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Terenzio

Terenzio Afro (195 AC - 159 AC).

Terenzio, originario di Cartagine, nato nel 195 AC circa, forse giunse a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano, qualche anno dopo la seconda guerra punica. Scipione Emiliano e Lelio furono sicuramente suoi protettori e Terenzio nelle sue commedie accenna al sostegno ricevuto da tali amici (Heautontimorumenos, Adelphoe). Su questi rapporti corsero voci ostili di vario tipo, nel clima della rovente polemica, sia letteraria, sia politica, che caratterizzava quegli anni. Terenzio morì forse nel 159 AC, durante un viaggio di studio in Grecia.

La cronologia delle opere, frutto del lavoro filologico e delle ricerche erudite dei grammatici antichi, è attestata con precisione nelle didascalie anteposte, nei manoscritti, alle singole commedie. Si tratta di sei commedie, integralmente tramandate: Andria, rappresentata con medio successo nel 166 AC, Hecyra (La suocera), rappresentata nel 165 AC con totale insuccesso, poi riproposta nel 160 AC senza successo insieme agli Adelphoe, infine rapresentata con successo, al terzo tentativo, nel 160 AC, Heautontimorùmenos (il punitore di se stesso), rappresentata con buon esito nel 163 AC, Eunuchus nel 161 AC, fu il maggior successo di pubblico e "commerciale" di Terenzio, Phormio, rappresentata, con successo nel 161 AC, Adelphoe (I fratelli) nel 160 AC. I modelli greci utilizzati da Terenzio e dichiarati nei prologhi, appartengono alla Commedia Nuova attica e, soprattutto, a Menandro.

Terenzio appartiene all'età degli Scipioni, il suo debutto teatrale avvenne due anni dopo la battaglia di Pidna (168 AC) che, con la definitiva vittoria sui Macedoni, portò la cultura romana a più stretti rapporti con la cultura greca. In seguito alla vittoria, furono portati a Roma mille ostaggi Achei, tra cui intellettuali come lo storico Polibio, che nella sua opera, per la prima volta da parte greca, sviluppò una riflessione sulle cause del successo di Roma. L'appropriazione del mondo greco apportò modificazioni nel gusto e nella mentalità, l'aumento dei consumi di lusso e stimolò l'interesse per nuovi modelli culturali, artistici e ideologici.

La casata degli Scipioni, diventò il centro di rielaborazione della cultura grecizzante, non più passivamente importata, bensì mediata, reinterpretata e ricondotta alla più alta dignità teorica. È perciò significativa la presenza presso gli Scipioni del grande filosofo stoico Panezio di Rodi, come dello stesso Polibio, mentre si diffondendeva l'insegnamento di un nuovo tipo di eloquenza e di dottrina retorica. Il nuovo indirizzo portò, con Terenzio ad innovazioni anche nella poesia scenica. Il genere comico con Plauto era stato di intrattenimento popolare. Plauto, nonostante la sua arte raffinata, divertiva ed appassionava anche chi non era per nulla sensibile alle problematiche culturali degli originali menandrei, infatti, sul piano dei contenuti, il teatro plautino non sottopone il suo pubblico a sforzi d'approfondimento e di meditazione e le trame offrono al pubblico un convenzionale canovaccio di riferimento, senza approfondire la psicologia dei personaggi in azione.

Terenzio accetta l'inquadramento convenzionale e ripetitivo delle trame, senza alcun tentativo di originalità, bensì focalizza il proprio interesse sui contenuti psicologici messi in gioco dagli intrecci della commedia. Terenzio intese usare un genere fondamentalmente popolare, per comunicare sensibilità e interessi nuovi, maturati nel campo ristretto di una élite sociale e culturale insieme. Le gravi difficoltà incontrate da Terenzio ed il suo problematico rapporto con il pubblico e con alcuni colleghi teatranti, sono riconducibili a questa tensione innovativa. L' hecyra (La suocera), ebbe sorte esemplarmente infelice (165 AC insuccesso – 160 AC insuccesso poi successo). Le vicende delle commedie terenziane sono sintomatiche del declino del teatro popolare latino e del progressivo divaricarsi dei gusti del pubblico di massa e della élite colta, nutrita di raffinata cultura greca. Il teatro di Terenzio mette in scena gli ideali di rinnovamento culturale dell'aristocrazia scipionica. All'autore interessa, soprattutto, l'approfondimento psicologico dei personaggi e, per questo, egli rinuncia all'esuberanza comico-fantastica che tanto aveva contribuito al successo del teatro plautino.

Table of contents
1 Trama delle commedie
2 Gli intrecci
3 Stile e lingua
4 I prologhi di Terenzio

Trama delle commedie

Gli intrecci

Gli intrecci terenziani sono quelli consueti della Commedia Nuova e della palliata (commedia di ambiente greco). Nella sostanziale fedeltà ai canovacci tradizionali, la scelta profondamente innovativa di Terenzio è l'approfondimento della psicologia del personaggio. Spesso, però, Terenzio, più che alla rappresentazione psicologica dell'individuo. è interessato a quella del tipo, ma anche se tipizzati e non dotati di forte personalità individuale, i personaggi terenziani sono spesso anticonvenzionali e largamente innovativi rispetto alle aspettative del pubblico. L'approfondimento psicologico comportò una notevole riduzione della comicità, fatto che contribuì allo scarso successo di Terenzio.

A Terenzio interessa la socialità dell'uomo, l' humanitas, gli intrecci restano quelli tradizionali, ma Terenzio vi innesta l’approfondimento psicologico e un’indagine dei rapporti interpersonali, dei caratteri e dei problemi della borghesia. Anche nelle commedie di Terenzio interviene la sorte per risolvere situazioni complesse, ma la risoluzione e l'accettazione di determinati fatti è già preparata dall'evoluzione psicologica dei personaggi, che sono dinamici, imparano, maturano, cambiano. In tale ottica, si verifica a volte uno sdoppiamento del personaggio e della situazione in una specularità che serve ad affinare l'indagine (adelphoe).

Stile e lingua

Lo stile espressivo di Terenzio suggerisce l'impressione di una piatta uniformità, soprattutto a confronto con l'indiavolata officina verbale di Plauto. Un'analisi rigorosa dello stile rivela molto sulla poetica e sulle intenzioni dl Terenzio.

In sei commedie, tutte incentrate su intrighi d'amore, la parola "bacio" compare solamente due volte. In Terenzio gli innamorati non si baciano e si parla poco, in genere, di corpi, di mangiare, di bere e di sesso. I personaggi non usano scambiarsi crude parole d'insulto né quelle della lingua quotidiana, né quelle reinventate dalla creatività del poeta, come invece accade in Plauto. I personaggi "bassi" della palliata, lo schiavo, l'etèra, il parassita sono presenti, ma non portano sulla scena la loro peculiare carica linguistica. Considerando il linguaggio di Terenzio alla luce di quello di Plauto, sembra che la materia linguistica sia stata selezionata e censurata, mentre acquistano spazio le parole astratte, che rendono possibile e interessante l'analisi psicologica.

Lo stile medio e pacato di Terenzio è più quotidiano di quello plautino. I personaggi non si abbandonano a tirate imprevedibili, dense d'immagini e di giochi ritmico-verbali, dove si mescolano parodie letterarie, doppi sensi, metafore e allusioni d'ogni tipo. L'impressione è quella di una "conversazione quotidiana". L'elemento che contraddistingue Terenzio nell'ambito della commedia latina e del teatro latino in genere, è la sua costante preoccupazione per il verosimile, concetto di grande importanza nella letteratura e nell'estetica greca d'età ellenistica. Terenzio, però, per essere verosimile, non riproduce realisticamente la parlata quotidiana dell'epoca, bensì, si adegua ad una lingua realmente parlata, ma che è quella parlata dalle classi urbane di buona educazione. La restrizione e selezione del lessico ha il suo corrispettivo nella forte riduzione della varietà metrica rispetto a Plauto, sono scarse le parti propriamente liriche, mentre molto contenuta è l’estensione dei cantica (parti cantate o declamate con accompagnamento musicale) in rapporto alle parti recitative.

I prologhi di Terenzio

Terenzio è profondamente consapevole degli aspetti tecnici del proprio lavoro e nella sua opera l'interesse per i contenuti morali e culturali non va a scapito della tecnica drammaturgica. Plauto non era particolarmente vicino alla poetica di Menandro, infatti, la verosimiglianza, cardine della poetica menandrea, non era per Plauto un valore assoluto. Nella palliata plautina il gioco scenico diventa facilmente metateatro, mentre Terenzio cura molto di più la coerenza e l'illusione scenica. Lo sviluppo dell’azione non prevede mai sviluppi metateatrali e, quindi, sono rigorosamente eliminate le battute dei personaggi che si rivolgono liberamente al pubblico interrompendo l'illusione scenica e rivelando, come un commento esterno all'azione, qual è il meccanismo drammatico che regola e costruisce l'invenzione comica.

I momenti di riflessione sono tutti concentrati nello spazio del prologo. L'importanza attribuita al prologo è la principale innovazione tecnica di Terenzio rispetto alla tradizione plautina. Nella tradizione risalente alla Commedia Nuova, il prologo era, generalmente, concepito come uno spazio espositivo d'informazione, preliminare alla comprensione della trama, il quale forniva gli antefatti dell'azione ed accennava allo sviluppo ed allo scioglimento della vicenda, rendendo il pubblico più attento all'azione e più predisposto a recepire l'ironia delle situazioni sceniche. Terenzio rinuncia alla funzione informativa dei prologhi e li usa sia per chiarire il rapporto con i modelli, sia per rispondere alle critiche dei suoi avversari su questioni di poetica.

Tale tipo di prologo presuppone un pubblico colto, attento ai problemi di gusto e di tecnica, ristretto e selezionato. Nel prologo dell'Andria, Terenzio ribatte all'accusa di contaminare, ossia di intervenire sui modelli greci, creando delle mescolanze di modelli differenti per creare un unico testo. Nel prologo dello Heautontimorumenos, Terenzio contrappone un tipo di commedia statica ad una commedia con azione assai movimentata, rifiutando la farsa popolare di tipo plautino. Terenzio persegue un ideale di arte più riflessiva e più verosimile, che basa l'azione drammatica sul dialogo, non sul movimento scenico e sul clamore. Le affermazioni programmatiche di Terenzio sull'uso dei modelli greci (adattamenti, contaminazioni) sono difficili da verificare perché degli originali da lui citati nei prologhi come fonte, sono pervenuti solo scarsi frammenti, ma si evince che Terenzio si attiene piuttosto fedelmente agli intrecci menandrei, però approfondendo gli aspetti che più lo interessano: i caratteri e i problemi di un'umanità borghese.

I difetti spesso rimproverati all'arte di Terenzio, come la scarsa vis comica, dipendono da una scelta consapevole del poeta, infatti, Terenzio sacrifica la ricchezza dell'inventiva verbale e delle trovate comiche per approfondire il carattere dei personaggi. Nell' Heautontimorumenos si trova la celebre battuta "homo sum: humani nihil a me alienum puto" che è diventata l'emblema dell'ideale classico della Humanitas. In Terenzio i rapporti umani sono avvertiti con serietà problematica. Tale approfondimento è una sincera adesione al modello di Menandro ed agli ideali "umanistici" di origine greca presenti nella cerchia più colta ed evoluta della Roma dell'età scipionica. Anche se non tutte le commedie ebbero successo, Terenzio ebbe sempre il favore dei critici più colti e sensibili, che apprezzarono soprattutto la purezza della sua lingua (la lingua urbana dei ceti colti) e la raffinatezza del suo stile. La moderazione dei sentimenti ed i valori etici furono apprezzati dai cristiani che, per la purezza della lingua, fecero di Terenzio un modello di stile ed introdussero ben presto le commedie terenziane nella scuola. Il Rinascimento rinnovò Terenzio con traduzioni e adattamenti poetici e Molière fu ammiratore e imitatore di Terenzio, anche, per quanto possibile, in rapporto alla letteratura teatrale greca che gli servì da ispirazione.

Vedi anche: Paragone Terenzio-Plauto


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