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Dario Fo

   

Dario Fo, (Sangiano (VA), 24 marzo 1926).

L’attore, regista e autore drammatico Dario Fo, č famoso per i suoi spettacoli di satira politica e sociale. Compiuti gli studi all'Accademia di Brera di Milano, dal 1950 iniziò a recitare e a scrivere testi satirici per la radio e la televisione. Trasferitosi a Roma, dal 1955 al 1958 lavorò come soggettista. Con la moglie Franca Rame fondò un proprio gruppo teatrale, la Compagnia Dario Fo - Franca Rame (1959-1968), i brevi pezzi pungenti preparati dalla coppia per il programma televisivo di varietĂ  Canzonissima furono censurati così spesso che i due attori e drammaturghi nel 1963 lasciarono la RAI e ripresero a recitare in teatro.

Nel 1968 costituirono il gruppo Nuova Scena, che si esibiva a prezzo politico e in luoghi volutamente alternativi rispetto alle sedi ufficiali, propugnando il ritorno del teatro alle origini popolari e rivalutandone la funzione sociale. Riscosse molto successo Mistero buffo (1969), in cui Fo, unico attore, presentava un insieme di elaborazioni fantasiose di antichi testi, in un estroso impasto linguistico, il grammelot. Negli anni '70, schieratosi al fianco delle organizzazioni extraparlamentari, realizzò il collettivo La Comune che, tra le altre attivitĂ , s'impose per l'appassionato tentativo di dare nuova linfa al teatro di strada. Tra le piů efficaci trovate di Fo si colloca l'uso del "grammelot", un linguaggio teatrale in cui l'attore non pronuncia parole reali, ma emette suoni che imitano, nell'intonazione e nel ritmo, un idioma esistente (francese, inglese) e il padano, dialetto inesistente, compendio di tutti i dialetti di una Val Padana viva nell'immaginario popolare.

Ideate e interpretate spesso insieme alla moglie Franca Rame, le farse di Fo sono sempre state tanto invise all'autoritĂ  ecclesiastica e dissacranti nei confronti della morale borghese, quanto ricche di valori sociali e politici. In particolare, si ricordano Gli arcangeli non giocano a flipper (1959); Aveva due pistole dagli occhi bianchi e neri (1960); Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963); Settimo ruba un po' meno (1964); La signora č da buttare (1967); Morte accidentale di un anarchico (1970) ispirata al caso della misteriosa morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli; Tutti uniti, tutti insieme, ma scusa quello non č il padrone (1971); Pum pum. Chi č? La polizia (1972); Il Fanfani rapito (1973); Non si paga, non si paga (1974); Coppia aperta (1983); Johan Padan a la descoverta delle Americhe (1991); Marino libero, Marino č innocente (1998), sulla vicenda giudiziaria di Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani, ex militanti di Lotta continua, accusati dal vecchio compagno Leonardo Marino dell'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi (1972).

Dario Fo, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1997, dopo esservi giĂ  stato candidato nel 1975, č insieme a Eduardo De Filippo, l'uomo di teatro piů completo che l'Italia abbia mai avuto, ed anche uno dei pochi autori viventi che sono regolarmente rappresentati in tutto il mondo. Sebbene si tratti di un uomo di teatro e non di un autore di narrativa, Fo occupa una posizione di rilievo in un secolo che, comunque, ha visto sorgere anche l'astro di Pirandello, la cui produzione teatrale č largamente superiore a quella propriamente narrativa.

Le caratteristiche piů note, ma certo non le sole, dell'opera di Fo sono l'anticonformismo e la forte carica satirica esercitata soprattutto sulla politica, sulla Chiesa e sulla morale comune. Tale sua posizione fortemente antagonistica gli ha causato non pochi problemi col potere, meritandogli la fama di artista scomodo. All'interno della sua vastissima produzione (circa settanta lavori) i personaggi dell'attualitĂ , della storia o del mito, sono presentati sempre in un'ottica rovesciata, opposta a quella comune (il gigante Golia č buono e pacifico, mentre Davide č un litigioso rompiscatole, Napoleone e Nelson si comportano come bambini che si fanno reciproci dispetti, etc.). GiĂ  nei primi spettacoli compare, sia pure in embrione e con tutte le cautele richieste dalla censura dell'epoca, quella satira fatta di smitizzanti ribaltamenti tanto frequente nei successivi lavori di Fo.

La satira non č però l'unica corda del comico che Fo sa toccare: almeno altrettanto importante č, infatti, la sua capacitĂ  di costruire delle perfette macchine per far ridere sul modello della farsa e del vaudeville (commedia brillante) e con rimandi al filone popolare dei lazzi della commedia dell'Arte, alle gags del circo e poi del cinema muto. Questo č il tipo di produzione alla quale Fo si č dedicato dal 1957 al 1961. Si tratta di testi che mantengono, anche a distanza di anni, una straordinaria vis comica e risultano godibilissimi anche alla lettura.

Fo torna sempre ad usare i meccanismi della farsa, fondendoli con una satira di rara efficacia. Rispetto alle precedenti commedie, ora sono molto piů forti gli intenti satirici nei confronti del potere costituito. Lo spettacolo spesso si articola, secondo lo schema del teatro nel teatro, in una struttura a cornice, con una storia esterna che ne contiene un'altra. La commedia si inserisce in un filone demistificatorio, ossia nel tentativo di raccontare fatti e personaggi della storia e dell'attualitĂ  secondo un'ottica alternativa, magari totalmente immaginaria, ma priva di quella retorica a cui troppo spesso la cultura ufficiale ci ha abituati. Questo č un nodo centrale nella poetica di Dario Fo, come egli stesso dichiara: "la risata, il divertimento liberatorio sta proprio nello scoprire che il contrario sta in piedi meglio del luogo comune, anzi č piů vero o, almeno, piů credibile"; Un personaggio frequente nel teatro di Fo, č quello del matto a cui č permesso dire le veritĂ  scomode.

Nel 1968 Fo decise di abbandonare il normale circuito teatrale, il "teatro borghese", come lo chiama lui, per andare a recitare nelle piazze, nelle fabbriche, nelle case del popolo, davanti ad un pubblico diverso, soprattutto delle classi subalterne. Tra il 1959 ed il 1961, nelle commedie viene ripresa, dilatandola, la struttura delle farse ed al tempo stesso si inseriscono i primi elementi di satira, quantomeno satira di costume. Spesso il mondo delle commedie di Fo č popolato da personaggi da sottobosco, visti però in chiave positiva: ubriachi, prostitute, truffatori carichi di inventiva, matti che ragionano meglio dei sani e simili. Di certo non č estranea alla scelta di questo tipo di personaggi, che tra l'altro somigliano a quelli di alcuni romanzi di Stefano Benni, l'influenza degli anni vissuti a Sangiano, il paese dove č nato, che lo stesso Fo descrive così: "paese di contrabbandieri e di pescatori, piů o meno di frodo. Due mestieri per i quali, oltre a una buona dose di coraggio, occorre molta, moltissime fantasia. È risaputo che chi usa la fantasia per trasgredire la legge ne preserva sempre una certa quantitĂ  per il piacere proprio e degli amici piů intimi".

Forse proprio qui Fo deve avere intuito che, a volte, il vero delinquente non č chi trasgredisce le legge, bensì chi la legge l’ha fatta. Anche la burocrazia č presa di mira: in Gli arcangeli non giocano a flipper, un personaggio scopre di essere iscritto all'anagrafe come cane bracco. Pur avendo scoperto che l'errore č frutto della vendetta di un impiegato impazzito per una mancata promozione, il protagonista č costretto dalle ferree leggi della burocrazia a comportarsi da vero cane bracco, e solo dopo che, come cane randagio, sarĂ  stato ufficialmente soppresso, potrĂ  tornare uomo e riscuotere i soldi che gli spettano. Qui la burocrazia ha una sua logica chapliniana, per cui non ciò che esiste viene annotato sulle carte, ma ciò che le carte certificano deve esistere. Questa surreale situazione può essere vista come variazione in chiave vaudeville, del Fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello. Non č chiaro se la parodia sia voluta o meno, ma certo č che, dopo le accuse di eccessivo cerebralismo che Fo ha sempre mosso a Pirandello, non č da escludere una deliberata volontĂ  parodistica.

Il rapporto tra Fo autore e Fo attore può essere riassunto da ciò che egli stesso scrive in un articolo nel 1962: "Gli autori negano che io sia un autore. Gli attori negano che io sia un attore. Gli autori dicono: tu sei un attore che fa l'autore. Gli attori dicono: tu sei un autore che fa l'attore. Nessuno mi vuole nella sua categoria. Mi tollerano solo gli scenografi".

Le commedie di Fo sono state rappresentate in tutto il mondo, e non c'č de stupirsene, del momento che spesso si tratte di perfette macchine teatrali, perfettamente funzionanti anche senza la presenza di Fo sulla scena. Se c'č un testo che però non può prescindere dalla presenza scenica di Fo, questo č “Mistero buffo” (1969), lungo monologo in finto dialetto padano, che offre una versione smitizzata di episodi storici e religiosi, coerente con l'idea che "il comico al dogma fa pernacchi, anzi ci gioca, con la stessa incoscienza con cui il clown gioca con la bomba innescata". Una delle idee guida dello spettacolo č che la cultura alta abbia sempre rubato a mani basse elementi della cultura popolare, rielaborandoli e spacciandoli per propri. Figura centrale di tutto lo spettacolo č quella del giullare, in cui Fo si identifica, rifacendosi alle origini dì questa figura come quella di colui che incarnava e ritrasmetteva in chiave grottesca le rabbie del popolo. Nel 1970 Fo torna ai moduli della farsa e ad un piů diretto impegno politico con Morte accidentale di un anarchico, palesemente ispirato alla morte dell'anarchico Pinelli, anche se, per evitare guai con la censura, fu ufficialmente riferito ad un analogo caso avvenuto in America all'inizio del secolo. La scena č quella di una stanza della Procura centrale di Milano, e il protagonista č un matto trasformista, anzi "il Matto", lo stesso che, sia pure in ruoli secondari, ritorna tanto spesso nel teatro di Fo ed ha sempre il compito di dire quelle veritĂ  scomode che tutti vogliono rimuovere. Il matto, qui, attraverso i suoi molti travestimenti (da psichiatra a giudice, da capitano della scientifica, da vescovo), riesce a fare emergere le incongruenze della versione ufficiale dell'accaduto e, con la scusa di voler aiutare l'autoritĂ  a trovare una versione dei fatti che stia in piedi, rende manifeste sempre maggiori e piů esilaranti contraddizioni.

I testi di Fo rompono con qualsiasi tabů politico e sociale e con tutte le regole del decoro. I suoi testi esilaranti, spesso scritti o ideati con la moglie Franca Rame, hanno suscitato regolarmente scandali e provocato numerosi tentativi di censura culminati nell’uso della forza fisica nei loro confronti. Negli anni sessanta e settanta la societĂ  italiana aveva bisogno di personaggi come Dario Fo e Leonardo Sciascia (altro personaggio scomodo che alla fine si trovò contro tutti), che esplicavano, tramite l’analisi dialettica della situazione politica e socio-culturale e, soprattutto, del linguaggio eufemistico e accomodante di cui si avvale tuttora la classe politica, per mostrare il marciume, le fallacie logiche, le segrete connivenze fra le classi dominanti e i favoreggiamenti che si celano sotto il perbenismo politico.

Commedie come Morte accidentale di un anarchico (questa pičce sull’improbabile suicidio del presunto terrorista anarchico Pinelli durante un interrogatorio in seguito alla strage di piazza Fontana a Milano (11 dicembre 1969) č, insieme con la giullarata Mistero buffo, il capolavoro di Fo) non sono altro che il coerente accorpamento di tutti i dati e di tutte le comunicazioni ufficiali, sempre contrastanti e sconcertanti, se raccolti sistematicamente, e segno dell’arroganza del potere.

Gli interventi di Fo sull’argomento sono tipici della Commedia dell’arte e della tradizione comica italiana così come della piů feroce satira politica tedesca: la forma rende il testo umoristico, esilarante, irresistibile e nel contempo mette a nudo i soprusi del potere e la crudeltĂ  inarrestabile della burocrazia, la fabula vera e propria invece č desunta dalla realtĂ . Il procedimento usato in questi casi č quello, giĂ  visto anche in altri autori, di portare alle estreme conseguenze l'affermazione dell'avversario fino a farla cadere. Qui tale tecnica č arricchita dal fatto che colui che la usa finge di stare dalla stessa parte di chi vuol sbugiardare. Gli elementi farseschi dovuti alla girandola di situazioni, create dai continui cambi di identitĂ  del protagonista, servono a mantenere lo spettacolo, pur di argomento così drammatico, su quel registro comico, essenziale per Fo, al fine di evitare il rischio della catarsi e dell'indignazione (come in Pirandello).

Una delle caratteristiche del lavoro di Fo č quella di scrivere sempre su argomenti d'attualitĂ  o, quanto meno, di inserire l'attualitĂ  anche in testi che ne sono apparentemente lontani. Non mancano inoltre nell'opera di Fo motivi prettamente anticlericali. Nel 1989 č la volta de Il papa e la strega, commedia che tratta il tema della droga, scritta in occasione dell'approvazione di una legge sull'argomento, tanto repressiva nei suoi articoli quanto fallimentare nei risultati. Gli elementi principali sono ancora l’impianto di tipo farsesco ed un’inesausta carica satirica, rivolta qui contro le scelte miopi del Governo, appoggiate dalla Chiesa. Nel 1992 cadeva il cinquecentenario della scoperta dell'America e Fo non perse l'occasione per raccontarla a proprio modo, come aveva qiĂ  fatto con Isabella, tre caravelle e un cacciaballe. Per l'occasione scrive Johan Padan a la descoverta de le Americhe, che narra le avventure di un poveraccio della Padania bergamasca che, a causa dell'Inquisizione, fugge da Venezia e finisce in Spagna e di qui, per una serie di coincidenze, giunge nel nuovo mondo. Ancora una volta Fo propone una lettura degli avvenimenti storici alternativa rispetto a quelle ufficiali, e lo fa raccontando la vicenda minima di un piccolo, grande "eroe per caso" ignorato dalla Storia.

Non può sfuggire questo testo al paragone con Mistero buffo, sia per la lingua in cui č scritto: un grammelot padano-veneto di grande effetto comico, sia per la struttura stessa del testo e dello spettacolo: una favola nella quale divertimento e "messaggio" sono una cosa sola ed il comico ritorna alla sua piů alta funzione di punto di vista sul mondo. Quando poi si passa dal testo alla realizzazione scenica la somiglianza tra i due lavori č ancora maggiore. Anche qui, infatti, Dario Fo tiene la scena riuscendo ad essere, lui solo, tutti i personaggi, le voci, gli sguardi ed i movimenti.

Proprio questa sua straordinaria bravura come attore č ciò che lo ha condannato, e in parte continua a farlo ancora adesso, a non essere valutato con la necessaria attenzione come autore, almeno in Italia. Fo attualizza la tecnica e la figura del giullare come reincarnazione delle voci eretiche del passato, con una funzione fortemente polemica nel presente. Fo sincronizza passato e presente realizzando un effetto straniante, usando il grottesco e la logica e, senza confondere i piani temporali, insinua nel presente un frammento di passato che ha una valenza negli avvenimenti politici contemporanei. In anni recenti in Italia una satira politica "ammaestrata" ossia connivente ed ammiccante al mondo della politica, senza rischio ed istituzionalizzata, gradita agli stessi bersagli che la recepiscono come indice di popolaritĂ , č dilagata sui palcoscenici ed in televisione, ma essa č ben lontana dallo spirito caustico di Fo e le polemiche scaturite dal conferimento del prestigioso riconoscimento confermano che il teatro di Fo dĂ  ancora fastidio, che la sua forza polemica č immutata e che il commediografo resta uno spauracchio per una classe politica che ha molte cose da far dimenticare. In un altro contesto l'opera di Fo può essere ricondotta a Pirandello, infatti a i suoi personaggi si confrontano con una societĂ  snaturante e con una crisi esistenziale che li spinge a lottare per affermare le proprie ragioni e per smascherare le false veritĂ  imposte dall'alto.


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