Batteri magnetotattici
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2 Magnetosoma 3 Applicazioni 4 Bibliografia |
Il primo articolo su questa classe di batteri risale al 1975, Science,
ad opera di un laureato in microbiologia, Richard Blakemore. Egli
infatti notò che sul suo vetrino da microscopia sul quale era depositato
del fango di palude, un gruppo di batteri si muoveva decisamente in una
direzione. Capì presto che questi microrganismi stavano seguendo le
linee del campo magnetico terrestre, da sud a nord, da cui l'aggettivo
magnetotattici [1].
Da allora ad oggi a questi poveri batteri è stato fatto di tutto, sono
persino finiti a bordo dello Space Shuttle per esaminarne la
magnetotassi in assenza di gravità , senza però giungere a conclusioni
eclatanti [12]. Sono anche stati "accusati di esistere" su Marte per via
del ritrovamento di particelle magnetiche su un meteorite che si crede
provenga dal pianeta rosso, anche questa volta l'incertezza dei
risultati è perlomeno manifesta [1]. Di certo invece è la singolarità di
questi batteri, che probabilmente torneranno molto utili all'umanità in
un futuro prossimo.
I batteri magnetotattici (MagnetoTactic Bacteria, MTB) si trovano
usualmente nella zona di transizione acqua-sedimenti (Oxic-Anoxic
Transition Zone, OATZ) e ne esistono di diversa morfologia
(bastoncellari, coccoidei, vibrioidi, spiraliformi). Diversi MTB
contengono un differente numero, disposizione e forma di particelle
magnetiche dei batteri (Bacterial Magnetic Particle, BMP), come
illustrato nell'immagine [3]. I MTB possono essere suddivisi in
due categorie, a seconda se producono particelle di magnetite (IIIFe2IIFeO4 ) o di grigite (IIIFe2IIFeS4), anche se alcune
specie le producono entrambe. La magnetite ha un momento magnetico tre
volte maggiore della grigite [1].
La maggior parte degli MTB mineralizzanti magnetite necessitano di un
ambiente microaerofilo per generare i magnetosomi. Sopra una certa
soglia però non producono più BMP e quindi perdono la magnetotassi.
Alcuni ceppi invece producono magnetite anche in condizioni anaerobiche,
usando l'ossido nitrico od il nitrato come accettore finale di e-.
Comunque fanno parte del sottogruppo alfa dei Proteobatteri. I MTB
mineralizzanti grigite sono probabilmente stretti anaerobi e sono
associati ai batteri solfato riduttori, quindi rientrano nel sottogruppo
delta dei Proteobatteri. Questo indica un'origine evoluzionisticamente
separata e quindi un processo di biomineralizzazione fondamentalmente
diverso [2].
Si pensa che il vantaggio evolutivo dell'avere un sistema di magnetosomi
consista nel riuscire a trovare e mantenere efficientemente una
posizione ottimale in termini di sostanze chimiche e gradienti redox,
riducendo una ricerca tridimensionale ad una monodimensionale (vedi
prosieguo per il meccanismo) [2]. Recentemente si è appurato che alla
magnetotassi è associato anche un meccanismo aerotattico [4].
Le BMP interagiscono formando delle catene. Nell'immagine se
ne nota una in Magnetospirillum magneticum. Il dipolo magnetico della
cellula è quindi la somma dei dipoli delle singole BMP ed è grande
abbastanza da orientare passivamente la cellula e sopraffare le forze
termiche casuali di un ambiente acquoso [2]. In presenza di più di una
catena, le forze di repulsione intercatena spingeranno le stesse ai
bordi della cellula, inducendo turgore [1].
Dal punto di vista fisico la crescita di un cristallo magnetico è
governata da due fattori, uno tende ad allineare il momento magnetico
delle molecole in soluzione con quello del cristallo in crescita,
l'altro al contrario tende a ridurre il momento magnetico del cristallo
permettendo l'attacco delle molecole in soluzione con un momento
magnetico opposto. In natura ciò causa l'esistenza di domini magnetici,
circondati da mura di dominio, dello spessore di circa 150 nm nella
magnetite, nelle quali le molecole gradualmente cambiano orientazione.
Per questo motivo macroscopicamente il Ferro non è magnetico in assenza
di un campo applicato. Similarmente particelle magnetiche molto piccole
non presentano magnetizzazione a temperatura ambiente, il loro momento
magnetico è alterato continuamente dai moti termici degli atomi che le
compongono [1]. Le MTB invece sono di dimensioni comprese tra 35 e 120
nm, cioè grandi abbastanza per avere un momento magnetico permanente ed
allo stesso tempo piccole a sufficienza da essere un singolo dominio
magnetico[2].
L'inclinazione del campo magnetico terrestre nei due emisferi seleziona
una delle due possibili polaritÃ
delle cellule magnetotattiche (rispetto al polo flagellato della
cellula), dirigendo la biomineralizzazione delle BMP. Infatti più del
99.9% della popolazione di MTB dell'emisfero nord si orienta e nuota
verso il nord, quindi scendendo di livello (a causa della forma delle
linee di campo) verso i sedimenti, allontanandosi da concentrazioni
tossiche di ossigeno. Viceversa, ma con gli stessi risultati,
nell'emisfero sud. All'equatore, dove le linee del campo geomagnetico
sono orizzontali, si trovano all'incirca lo stesso numero di cellule con
entrambe le polarità [2].
La biomineralizzazione della magnetite richiede dei meccanismi
regolatori della concentrazione di Ferro, della nucleazione del
cristallo, del potenziale redox e del pH. La compartimentalizzazione in
magnetosomi permette il controllo biochimico di tali processi. Dopo il
sequenziamento dei genomi di alcune specie di MTB è stata possibile
un'analisi comparativa delle proteine coinvolte nella formazione delle
BMP. Si sono così trovate omologie di sequenza con membri
dell'ubiquitaria famiglia CDF (Cation Diffusion Facilitator) e con
delle serin proteasi Htr-simili. Le prime sono coinvolte esclusivamente
nel trasporto di metalli pesanti, le seconde sono delle HSP che
degradano le proteine mal ripiegate. Queste proteine della Membrana
Magnetosomiale (MM) oltre al dominio serin proteasico contengono
domini PDZ. Altre proteine della MM presentano domini TPR (Tetratrico
Peptide Repeat) [3].
I domini TPR si ripiegano in due alfa-eliche e presentano una sequenza di
consenso di 8 amminoacidi (dei 34 totali) molto conservati e diffusi in
natura. A parte questi, il resto della struttura è specializzata a
seconda delle implicazioni funzionali. I complessi noti che comprendono
proteine TPR sono:
I domini PDZ sono strutture modulari costituite da 6 beta-filamenti e 2
alfa-eliche che riconoscono gli amminoacidi C-terminali (almeno 4) delle
proteine in modo sequenza specifico. Spesso il terzultimo residuo è
fosforilabile, il che impedisce l'interazione col dominio PDZ. Gli unici
residui conservati sono quelli deputati al riconoscimento del COOH
terminale (RKXXXGLGF). Sono diffusi in natura in quanto costituiscono
la struttura su cui si assemblano i complessi multiproteici, soprattutto
quelli associati a proteine di membrana come i canali K+inward
rectifier o i recettori beta2-adrenergici [15].
La formazione della MM prevede almeno tre steps. Nel primo si forma
un'invaginazione della membrana citoplasmatica, innescata da una GTPasi.
E' probabile che questo meccanismo sia simile anche negli eucarioti.
Il secondo passaggio prevede l'entrata di ioni ferrosi nelle vescicole
neoformate a partire dagli ioni ferrici dell'ambiente esterno. Anche in
colture Fe3+deficienti i MTB
riescono ad accumularne elevate concentrazioni intracellulari secernendo
un sideroforo, un ligando a basso peso molecolare con alta affinità e
specificità per il Fe3+indotto al bisogno. Il complesso
Ferro-sideroforo è quindi traslocato nel citoplasma, dove si scinde. Gli
ioni ferrici devono quindi esser convertiti in ferrosi per poter essere
accumulati nelle BMP ad opera di un trasportatore transmembrana con
omologie di sequenza con antiporto Na+/H+. In realtà è un antiporto
H+/Fe2+funzionante a gradiente protonico. Esso è localizzato sia
sulla membrana citoplasmatica che sulla MM, ma in orientazioni
invertite, in modo che sulla prima genera un efflusso di Ferro e sulla
seconda un influsso. Essendo decisamente più presente sulla MM,
l'efflusso di Ferro dalla membrana citoplasmatica è trascurabile.
Inoltre questo step è controllato strettamente da un sistema redox di
citocromi ancora non ben compreso e, sembra, specie-specifico.
Nello stage finale viene innescata la nucleazione del cristallo di
magnetite ad opera di proteine transmembrana con domini idrofili acidi e
basici. Una di queste proteine, chiamata Mms6, è stata usata nella
sintesi artificiale di magnetite, e la
sua presenza permette la produzione di cristalli omogenei in forma e
dimensioni.
Probabilmente molte altre proteine associate alla MM svolgono ruoli nel
generare concentrazioni di supersaturazione di Ferro, nel mantenere
condizioni riducenti, nell'ossidazione del Ferro o nella parziale
riduzione e deidratazione del ferridrato [4].
Nelle colture di Magnetospirillum magnetotacticum il ferro non è
sostituibile da altri metalli di transizione (Ti, Cr, Co, Cu, Ni, Hg,
Pb) eventualmente presenti nel terreno, anche se forse ciò è dovuto al
trattamento. Allo stesso modo è stato visto che l'ossigeno e lo zolfo
non sono intercambiabili come componente non metallica del magnetosoma
in una stessa specie. Questo è indice dell'esistenza di diversi set di
geni per la biomineralizzazione della magnetite e della grigite [2].
Dal punto di vista termodinamico la sintesi inorganica della magnetite è
favorita rispetto a quella di altri ossidi del Ferro a pH neutro ed a
bassi potenziali redox. Sembra quindi che le condizioni microaerofile od
anaerobie creino un potenziale adatto alla formazione delle BMP. Inoltre
l'influsso di Ferro è rapidamente convertito in magnetite, senza
ritardi, il che indica che la formazione dei cristalli non è preceduta
da un accumulo di Ferro sotto altre forme e che le strutture e gli
enzimi per la biomineralizzazione sono già presenti nella cellula.
Queste conclusioni sono supportate anche dal fatto che MTB coltivati in
condizioni aerobiche (quindi non magnetici) contengono quantità di Ferro
paragonabili a qualsiasi altra specie batterica [9].
Le caratteristiche delle BMP permettono la loro utilizzazione pratica in
svariati campi, migliorando vecchie tecniche ed introducendone di nuove.
Vantaggi comuni in tutti settori sono:
Negli ultimi anni l'uso di tecniche magnetiche è esploso e si è
diversificato molto nel campo biotecnologico. I vantaggi principali sono
l'alta scalabilità , rapidità e l'uso di reagenti non tossici ne
pericolosi. La maggior parte delle particelle magnetiche artificiali
(AMP) usate ricade in una di tre categorie:
Un'interessante integrazione delle particelle magnetiche con le tecniche
di DNA ricombinante prevede l'uso di vettori esprimenti un marker di
superficie come il CD4 o le MHC-I di topo. In tal modo è possibile,
usando particelle magnetiche coniugate con un anticorpo contro tali
marker, isolare in gran rapidità le cellule trasfettate con successo
[13]. Questa tecnica potrebbe essere estesa a cellule procariote, e
l'uso di BMP ricombinanti esprimenti l'Ig di selezione potrebbe rendere
indipendente un laboratorio di ricerca dall'acquisto di sempre nuove AMP
coniugate con l'anticorpo.
Le BMP si prestano molto bene come carrier di proteine ricombinanti o di
proteine à ncora, con applicazioni nella ricerca, nella diagnostica e
come biosensori. In un esperimento classico, usando una proteina di
fusione MagA-Luc (Luc=Luciferasi, MagA=proteina dei MTB), si è
dimostrato che MagA è localizzata sulla superficie delle BMP. Quindi
con un vettore di espressione plasmidico si è fatta esprimere in un MTB
la proteina ricombinante MagA-ProteinaA, che grazie alla parte derivata
da MagA si localizza sulle BMP e per mezzo della ProteinaA può legare la
parte costante delle Ig. Isolate le BMP ricombinanti le si è incubate
con l'anticorpo anti-IgG coniugato con la Fosfatasi Alcalina. In questo
modo si è potuto dimostrare, usando un substrato luminescente per la
Fosfatasi Alcalina, che l'anticorpo era effettivamente legato alle BMP
perché la ProteinaA era fusa con MagA. Contrariamente, BMP prodotte da
MTB esprimenti MagA e ProteinaA separate emettevano una luminescenza
trascurabile, segno che la ProteinaA da sola non ha affinità per le BMP [7].
Per aumentare il segnale luminoso di questo saggio occorre aumentare la
quantità di ProteinaA espressa sulle BMP e quindi usare un vettore di
espressione più forte, che sia cioè ad alto numero di copie, stabile e
derivato dall'ospite. In Magnetospirillum magneticum è stato scoperto
un plasmide criptico denominato pMGT con queste caratteristiche. E'
lungo circa 3,7 kb ed ha due potenziali ORF codificanti le proteine Rep
e Mob. Tagliando pMGT in modo che contenga la regione replicativa si
ottiene un frammento di 3 kb funzionale. Nonostante elettroporazione
(usata per trasformare il plasmide) uccida i MTB contenenti BMP, è
possibile effettuarla in condizioni aerobiche, nelle quali le BMP non
sono prodotte. Successivamente il ripristino dell'anaerobiosi permette
ai MTB di riprendere a biomineralizzare le BMP [8].
Con caratteristiche simili il plasmide può essere impiegato per
ricombinare a proteine della MM vari target della ricerca farmacologica:
un esempio su tutti, i recettori a sette domini transmembrana. Proprio
uno di essi è stato clonato ed espresso sulle BMP per dimostrare che la
proteina ricombinante manteneva la caratteristica di legare i propri
agonisti ed antagonisti (marcati con una molecola fluorescente). Questo
sistema inoltre è in grado di quantificare l'interazione e può essere
scalato per una larga produzione di BMP ricombinanti per Ig, enzimi, ...
mantenendone l'attività [4].
La minima regione replicativa deve contenere una sequenza di origine
ori (ricca di AT, dove avviene la separazione delle eliche), delle
sequenze ripetute per il legame di Rep (iteroni), i boxes per la DnaA
(codificata dall'ospite) ed il gene rep. Il legame di Rep e DnaA
favoriscono la distorsione dell'elica a livello di ori che, per l'alta
percentuale di AT, si separa in due emieliche. Da qui parte la
replicazione col legame delle proteine SSB e della DnaB (elicasi) [14].
Le caratteristiche delle BMP possono tornare molto utili in campo
medico, in diagnosi come in terapia. Le AMP essendo prodotte per sintesi
chimica o per via meccanica risentono delle loro disomogenee qualitÃ
fisico-chimiche. Inoltre le proprietà delle particelle dovrebbero essere
riproducibili. Le possibili applicazioni mediche richiedono particelle
superparamagnetiche come le BMP. Ovviamente occorre stabilità alle
condizioni fisiologiche di pH, salinità ed osmolarità . Devono essere
facilmente disperdibili e non tossiche. Quindi a seconda se queste
particelle verranno usate in vivo od in vitro ci saranno altre
restrizioni. Per applicazioni in vivo è necessario evitare la
formazione di agglomerati, con rischio di embolia vasale. Qui tornano
utili le dimensioni nanoscopiche delle BMP, che conferiscono bassissime
velocità di sedimentazione (quindi stabilità colloidale), migliore
diffusione tissutale ed enorme area superficiale. Quest'ultima proprietÃ
è importante se si intende fissare sulla superficie delle BMP un
ligando. La magnetite è tuttora il materiale magnetico più usato in
medicina per la sua bassa tossicità ed immunogenicità . Per applicazioni
in vitro le restrizioni sono minori [10].
Le applicazioni in vivo possono essere ulteriormente suddivise in
terapeutiche e diagnostiche, mentre quelle in vitro sono
principalmente diagnostiche per il momento. Fra le prime, le due
tecniche più discusse sono l'ipertermia e la veicolazione di farmaci.
Con la prima si intende una procedura terapeutica usata per innalzare la
temperatura di una regione del corpo colpita da un tumore. E' praticata
in concomitanza con altre terapie anticancro e si basa sul fatto che
sopra i 41-42°C le cellule muoiono per shock termico. Le particelle
magnetiche, dopo una somministrazione endovenosa, possono essere tenute
in loco da un campo magnetico esterno, costante prima, ed alternato poi,
causando un "effetto Joule" magnetico dovuto alla continua
riorientazione della magnetizzazione delle particelle (che hanno bassa
conducibilità elettrica). Le nanoparticelle assorbono molta più potenza
in campi magnetici AC tollerabili e la loro uniformità dimensionale è
fondamentale per un controllo preciso della temperatura [10].
Le stesse particelle possono essere usate per trasportare farmaci,
radionuclei od anticorpi, per un rilascio controllato nel tempo e nello
spazio, aumentando le concentrazioni in situ e diminuendo gli effetti
collaterali. Nel caso di un tumore per esempio è possibile far
extravasare le particelle magnetiche grazie ad un forte campo magnetico.
Queste rimangono intrappolate nel tessuto maligno dove rilasciano il
principio attivo o le radiazioni. Con le BMP è possibile preparare
magnetoliposomi contenenti agenti antitumorali [11].
La risonanza magnetica nucleare ad immagine (iNMR) utilizza una
classe particolare di farmaci, i cosiddetti magnetofarmaceutici, da
somministrare al paziente per invigorire il contrasto tra tessuti sani e
malati, per visualizzare la circolazione sanguigna e lo stato degli
organi. Si possono così distinguere infarti cerebrali e cardiaci,
lesioni epatiche, tumori, infiammazioni ed ischemie. Ancora una volta le
piccole dimensioni fan risaltare differenze utili tra i tessuti come la
composizione ed i processi endocitotici [10].
Nelle tecniche in vitro è possibile separare una popolazione cellulare
che esprime un particolare epitopo in mezzo a molti altri tipi
cellulari. Per lo scopo si sfrutta una selezione positiva se l'anticorpo
è specifico per il tipo cellulare voluto, negativa (o di arricchimento)
se gli anticorpi sono specifici per le cellule non-target [13].
Recentemente è stata introdotta una nuova tecnica di valutazione dei
saggi immunologici chiamata magnetorilassometria. Essa misura la
viscosità magnetica, cioè il rilassamento del momento magnetico netto,
di un sistema dopo la rimozione del campo magnetico esterno. La
viscosità magnetica dipende dalle dimensioni idrodinamiche e del
nocciolo, e dall'anisotropia delle particelle, e permette di distinguere
tra quelle coniugate con un ligando e quelle libere grazie al diverso
comportamento magnetico [10].
[1] Cat Faber, Living Lodestones: Magnetotactic bacteria, 2001
[10] Tartaj, Morales, Veintemillas-Verdaguer, Gonzales-Carreno, Serna,
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[11] Saiyed, Telang, Ramchand, Application of magnetic techniques in the
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Central
[12] Urban, Adverse effects of microgravity on the magnetotactic
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[13] Sinclair, To bead or not to bead: applications of magnetic bead
technology, 1998 The scientist http:www.thescientist.com
[14] Finbarr Hayes, DNA replication and repair,
[15] Sheng, Sala, PDZ domains and the organization of supramolecular
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[2] Bazylinski, Controlled biomineralization of magnetic minerals by
magnetotactic bacteria, 1995 Chemical Geology Elsevier
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gryphiswaldense, 2002 Int Microbiol
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magnetic particle formation, 2003 Trends in Microbiology Elsevier
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magnetism and magnetic materials Elsevier
[8] Okamura, Takeyama, Sekine, Sakaguchi, Wahyudi, Sato, Kamiya,
Matsunaga, Design and application of a new cryptic-plasmid-based shuttle
vector for Magnetospirillum magneticum, 2003 Appl Env Microbiol
[9] Schuler, Baeuerlein, Dynamics of iron uptake and Fe3O4
biomineralization during aerobic and microaerobic growth of
Magnetospirillum gryphiswaldense, 1998 J. Bacteriol
Introduzione
Biologia
Magnetismo
Magnetosoma
TPR domain
Esistono esempi sia di interazioni TPR-TPR che TPR-nonTPR [6]. I modelli
mostrano gli 8 residui conservati come sfere-bastoncini da due
angolazioni diverse: W-LG-Y-A-F(qui Y)-A-P.PDZ domain
Membrana e proteine
Biomineralizzazione
Applicazioni
Biotecnologie
Le dimensioni ricadono per lo più nel range 1-5 µm di diametro, rendendo
necessario un continuo mescolamento per avere un'efficiente binding. Di
contro le forze di taglio possono danneggiare i ligandi, sia cellule che
biomolecole, se si eccede nell'agitazione. Nel caso si abbia a che fare
con popolazioni cellulari può essere necessario staccare le AMP dalle
cellule, che risentirebbero della loro ingombrante presenza [13]. Per
questi motivi le BMP potrebbero trovare il loro spazio nella ricerca
biotecnologica in sostituzione delle AMP, almeno in certe applicazioni.Replicazione plasmidica
Medicina
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