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I promessi sposi

I Promessi Sposi sono sicuramente l'opera piů famosa di Alessandro Manzoni e costituiscono il primo esempio di romanzo moderno italiano. La prima edizione č del 1827, quella definitiva del 1842.

Table of contents
1 Formazione dei Promessi Sposi
2 Le influenze
3 Il primo romanzo moderno

Formazione dei Promessi Sposi

  1. 1821 – 1823: prima stesura, in quattro parti, di Fermo e Lucia
  2. 1824 – 1827: seconda stesura e pubblicazione dei promessi Sposi in tre volumi (“ventisettana”)
  3. 1827 – 1842: revisione della seconda stesura e pubblicazione a dispense (edizione Guglielmini e Redaelli 1840 – 1842). Il romanzo compare nella stesura definitiva.

Nell'introduzione ai Promessi Sposi, Manzoni, con l'ausilio di un falso testo seicentesco, ricrea l'immagine di una societĂ , artificiosa, tronfia, ampollosa, amante piů dell’apparenza che della sostanza, tendenza questa che permeò le usanze e la morale di tutto quel secolo. Affiora dalle parole del Manzoni l’affresco di una societĂ  nella quale l'esuberante, declamatorio, ridondante, fastoso, bizzarro, assurdo, barocco spagnolo diventa regola di vita in omaggio ai signori dominanti. Dall'apocrifo del '600 traspare l'ossequio incondizionato al sovrano spagnolo, ai suoi vicerĂ©, governatori, magistrati, nonchĂ© un falso stupore per il malcostume e la delinquenza ovunque dilaganti. Manzoni accenna poi agli accurati studi che egli condusse per ritrarre con fedeltĂ  le condizioni morali, sociali, economiche e politiche della Lombardia del 1600. Condizioni veramente straordinarie: un governo massimamente arbitrario, congiunto ad un'anarchia generalizzata, un’assurda legislazione, un'ignoranza e superstizione diffuse e pressochĂ© totali, una delinquenza avallata dal malgoverno.

Nella Biblioteca Nazionale di Torino, esiste un volume, edito a Venezia nel 1664, intitolato Historia del cavalier Perduto di Pace Pasini di Vicenza (Luciana, amata da Druso, č rapita da Strappacuori ed affidata ad una donna chiamata Agnese. Strappacuori abita in un sinistro castello difeso dai bravi: Luciana fugge mentre scoppia la peste). Manzoni potrebbe aver conosciuto tale scritto.

Le influenze

Quando il Manzoni si accinse alla stesura dei Promessi Sposi, il romanzo in Europa oscillava tra le esperienze classiche e quelle romantiche ed i romanzi storici si accentravano sulla vita di grandi personaggi (es. D'Azeglio scrisse Ettore Fieramosca). Dall'Inghilterra giungevano i romanzi storici dello Scott, il quale ebbe piů che altro il gusto del pittoresco che cercava di preferenza nel passato. Scott mancò di profonditĂ  di pensiero anche se eccelse nel dipingere le emozioni della gente piů semplice. Il suo romanzo Ivanhoe, l’unico sicuramente letto dal Manzoni, ebbe vasta risonanza negli ambienti romantici europei e diffuse il gusto del romanzo storico. Lo Scott si limitò però ad usare uno sfondo storicamente determinato per le vicende dei suoi romanzi, senza altro fine se non quello di creare un ambiente plausibile e pittoresco nel quale inserire i suoi personaggi. Quando il Manzoni si apprestò alla stesura del suo romanzo, conosceva l’opera dello Scott, ma tra i due scrittori v'č un'abissale diversitĂ  non solo di intenti, ma anche dì impostazione. Infatti, mentre l'opera dello scozzese fu intesa soltanto a divertire, il lombardo fece dei Promessi Sposi un romanzo a tesi storica, sociale, religiosa, morale, in una parola un romanzo didascalico. Nei Promessi Sposi il Manzoni usò un senso della veritĂ  ed una fedeltĂ  storica, nonchĂ© un approfondimento psicologico del tutto sconosciuti allo Scott. Il lombardo infatti analizza le condizioni sociali in un'epoca dì governo arbitrario, di anarchia feudale e popolare, con una legislazione stravolta dalle prevaricazioni, un'epoca dì ignoranza profonda, pregiudizi e superstizioni, di carestie e pestilenze. Cogliendo le linee essenziali dell'epoca e svolgendole, il Manzoni realizzò la fusione del "vero" storico con il vero ideale, etico, cristiano.

Nell'opera l'intreccio degli avvenimenti appare naturale, poichĂ© l’autore osservò nella vita reale le reazioni ed il modo di agire e di pensare degli uomini in relazione ai tempi, ai luoghi, alla condizione sociale. Manzoni fu indotto dal suo proposito di fedeltĂ  alla cronaca storica a frammettere nel racconto relazioni e disamine di fatti reali a volte superflue, ma non bisogna dimenticare che la veritĂ  storica del romanzo č in realtĂ  il carattere lo spirito e la situazione sociale di un'epoca. Il romanzo con la rappresentazione delle prepotenze paesane e spagnolesche ispira al lettore un'avversione profonda per ogni prevaricazione in particolare per la dominazione straniera e, di conseguenza, per quella austriaca del tempo, nonchĂ© una viva pietĂ  per gli oppressi di ogni condizione sociale ed un vivo interesse per l'uguaglianza civile. Nonostante ciò il discorso strettamente politico appare piů suggerito che evidente, volendo dichiaratamente il Manzoni illustrare i valori comuni di ogni epoca.

L'ideale etico e religioso comune a quasi tutte le opere del Manzoni, nei Promessi Sposi permea la vicenda non con le declamazioni dottrinali (Inni sacri) né con l'aperta polemica (discorso sulla morale cattolica), bensì con il rappresentare gente, fatti, azioni quotidiane e viene costantemente riflesso nei sentimenti umanitari e democratici della società moderna. Manzoni volle che i personaggi immaginati fossero verosimili e tali da rappresentare la realtà del secolo ed anche che i personaggi realmente esistiti fossero resi con la massima fedeltà. L’intento fu quindi di rappresentare i costumi del '600, ma con una ampiezza di vedute ed un approfondimento psicologico tale da poter essere riferiti ad ogni tempo, con l’ideale di dare un esempio di morale cristiana.

Il primo romanzo moderno

I Promessi Sposi costituiscono il primo romanzo moderno della letteratura italiana, la quale, fino a quel momento, aveva prodotto opere oratorie, magniloquenti (Le ultime lettere di Jacopo Ortis) o monotone e, comunque, assai lontane dalla realtĂ . Nei secoli precedenti era stato popolare solo il romanzo narrativo in ottave. Il Manzoni, avvicinandosi di proposito alla realtĂ  umana produsse un'opera che tutti, anche i non letterati, potessero capire ed apprezzare. Come giĂ  si č detto, il romanzo storico era un genere caro ai romantici europei poichĂ© in esso la fantasia poteva, piů che nel dramma, colorirsi dì episodi impressionanti. Il Manzoni giudicò inconciliabili la figura dello storico e quella del poeta e, in effetti, nel suo romanzo egli fu essenzialmente poeta, sebbene le parti e le figure storiche siano ricostruite con quell'onestĂ  e meticolositĂ  che avrebbero fatto del Manzoni, vi si fosse dedicato a fondo, uno dei maggiori storici moderni.

Tutto il romanzo č imperniato sulla lotta fra il principio dì giustizia e di amore rappresentato, da Fra' Cristoforo e la prepotenza ed il vizio, rappresentati da Don Rodrigo. Tale schematismo però non si avverte a livello conscio e, quando il prepotente signorotto giace sul letto di morte, nessuno vede in lui il male vinto dal bene, bensì un uomo colpito nella sua superbia, sottomesso alla giustizia divina e vinto dalla morte.

Per Manzoni, l’arte deve avere un fine essenzialmente morale e la conclusione del romanzo č profondamente etica poichĂ© mostra un principio di giustizia superiore alle contingenze, ma tutto ciò risulta senza essere detto apertamente. Il Manzoni, ligio ai suoi concetti di moralitĂ  in arte non volle mai indulgere alla descrizione della passione amorosa, reputandola nociva per i lettori: a ciò contribuì anche il suo senso estetico facendo sì che egli accennasse e lasciasse intendere molte cose con sobrietĂ  e rapiditĂ  di espressione, poichĂ© la morale dello scrittore e la sua religione non furono di quelle che predicano e mortificano, bensì furono vitali e fattive e tali da esaltare la vita ben vissuta; non v'č mai un atteggiamento bacchettone od arcigno e tutto č contemplato con interesse superiore; i mali degli uomini sono rappresentati con indulgenza e le pene trattate con pietosa rassegnazione. Gli stessi personaggi hanno la consistenza della vita veramente vissuta, ma si muovono anche in funzione dì quel principio superiore in virtů del quale attraverso Lucia, incapace di operare altro che il bene, inconsapevolmente innocente, umile figura, si prepara la crisi del personaggio piů complesso: l’Innominato.

La vicenda č immaginaria e la maggior parte dei personaggi č inventata, anche se, probabilmente Gertrude corrisponde a Virginia di Leyva, l'Innominato al temuto Bernardino Visconti, Egidio al famigerato Giampaolo Osio ed in Fra' Cristoforo č forse adombrata la figura di Alfonso III d'Este convertitosi alla Chiesa dopo una vita dissipata, mentre il Cardinale Borromeo e il Ferrer sono personaggi scrupolosamente storici.

Nel romanzo, che il Manzoni pubblicò tra il 1840 ed il 1842, con poche modifiche sostanziali, ma con notevoli correzioni linguistiche e di stile, secondo il gusto della lingua fiorentina, sono contenute tutte le espressioni dell'arte narrativa: dialogo e narrazione, soliloqui, scene familiari e di massa; vi sono l'analisi psicologica e la sintesi storica ed anche i toni sono i piů disparati, passando dal discorsivo al drammatico, dal quotidiano al sublime, dal bonario all'ispirato e all’umoristico. Tutta l'esperienza umana v’č contenuta e non esiste figura, per quanto marginale, che non rientri nell’economia del romanzo; nella morale del libro non v’č nulla di ascetico o mortificante, bensì tutto č calore, ed il bene, il bello, la fede nella provvidenza, la bontĂ  non sono tesi polemiche. Il romanzo si presenta distinto, non tanto per volontĂ  dell'autore quanto in base agli eventi, in tre parti:

  • Prima parte ( cap. I - XII ) - impostazione dell’argomento, impedimento del matrimonio, tentato di matrimonio segreto, fuga (addio ai monti), Renzo a Milano, carestia. In questa prima parte č rilevante lo studio dei caratteri.
  • Seconda parte (cap. XIII - XXIV) - Renzo coinvolto nei tafferugli di Milano, presentazione Innominato, colloquio Innominato-Borromeo, dramma dell'Innominato (notte dei rimorsi, colloquio con Lucia, colloquio con il Cardinale).
  • Terza parte (cap. XXV - XXXVIII) - Catarsi: bene e male trovano la loro giusta conseguenza e una forza superiore riporta l'ordine, invasione Lanzichenecchi, esodo dalle campagne, peste, scioglimento del romanzo, la Provvidenza dĂ  il giusto compimento agli eventi: Padre Cristoforo scioglie il voto di Lucia, l'Innominato volge in bene il male fatto, Don Rodrigo muore, Renzo e Lucia si sposano.

Le parti piů efficaci del romanzo sono certamente quelle dedicate allo studio dei personaggi; le descrizioni sono poche e sempre compenetrate dalla coscienza del personaggio [la campagna serena ed ubertosa per la quale passeggia Don Abbondio, poi brulla per Padre Cristoforo, quasi presagio della prossima carestia, la mestizia dei fuggiaschi ripresa dal lago malinconico sotto la luna, l'Adda che canta una preghiera di ringraziamento nel cuore di Renzo dopo il cammino tra le ombre spettrali del bosco, la vallata risonante dello squillo delle campane si spiega sotto gli occhi dell'Innominato dopo la notte insonne, la pioggia (storica) purificatrice che spazza via la peste e lava corpi, anime, pensieri]. Non si tratta piů, quindi, di mere descrizioni, bensì di sinfonie della natura ed insieme di notazioni psicologiche. I dialoghi sono animatissimi e a ciascun personaggio sono attribuite le parole e le espressioni che gli convengono per etĂ , per condizione, cultura, stato d'animo, educazione; la societĂ  tutta brulica in queste pagine, fissata in una sintesi mirabile dei suoi componenti: l’eccelso e il misero, il prepotente ed il vile, il rassegnato, il disperato, l'ordinamento politico la collettivitĂ  delle strade, l’umore vario e spesso imprevedibile del popolo, la volubilitĂ , la gioia, i timori, le suggestioni, i drammi della folla. Questo romanzo si può a ragione definire storico: non tanto per le figure realmente esistite e fedelissime che contiene, ma assai di piů per la credibilitĂ  storica dei personaggi, i quali, pur non essendo esistiti, incarnano tipi e classi sociali di un secolo o, addirittura si elevano a sintesi umane di tutti i tempi.

Si č rimproverato il Manzoni di aver infuso poca passione nei suoi personaggi, ma all'economia del romanzo l'amore non č necessario e nel libro non v’č nulla di superfluo. Il senso della verecondia ha fatto sì che il Manzoni tenesse l’amore al di fuori delle sue pagine, ma il sentimento religioso ed etico non hanno impedito allo scrittore di descrivere i mali della societĂ , anche di quella religiosa: la viltĂ  di Don Abbondio e la condotta di Gertrude rivelano la spregiudicatezza del Manzoni ed il suo senso morale ben al di lĂ  di qualsiasi bacchettoneria. Il carattere di Gertrude delineato con acutezza psicologica degna di un autore modernissimo, esprime il male piů profondo e corruttore che possa divorare la natura umana, ma la verecondia dello scrittore lo rende con estrema parsimonia di parole. Lo stile č sempre perfetto, mai teso a dimostrare abilitĂ  stilistica ed originalitĂ  a tutti i costi, bensì volto a chiarire e a rappresentare compiutamente il soggetto. Manzoni vede sopra la societĂ  la Divina Provvidenza che guida le azioni degli uomini e prepara il destino di ciascuno: fili invisibili legano ogni personaggio alla volontĂ  divina: gli uomini si credono liberi, padroni di sĂ© e delle Proprie azioni, invece fanno ciò che Dio ha previsto per loro e quando derogano da tale condotta ecco il male (San Tommaso).


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