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Romolo e Remo


Romolo e Remo sono, nella tradizione mitologica, coloro i quali gettarono le basi - tracciando un solco per indicare il punto in cui sarebbero sorte le mura - per la nascita della cittĂ  di Roma, la cui data di fondazione č indicata storicamente al 21 aprile 753 AC (detto anche Natale di Roma).

Secondo la legge, Romolo e Remo - discendenti da Enea e da Venere - nacquero da Marte e dalla vestale Rea Silvia, figlia di Numitore, re di Albalonga. Quando Numitore venne detronizzato dal fratello Amulio, Rea Silvia fu costretta ad abbandonare i figli, ponendoli in una cesta affidata alle acque del Tevere. I gemelli sarebbero in seguito stati raccolti da una lupa che li allattò fino a quando non vennero trovati ed allevati dal pastore Fàustolo e da sua moglie Laurenzia (o Larenzia). Diventati adulti Romolo e Remo scacciarono Amulio riportando il nonno Numitore sul trono di Albalonga.

Allevati da una lupa

Per ricostruire la vicenda di Romolo e Remo occorre fare qualche passo indietro e, oltre a far ricorso alla storia di Enea e del popolo latino, guardare alla leggenda - ricca di particolari - che narra come, vicino alle rive del Tevere, in una povera capanna, vivessero appunto il vecchio pastore FĂ ustolo e la moglie Laurenzia, coloro che diventeranno, in un certo senso, i genitori putativi di Romolo e Remo.

Una sera FĂ ustolo sedeva stanco sulla porta della capanna mentre Laurenzia, preparava lo scarso cibo serale. All'improvviso, dal bosco, s'intese un fruscio, e laggiů, verso il fiume, un'ombra scura scivolò fino alla riva ... Faůstolo pensò di andare a vedere cosa fosse successo, disse alla moglie di aspettarlo e avanzò cauto verso la riva del Tevere. Per le piogge recenti, il fiume era allagato nei campi ed il terreno era cosparso di larghe pozze di acqua. In una di quelle pozze, ai piedi di un albero, FĂ ustolo vide una lupa enorme, sdraiata su un fianco e due bambini che si nutrivano del suo latte.

Nella capanna di FĂ ustolo e Laurenzia

Credendo di sognare si ritirò pian piano e tornò alla capanna dove iniziò a raccontare alla moglie incredula della lupa che allattava i due gemelli; poi la prese per un braccio e la trascinò fuori verso il fiume.

Poco dopo i due piccoli trovatelli riposavano al caldo, nella capanna di FĂ ustolo e Laurenzia, dove crebbero presto e in pochi anni diventarono due ragazzi forti, un po' selvaggi ma buoni. FĂ ustolo li aveva chiamati Romolo e Remo; ed essi lo rispettavano come un padre, ogni giorno si spingevano però sempre piů lontano dalla capanna, in cerca di nuove avventure.

La vendetta

La leggenda vuole invece che, una volta cresciuti, Romolo e Remo conobbero la loro storia, allora ritornarono ad Albalonga, punirono il crudele Amulio e liberarono il nonno Numitore. Ottenuto, poi, da lui il permesso, lasciarono Albalonga e si recarono sulla riva del Tevere, dove erano cresciuti, per fondare una nuova cittĂ .

Ma chi dei due le avrebbe dato il nome? Decisero di osservare il volo degli uccelli: avrebbe dato il nome alla città chi ne avesse visti in maggior numero. La fortuna favorì Romolo, il quale prese un aratro e, sul Colle Palatino, tracciò un solco per segnare la cinta della città, che da lui fu detta Roma.

Era il giorno 21 Aprile, 753 anni prima che nascesse Gesů Cristo.

Uno solo sopravviverĂ 

La nascita della nuova cittĂ  segnò, purtroppo, la fine della vita di Remo. Era stato stabilito che nessuno, per nessuna ragione, poteva passare al di lĂ  del solco senza il permesso del capo. Ma Remo, invidioso, oppure per burla, lo oltrepassò con un salto e, ridendo, esclamò: - Guarda com'č facile! Romolo, pieno d'ira, si scagliò contro Remo e, impugnata la spada, lo uccise, esclamando che chiunque avesse offeso il nome di Roma doveva morire.

Romolo, rimasto solo, governò la città in modo saggio, poi un giorno, durante un temporale, egli scomparve, rapito in cielo dal dio Marte.

vedi anche_

   

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