Origini dell'opera lirica
L'Opera lirica (o melodramma) è una forma musicale nata circa quattrocento anni fa; coniuga sonorità prodotte da un insieme più o meno articolato di strumenti con l'espressione di affetti cantabili (per usare le parole di Girolamo Frescobaldi).
Con questo termine si intende ormai universalmente quel teatro in musica che ancor oggi appassiona milioni di persone. La fortuna dell'opera lirica nel corso dei secoli, va però detto, la si deve anche - oltre che naturalmente alla qualità della musica - anche al valore letterario dei libretti, scritti spesso da veri e propri poeti.
Table of contents |
2 Orfeo, Euridice ed altri miti 3 Il "Recitar cantando" 4 La Camerata de' Bardi e le "Nuove musiche" 5 Link |
Le origini
La prima azione teatrale eseguita in pubblico della quale sono arrivate tracce complete fino ai nostri giorni fu l'Euridice composta da Jacopo Peri sul testo dell'egloga pastorale omonima di Ottavio Rinuccini. La triste storia d'amore fra Orfeo ed Euridice (argomento peraltro ritenuto da molti poco adatto alla circostanza) fu rappresentata nell'anno 1600, a Firenze, in occasione dei festeggiamenti per le nozze di Maria de' Medici con il re di Francia Enrico IV.
Assistettero alla rappresentazione duecento invitati, molti dei quali, al termine, non mancarono - secondo le cronache dell'epoca - di manifestare una certa delusione. Tuttavia quella data era destinata a restare nella storia della musica.
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Orfeo ed Euridice | |
In termini strettamentente temporali, per quanto riguarda la pubblicazione di un'opera, l'Euridice di Peri fu preceduta - sul filo di lana - da un'altra composizione: ovvero la versione alternativa, pubblicata ai primi del Seicento, composta da Giulio Caccini sempre sul testo del poema scritto da Rinuccini. Caccini era il grande rivale di Peri alla corte fiorentina e parte delle sue musiche erano state utilizzate anche nella rappresentazione del 1600.
Già un paio di anni prima - nel 1598, Peri aveva messo in musica assieme a Jacopo Corsi uno dei prodromi del melodramma, la Dafne, tratta da uno scritto di Rinuccini: la musica di questo lavoro é andata però quasi del tutto perduta. Lo stesso libretto sarà musicato anche dal compositore tedesco Heinrich Schütz, ed anche in questo caso la partitura, andata perduta, non sarà mai più recuperata. Va detto a margine che il tema di "Dafne" sarà ripreso in tempi moderni da Richard Strauss per una propria Daphne.
Come si può notare, al centro dei primi tentativi di musicare i drammi dall'inizio alla fine vi sono storie mitologiche o pastorali. L'antico mito di Orfeo e di Euridice, oltre che nelle circostanze sopra citate, venne ripreso presto da diversi compositori (e lo sarà ancora, in futuro). Uno su tutti, Claudio Monterverdi, che nel 1607 musicò su apposito libretto di Alessandro Striggio, per il duca di Mantova (spettatore entusiasta a Firenze dell'Euridice di Peri), un proprio "Orfeo, favola per musica in un prologo e tre atti".
Centosessant'anni dopo o giù di lì (Vienna, 1762) toccherà a Christoph Willibald Gluck musicare su libretto di Ranieri de' Calzabigi il suo Orfeo ed Euridice.
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Caravaggio |
Il suonatore di liuto (1594 ca.) |
La stagione del madrigale tradizionalmente inteso stava per esaurirsi (Monteverdi avrebbe pubblicato nel 1638 il suo ultimo libro, l'ottavo a partire dal 1587) e i tempi erano maturi perché potesse prendere forma il progetto a lungo teorizzato alla fine del Cinquecento dalla Camerata fiorentina dei Bardi: quel "Recitar cantando" di cui aveva già scritto nel 1528 Baldassarre Castiglione: "... parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare; il che tanto di venustà ed efficacia aggiunge alle parole ...". In effetti, anche se il germe veniva da lontano, fu solo nel 1573 che un gruppo di nobili ed intellettuali fiorentini prese a riunirsi con assiduità per approfondire il rapporto tra poesia e musica.
La Camerata de' Bardi e le "Nuove musiche"
Più precisamente, scopo di quella che veniva chiamata Camerata_de'_Bardi (dal nome del conte Giovanni de' Bardi) era quello di ricostituire l' "habitat" naturale delle antiche tragedie greche. Il contenuto di queste assemblee é ben riassunto nel "Dialogo della musica antica e moderna" scritto da Vincenzo Galilei, il quale dà prova pratica di tali principi musicando il canto dantesco riguardante il conte Ugolino.
La teoria emergente voleva che si tenesse conto della semplicità della musica popolare per imitare i modelli naturali del discorso, osservando cioé come le persone parlavano a seconda dei differenti stati emotivi (appunto il recitar cantando). Occorreva perciò abbandonare le antiche formule dei complessi contrappunti per riscoprire la funzione puramente affettiva della musica, giungendovi con uno stile monodico semplice e lineare. Tali teorizzazioni saranno riprese nel 1602 da Giulio Caccini ne Le nuove musiche, ritenuto il vero e proprio manifesto della Camerata.