Walter Alasia
(Nota: Testo ripreso dal sito internet http://www.girodivite.it/article.php3?id_article=211 - per copyright vedi http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/1.0/)A Sesto San Giovanni, in via Leopardi, la mattina del 15 dicembre 1976. Dieci poliziotti, cinque agli angoli del caseggiato, cinque infilano la scala G, davanti a una porta con la targa "Alasia". Hanno un mandato di perquisizione per Walter Alasia. Apre il padre di Walter, spunta dal corridoio la madre. I poliziotti vanno verso la camera di Walter, la porta si apre e Walter spara . Poi richiude, ricarica l'arma e si butta in cortile. Parte una raffica. Colpito alle gambe Walter cade. Esplodono gli ultimi colpi. Un solo colpo lo uccide. Nel racconto della madre, del padre e del fratello Oscar, una fredda mattina di dicembre come un incubo, a casa, poi la questura, l'obitorio, il ritorno a casa.
La casa di Via leopardi. E' dal 1962 che gli Alasia abitano lì. Tre caseggiati operai, tremila domande per 87 chiavi. Ci riescono perché hanno operativo lo sfratto dalla loro vecchia casa, anzi gli ultimi mesi hanno convissuto con una famiglia di emigranti meridionali che l'aveva comprata.
Metà del libro è la storia dei genitori di Walter, Ada e Guido, originari di Nole, in Piemonte, operai. Lui lavora in una media impresa, l'Ortofrigor, operaio specializzato, modellista, lei decide proprio in quel periodo di lasciare i bambini con la suocera a casa e di lavorare alla Sapsa, gruppo Pirelli. E' una storia che parla del lavoro in fabbrica, degli orari, del cottimo, degli scioperi e delle difficoltà dell'industria italiana (nel '62-'63 finiva il boom, anche l'emigrazione veniva chiusa e cominciavano i licenziamenti). Ada e Guido fanno parte della CGIL e delle commissioni operaie interne alle fabbriche dove lavorano. Poi arriva il '69, le lotte operaie e poi, mentre Walter cresce, le lotte arrivano anche alle medie, protagonisti il Movimento studentesco della Statale di Milano e poi Lotta Continua.Walter è un ragazzo come tanti. Fa parte dei comitati studenteschi, partecipa ai tentativi di occupazione, poi si stufa e lascia la scuola, ma non la politica. Cambia diversi lavori, ma ciò non preoccupa tanto i genitori, fra un po' dovrà partire militare, poi magari gli troveranno qualcosa dove lavora il padre.Magari come modellista, Walter ha una certa inclinazione per il disegno, all'inizio lo avevano mandato a scuola a Milano, in una scuola per cartellonisti. Non era andata bene e lui aveva preferito frequentare l'ITIS di fronte casa.
E' la storia di una città che nel frattempo si ingrossa e quella che era ancora campagna nel '62 diventa periferia; è la storia dei circoli e delle sezioni del PCI, dapprima frequentati anche dai giovani della sinistra estrema, buttati fuori in epoca di compromesso storico.E' la storia della grande industria, dei governi di Andreotti, della strategia della tensione, della violenza fascista. Senza voler dare giudizi preconfezionati, sobria ed essenziale, questa storia è soprattutto una testimonianza. Solo alla fine, esplicitamente, più che una conclusione, il riferimento a un'epoca.
"Era una minuscola setta nel '70, quasi una brigata di studenti arrivati a Milano dalla provincia, trento, facoltà di sociologia. Erano una decina, si credevano il braccio forte che indicava la strada per contrapporsi e respingere le minacce di un colpo di stato. Erano convinti di rappresentare l'avanguardia armata che avrebbe finito con l'innescare il corto circuito della guerriglia urbana, della guerra rivoluzionaria. Il loro sbocco sarebbe stato invece l'atto terroristico, una "vendetta" che si fa sempre più crudele man mano che cresce il senso dell'im potenza e dell'isolamento. Quella che doveva essere una tattica diventa infatti strategia: l'"azione esemplare" si torce su se stessa, cerca la sfida per la sfida, s'incattivisce, si fa feroce. Il linguaggio è solo quello della distruzione e della morte. Da aspiranti rivoluzionari i terroristi si sono trasformati in eversori. Sorti anche per rispondere al terrorismo nero, ora gli strappano la scena, perché è identico ormai il loro obiettivo: sconvolgere il gioco democratico e rendere autoritaria la fisionomia dello stato".
Questa la conclusione di Giorgio Manzini quando scrive, nel 1978. Il 9 marzo, a Torino, si è aperto il processo contro le brigate rosse, il processo contro i "capi storici" delle brigate rosse. Nel loro capo d'imputazione lìintera loro storia dal 1970 al 1976: all'inizio le azioni esemplari, minacce e incendio di automobili di dirigenti industriali, poi le rapine, gli espropri proletari i sequestri di persona, il tiro sempre più in alto. La storia di Walter ne fa parte. Poi, nel 1978, Via Fani, il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, l'epilogo di una storia che Giorgio Manzini fa iniziare dal 12 dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana.
Scriveva Walter alla cugina a Nole, mandandole alcuni libri fra cui Omaggio alla nuova Resistenza, una fotocronaca di quel che era avvenuto a Milano fra il 16 aprile 1975, giorno dell'omicidio di Claudio Varalli, uno studente di diciassette anni ucciso a rivoltellate da un fascista, e il 21 aprile, i funerali di un altro studente, Giannino Zibecchi, travolto da un camion dei carabinieri durante i disordini scoppiati due giorni prima in corso XXII marzo, vicino alla sede del Msi. Nella fotocronaca, immagini di cortei, scontri con la polizia, agenti schierati con lo scudo di plexiglas ai piedi, giovani acquattati dietro le automobili, i bastoni in pugno e il fazzoletto alla bocca: "L'altro libro te lo mando per farti vedere come vivo io a Milano, o perlomeno dov'ero nei giorni dal 16 aprile al 21 aprile '75. Capirai che ho poco tempo per imparare a ballare!"
Walter era stato scoperto quando furono trovati i suoi occhiali in un cvo a Pavia. Il mandato di cattura per associazione sovversiva e banda armata resta ineseguito. Il telefono di casa Alasia viene messo sotto controllo. A questi controlli e alla testimonianza degli impiegati risale l'accusa di aver partecipato all'irruzione in negli uffici di Democrazia nuova, un gruppo politico che fa capo a Massimo de Carolis, DC.Lui e tre ragazze avevano legato i quattro impiegati alle seggiole, e gli avevano tappato la bocca con i cerotti. Avevano tagliato i fili del telefono, rovistato nei cassetti , preso documenti, schede denaro, un milione e mezzo.