nella mentalità popolare. La soluzione linguistica è originale, infatti, la lingua è, per i veristi italiani, il problema più grave. I naturalisti francesi hanno a loro disposizione una lingua parlata, frutto di una società più omogenea di quella italiana che usava la lingua nazionale, prevalentemente a livello letterario. Il Verga è il solo dei veristi, ad avere il coraggio di adottare una soluzione radicale: non una lingua parlata, che non c'è ancora, non il dialetto, che relegherebbe il libro in un ambito regionale, bensì una lingua italiana, ma intessuta di espressioni e vocaboli dialettali, adatta a caratterizzare i personaggi ed a nascondere l’autore.

Relazione con la realtà sociale e politica del tempo

Il Verismo, sia pure con un minor interesse di rinnovamento sociale ed attenuando l'analisi naturalistica dei fenomeni patologici, trasferisce all’arte il metodo scientifico, infatti, persegue una letteratura che sia strumento di conoscenza e diffusione del vero, considerazione critica delle strutture sociali presenti, per fornire una rappresentazione dell’uomo libera da ipocrisie e convenzionalismi. L'impassibilità perseguita dai veristi è, in realtà, volontà di smascherare i falsi miti d'una società che persegue un profitto materiale, evitando di prendere in considerazione la difficile realtà sociale, economica e politica dell'Italia all'indomani dell'unità, quando sempre più evidenti appaiono i problemi del nuovo Stato, dotato di una struttura burocratica e sociale incapace di cementare realtà sociali diverse e di immettere nella vita dello Stato, come forza attiva e partecipe, le potenzialità del meridione, soffocate dall'ignoranza e da un'inveterata consuetudine di rapporti di stampo feudale. Non a caso, da quelle regioni vengono i maggiori scrittori del verismo italiano, Giovanni Verga e Luigi Capuana, ma per tali motivi la tendenza progressista dei naturalisti non è condivisa dai nostri scrittori, infatti, l'industrialismo che esalta le premesse scientifiche e la prevalenza della società urbana su quella agricola ancora agli albori in Italia, sono realtà estranee al verista italiano, che deve dar voce ad una moltitudine inerte e miserabile, non partecipe della cultura e dei problemi della vita nazionale, chiusa, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle isole, in una civiltà arcaica, in una secolare solitudine, mentre pe gli scrittori europei si sentivano portavoce di un'esigenza consapevole dell'intera popolazione. Viene quindi meno , ai nostri scrittori, la fiducia razionale nel progresso e l’illusione di un miglioramento della condizione umana dovuta a nuove conquiste tecnologiche e scientifiche. Il regionalismo del verismo riflette invece la crisi dello Stato italiano, conseguente alla sua formazione, avvenuta con una troppo scarsa partecipazione popolare. Il verismo esprime la protesta davanti all'avanzare d'una civiltà borghese che s'impone in un tessuto economico-sociale e culturale diverso, senza tenere nel debito conto che molte differenze fra le varie regioni sono il risultato d'una storia secolare. Nel verismo, la possibile congruenza fra scienza, letteratura e società, storia, conoscenza e vita, resta limitata a una poetica del vero che si arresta, per lo più, all'analisi e a una denuncia ideale o a una compassione che non sa, né vuole diventare progetto politico. Capuana, Verga, De Roberto guardano con grande diffidenza ai movimenti popolari e socialisti e, come tutta la società borghese italiana, temono il proletariato e la rivoluzione sociclista, ne consegue che dal Verismo la condizione miserabile del proletariato è considerata con compassione ed denunciata, ma tende a trasformarsi in un'immagine, patetica e desolata, della condizione umana di sempre.

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