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Parmenide


Testa di Parmenide

"... Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l’una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità), l’altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo. ... Infatti lo stesso è pensare ed essere"
- (Parmenide, da "Il poema sulla natura", o "Della natura")

Parmenide di Elea (V secolo AC), filosofo presocratico dell'antica Grecia e maggiore esponente della scuola eleatica; la sua opera più conosciuta è il poema in esametri intitolato Poema sulla natura 1, menzionato da Simplicio in Del Cielo (De cÅ“lo 556, 25) e in seguito convenzionalmente conosciuto sotto il titolo Della natura. Di tale poema sono giunti ad oggi diciannove frammenti, alcuni dei quali allo stato di puro stralcio.

Nel Poema sulla natura Parmenide sostiene che la credenza nella realtà del mondo fisico, nella molteplicità e nel cambiamento è illusoria e affermò, contrariamente al senso comune, la realtà dell'Essere: immutabile, ingenerato e indistruttibile. Uno dei migliori commenti al libro di Parmenide si trova nella "Storia della filosofia" di Hegel.

La narrazione si snoda intorno al percorso intellettuale del filosofo che racconta di sentirsi condotto per mano da una splendida donna al "cuore inconcusso della ben rotonda verità". Fuori dell'allegoria la splendida donna rappresenterà d'ora in poi la filosofia, termine coniato da Parmenide per indicare il tendere ("filein") ad ogni conoscenza ("sofia'), ovvero la naturale tensione all'essere (che ogni conoscenza racchiude) da parte del pensiero, secondo un'identità dinamica di pensiero ed essere che non è data staticamente dall'inizio, ma viene concquistata dopo un faticoso percorso di ricerca della verità.

Fuori di questo essere non può esistere nulla, perché sarebbe non-essere, ma il non-essere non è. Con questi pochi passaggi Parmenide liquidava il mondo e la vita come mere illusioni (che appaiono e che in realtà non sono), negava il divenire e il molteplice non con cinismo, ma iniziando un dramma umano in cui la ragione come valore greco e metodo dei filosofi, si scontrava con il profondo senso greco del divenire.

Stupiva i contemporanei un ragionamento che scaturiva dalla diversità essere/non-essere e da un'immediata conseguenza del principio di non-contradditorietà dell'essere e del pensiero, teorizzato da Aristotele come evidenza prima e indimostrabile alla ragione senza la quale diverebbe impossibile qualsiasi conoscenza necessarioa-filosofica, restando solo il mondo dell'opinione.

Il tema verrà ripreso e risolto da Platone che nel proporre la diversità come non-essere in senso relativo, troverà un fondamento razionale al tempo e al molteplice.

(Vedi: Portale Filosofia | Progetto Filosofia)


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