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Carosello

Carosello era il nome di una trasmissione andata in onda sul primo canale RAI dal 2 febbraio 1957 al 1 gennaio 1977, dalle 20:50 alle 21:00. Carosello era composto da un insieme di messaggi pubblicitari, molto diversi da quelli cui siamo abituati oggi.

Carosello non era solo pubblicità, era uno spettacolo, un «raccontino d'autore» a cui nessuno disdegna di partecipare, sia in veste di autore o di regista o di attore; la lista è lunga e i nomi sono illustri, basti citare Age e Scarpelli, Luigi Magni, Gillo Pontecorvo, Ermanno Olmi, Sergio Leone, Totò, Macario, l'onnipresente Gassman, l'eretico Dario Fo, perfino Eduardo. Nel 1957 la Rai decide di aprire le porte alla pubblicità e, intorno a questo formidabile propulsore economico ancora privo, forse, di una propria dignità autonoma, costruisce un favoloso recinto dorato, con tanto di sipario, trombe e mandolini, che diventa l'appuntamento più atteso da grandi e piccini.

135 secondi sembrano infiniti in confronto ai 30, addirittura ai 15 (e anche ai 5) degli spot moderni, ma vent'anni di Carosello mostrano, almeno in apparenza, una grande invenzione linguistica per la televisione italiana: la brevità.

«A letto dopo Carosello» sarà l'espressione comune di tante mamme, accettata come ordine perentorio, che segue per i bambini la fine della giornata. Ma prima del triste momento della buonanotte ci sono quei fantastici dieci minuti di réclame.

La pubblicità di oggi, sebbene abbia ormai vampirizzato ogni forma di espressione umana, trovando suggestive immagini contrappuntate da raffinati effetti sonori, non è desiderata, celebrata e amata dal pubblico così come lo è stato Carosello. Ed è questa la caratteristica che lo rende unico e inimitabile. Malgrado il linguaggio a volte facile, spesso intriso di luoghi comuni, l'obbligo del bianco e nero, la semplicità dei piccoli intrecci, l'ingenuità delle animazioni, tuttavia la fine di Carosello è un freddo delitto preparato e ambientato in Rai. Ogni televisione crea e stabilisce le sue modalità di visione: il segreto del «teatrino» della sera è di essere stato omologo al tipo di programmazione pesante e sacrale che lo ha generato e «l'idea di Carosello, quell'antica, originaria, era di dare una radice nella tradizione nazionale alle immagini dispersive della "società dei consumi", come allora si cominciava a dire. Ecco quindi le pubblicità trasformate in bozzetti, in intermezzi scenici, ecco le pubblicità considerate come la "satira" nel contesto della rappresentazione delle tragedie greche, momento di riflessione "morale" sugli eventi».

Il mito di Carosello vive su un grande equivoco. Le sue presunte invenzioni linguistiche, le sue frizzanti sintesi narrative, i suoi ritmi vertiginosi nascerebbero dal fatto di dover comprimere in pochi secondi messaggi convincenti, storie di senso compiuto, componimenti liricizzanti; l'equivoco sta appunto nel considerare queste restrizioni temporali come un limite. In realtà questa rigida griglia funziona da manuale di retorica, da metrica: quasi scandisce le misure delle cesure, le strofe. Lasciate un regista televisivo libero e vi consegnerà subito uno sceneggiato. Carosello deve sottostare a rigide regole, a limiti legislativi. Regole, limiti? Questo codice Hays della pubblicità italiana dimostra ancora una volta che spesso, nel campo dello spettacolo, la censura è un grande stimolo alla creatività e all'invenzione. Ogni prodotto viene comunque gratificato da una precisa tipologia strutturale: quando la forma diventa formula, il racconto viaggia anche grazie alla forza motrice dell'iterazione e dello stereotipo.

La formula così unica, così italiana, di Carosello — il teatrino, il raccontino, l'appuntamentino — è in realtà un ghetto dorato dove si coltiva senza vergogna il più disinvolto parassitismo culturale. La traduzione della stupidità dei luoghi comuni nel linguaggio della bellezza e dell'emozione, l'atteggiamento di chi vuoi piacere ad ogni costo e al maggior numero, l'ideale estetico delle società di massa hanno un solo, vecchio nome: kitsch.

Ora, questa formidabile macchina di riciclaggio è comunque la macchina che ha ricevuto i maggiori investimenti nel settore degli audiovisivi. I risultati ottenuti sono direttamente proporzionali ai soldi investiti; salvo che nessuno si degna di fare questi raffronti economici, quasi per non turbare il meraviglioso sogno sognato dalla merce. Forse, in questo senso, va intesa l'affermazione di Poter Handke secondo cui «la pubblicità è l'unica poesia materialistica». La sera del primo gennaio 1977 su Raiuno vengono trasmessi cinque «caroselli». Sono gli ultimi. Carosello viene sostituito da Spazio F. Tutta la distribuzione della pubblicità nelle reti Rai viene modificata secondo gli indirizzi della riforma.


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