Gian Lorenzo Bernini
Gian Lorenzo Bernini (architetto, scultore e pittore) nacque a Napoli nel 1598 e morì a Roma nel 1680.
All'età di sette anni si trasferì a Roma col padre e si dedicò alla scultura. Dal 1614 al 1619 eseguì i primi lavori con la collaborazione di suo padre (Pietro Bernini) , raffinato interprete di forme manieristiche tardo-cinquecentesche.
Lo studio dell'antico che fece Gian Lorenzo fu base insostituibile per il seguito: alcuni restauri ne indicano il gusto e gli intenti precisi, volti a una interpretazione originale dellellenismo. Nel decennio 1615-25 seguirono queste opere fondamentali: il piccolo busto di "Paolo quinto" (1620) ; il gruppo con il "Ratto di Proserpina" (1620-23) ; il "David" e infine il gruppo dell'"Apollo e Dafne" (1624-25) . Le opere del Bernini definiscono la sua personalità , forte degli insegnamenti del padre ma nello stesso tempo innovatore dello spirito di tutta una generazione.
La sua prima opera fu il Baldacchino per S. Pietro, iniziato nel 1624 e terminato nel 1633. L'effetto scenografico si impone come uno stupendo "capriccio" esaltato dalle decorazioni di bronzo create come un tutt'uno innestato sull'architettura. Nel 1629 Papa Urbano ottavo nominò il giovane architetto sovrintendente alla Fabbrica di S. Pietro.
Nel 1630 si incominciano i lavori per la facciata di Palazzo Barberini (portata fra continui scambi con il Borromini, con conseguenti e reciprochi attacchi e polemiche) .
Con Urbano ottavo crebbe la fortuna del Bernini, che fece incidere le stampe per le edizioni delle poesie latine del pontefice nel 1631. Nel 1640 risale la bellissima "Fontana del Tritone" , la prima delle sue fontane: un insieme di motivi classici e secenteschi in una fantasia del tutto barocca.
Quando morì Urbano ottavo (1644) , si scatenarono le gelosie rivali del Bernini, e quindi gli succedeva Borromini .
Quelle persecuzioni ingiuste ispirarono allo scultore uno dei gruppi più felici e forti tra le sue opere: la "Verità scoperta dal tempo" , rimasta però incompiuta con la sola figura della "verità ". Si iniziava così uno dei periodi più favorevoli per le meditazioni del Bernini che, nel 1647, portò a termine la Cappella Cornaro con la raffigurazione dell' Estasi di Santa Teresa.
Intanto il Papa innocenzo decimo dava al Bernini il suo appoggio e gli permetteva la decorazione del braccio lungo di S. Pietro. Nel 1651 viene il permesso per la "Fontana dei quattro fiumi" , con le allegorie molto fantasiose dei fiumi e con la collaborazione del Fancelli, del Raggi e del Baratta nell'esecuzione. Precedentemente aveva edificato la "Fontana di Piazza Navona" .
Quando morì Innocenzo decimo, il Bernini diventa arbitro dell'arte romana: nel 1656 progetta il colonnato di S. Pietro, compiuto nove anni dopo con le novantasei statue del coronamento. Gian Lorenzo riprende lo spirito dell'architettura imperiale, dandole vita con le colonne e aggiungendo dei particolari scultorei. Nello stesso anno amplia il Palazzo Pontificio al Quirinale.
Non mancano a tale artista le richieste dei monarchi e dei principi stranieri, da Carlo primo d'Inghilterra al cardinale Richelieu, fino a Luigi quattordicesimo, il quale lo invita a Parigi per fare la facciata del Louvre, che però non fu eseguita nonostante gli onori che gli furono attribuiti durante il suo viaggio in Francia.
I biografi descrivono il Bernini come una persona vivacissima ed esuberante, dagli "scherzi" che sono giunti a noi con le sue caricature. Grandissimo disegnatore di cui restano pochi dipinti molto discussi, egli fu l'ispiratore d'uno dei più grandi pittori del 600', il Baciccia.
La fontana dei quattro fiumi
La scultura detta "Fontana dei quattro fiumi" si trova a Roma in piazza Navona ed è stata ideata e plasmata dallo scultore e pittore Gian Lorenzo Bernini in piena epoca barocca (nel 1651) e, infatti, con questo artista si ha proprio il periodo più fecondo di tale epoca.
La fontana dei quattro fiumi ha delle dimensioni che sono più grandi del normale. I nudi rappresentano le allegorie dei quattro principali fiumi della Terra (Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata), e nell'opera sono dei giganti in marmo appoggiati sullo scoglio in travertino. Gli alberi e le piante che emergono dall'acqua e che si trovano tra le rocce appaiono tutti in scala più elevata. Le creature animali e vegetali, generate da una natura buona e utile, appartengono a razze e a stirpi grandi e potenti. Lo spettatore, girando intorno all'imponente fontana, può scoprire nuove forme o particolari che prima erano nascosti o quasi del tutto coperti dalla massa rocciosa. Con questa fontana, il Bernini vuole suscitare meraviglia in chi la guarda, componendo un piccolo universo in movimento, a imitazione dello spazio della realtà naturale.
Si tratta di un paesaggio in cui l'elemento pittorico tende a prevalere, con lo scoglio, con l'anfratto da cui esce un animale selvatico o su cui c'è una pianta rampicante. In questa opera il Bernini ottiene vive sensazioni atmosferiche: infatti un vento impetuoso colpisce la pianta di palma, la cui chioma urta contro la roccia, muove la criniera del cavallo e sibila tra gli anfratti della rupe.
A lavoro concluso, il Bernini volle dare colore alle rocce, alla palma, alle peonie, per farle sembrare colorate d'oro. Così, all'illusionismo dell'insieme, si aggiungeva una componente coloristica ancora più accentuata.
I letterati e i poeti contemporanei espressero il loro stupore per una fontana così straordinaria, sottolineando l'impressione del capriccioso e in alcune parti perfino dell'esotico che la scultura trasmette in colui che la osserva. Il Bernini, più che nelle altre fontane, tende a valorizzare l'acqua come l'elemento essenziale della scultura.
Il disegno dei quattro colossi nudi che fungono da allegorie dei fiumi risalgono all'antico. I giganti del Bernini si muovono in gesti pieni di vita e con un'incontenibile esuberanza espressiva. Sull'antico, però, prevale l'invenzione del capriccioso. Così il Danubio indica lo stemma del Pamphili e il Nilo si copre il volto con un panneggio, facendo riferimento all'oscurità delle sue sorgenti. Lo scultore ricerca uno studio più attento dei movimenti e delle espressioni, che l'artista varia al massimo.
Critica personale
Di questa opera monumentale mi ha colpito soprattutto l'illusionismo dei movimenti delle quattro allegorie dei fiumi principali della Terra (Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata) , che sono pieni di vita ed esuberanza come la vita che pullula vicino a un fiume con gli elementi in fermento come l'acqua, l'aria, la flora, la fauna che ne determinano il carattere.
Un'altra cosa che mi è piaciuta è l'invenzione del "vento impetuoso" che da l'illusione allo spettatore di vedere il cavallo incollerito e la chioma della palma voltata verso l'alto.
Un'altra idea innovativa per l'epoca, e che fa del Bernini il precursore dell'età barocca, è quella di mettere i quattro colossi nudi dominanti sul grande scoglio in travertino dalle cui rocce sgorga l'acqua.
Ho notato, vedendo e studiando l'opera, che ogni allegoria rispecchia nella sua esecuzione il carattere forte e volitivo dell'artista.
Analizzando l'opera scultorea in piazza Navona, dove ho potuto ammirarla dal vero, mi sono resa conto che l'artista ha costruito una macchina per stupire lo spettatore e l'ho paragonato ad un moderno sceneggiatore che pone nel mezzo del palcoscenico di un teatro una realizzazione di un paesaggio a tutto tondo, a imitazione di uno spazio della realtà naturale e, in questo teatro, lo spettatore si stupisce nonostante sappia che ciò che vede in realtà non esiste.
Concludendo, Gian Lorenzo Bernini è un'artista moderno non solo per la sua epoca, ma anche per la nostra; anzi, nella sua era addirittura considerato un rivoluzionario.
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