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Scuola siciliana

La scuola siciliana fu una scuola poetica che si sviluppò in Sicilia presso la corte di Federico II di Svevia. Dal 1230 ca. al 1266 (battaglia di Benevento, muore Manfredi), presso la corte palermitana di Federico II di Svevia e dei suoi figli Manfredi ed Enzo, un gruppo di poeti diede avvio alla tradizione poetica italiana in volgare. Federico II organizzò, per la prima volta nel medioevo, uno stato secolare, fortemente accentrato, insolitamente incline alla tolleranza religiosa ed aperto a tutte le esperienze culturali. Il sovrano, uomo di cultura eclettica, poeta e prosatore (De arte venandi cum avibus) amò circondarsi di studiosi occidentali ed arabi. La corte di Federico fu il punto di riferimento letterario e culturale in cui si incontrarono tradizioni assai diverse: quella araba (filosofica, letteraria, scientifica), quella bizantina, quella latina, l'eredità dei Minnesänger [Minnesang: Lirica cortese del XII - XIV secolo prodotta da poeti e musici di area germanica, detti Minnesänger. trattavano d’amore (Minne = "pensiero d'amore" singen = "cantare"), e di temi politici e religiosi, i trovatori provenzali. I Minnesänger, generalmente appartenevano all’aristocrazia.] e quella normanna in lingua d'oïl, soprattutto tramite la diffusione dei poemi cavallereschi del XII secolo. I molteplici stimoli culturali furono raccolti da un gruppo di intellettuali. Importante fu l'esperienza dei poeti provenzali (Trovatori), che ispirarono un gruppo di intellettuali di varia provenienza (non tutti erano siciliani), funzionari di corte, giuristi, notai, i quali adattarono i modelli e le tematiche della lirica provenzale al volgare illustre di Sicilia, eliminando i riferimenti alla cronaca cortigiana e cercando un'espressione più astratta e teorica. La dimensione aristocratica di questa esperienza (che nobilitava la corte, la "Magna Curia") è ravvisabile proprio nella scelta linguistica, il siciliano illustre, una lingua lontana dal parlato, su un livello retoricamente alto ("tragico"), modellata sul provenzale e sul latino cancelleresco. Il rapporto amoroso, presentato da un punto di vista "feudale", in cui la dama è il signore e l'amante il vassallo, è focalizzato sulla donna, anche se gli effetti dell'amore riguardano l'amante, sul quale è studiata la fenomenologia dell'amore. L'amore è fortemente concettualizzato e le sue manifestazioni sono stereotipe e convenzionali, la donna resta, per convenzione, irraggiungibile. I maggiori poeti della scuola siciliana furono Jacopo da Lentini (ideatore, forse, del sonetto), Stefano Protonotaro, Pier della Vigna e gli stessi sovrani. I pochi componimenti rimasti sono stati trasmessi in volgare toscano (eccetto una canzone di Stefano Protonotaro), infatti poeti provenienti a varie parti della penisola frequentarono la corte sveva e mediarono i modi e le liriche dei poeti della scuola siciliana, servendosi del proprio volgare. La lirica d’arte dei siciliani fu lo svago intellettuale di un’élite aristocratica che considerò un passatempo elegante il poetare con sapiente virtuosismo sui temi ormai cristallizzati della poesia cortese.

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