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Plauto

Plauto (255 AC–184 AC).

Il nome completo del poeta è incerto, Plautus è la forma romanizzata del cognome umbro Plotus. Il nome completo Marcus Accius (scritto anche Attius) Plautus è improbabile poiché i tria nomina (prenome, gentilizio e cognome) si usavano solo per chi aveva la cittadinanza romana e non risulta che Plauto l'abbia mai avuta. Un antichissimo codice di Plauto (il Palinsesto Ambrosiano, rinvenuto ai primi dell'800 dal cardinale Angelo Mai) riporta una più attendibile versione del nome Titus Maccius Plautus. Il nome Maccius non è un vero nome gentilizio, bensì una derivazione da Maccus, nome di un personaggio tipico della farsa popolare italica, l'atellana, è verosimile che il poeta teatrale umbro Titus Plotus, o Plautus', si fosse dato, a Roma, un soprannome che alludeva al mondo della commedia ed al suo mestiere di "commediante".

Il commediografo era nato a Sàrsina, cittadina appenninica dell'Umbria (oggi in Romagna). Plauto dunque, come quasi tutti i letterati latini di età repubblicana, non era di origine romana, non apparteneva però, diversamente da Livio Andronico ed Ennio, a un'area culturale completamente grecizzata. Inoltre Plauto era con certezza un cittadino libero, non uno schiavo o un liberto. Plauto fu attivo in un periodo compreso fra la seconda guerra punica (218 AC-201 AC) ed il 184 AC, anno in cui morì.

Table of contents
1 Opere
2 Intrecci e personaggi
3 Trame
4 I modelli greci
5 La poetica di Plauto: il lirismo comico
6 Gli intrecci
7 Fortuna del teatro plautino
8 Riepilogo

Opere

Plauto riscosse un enorme successo, immediato e postumo e fu autore di grande prolificità, inoltre, la sua popolarità fece sì che circolassero, col suo nome, svariate opere spurie. Nel corso del II secolo AC circolavano centotrenta commedie sotto il nome di Plauto, la cui autenticità era già allora discussa. Verso la metà del II secolo, in un periodo che ancora aveva dirette e buone informazioni, cominciò l’edizione delle opere di Plauto, le commedie furono dotate di didascalie, di sigle dei personaggi ed i versi scenici furono impaginati da competenti, in modo che ne fosse riconoscibile la natura. Varrone (116 AC–27 AC), nel De comoediis Plautinis, individuò ventuno commedie sicuramente autentiche: Amphitruo; Asinaria (Commedia degli asini); Aulularia (Commedia della pentola); Captivi (I prigionieri); Curculio; Càsina; Cistellaria (Commedia della cassetta); Epidicus; Bàcchides; Mostellaria (Commedia del fantasma); Menaechmi; Miles gloriosus (il soldato fanfarone); Mercator (il mercante); Psèudolus; Poenulus (L'uomo di Cartagine); Persa (il Persiano); Rudens (La gomena); Stichus; Trinummus (Le tre monete); Truculentus; Vidularia (Commedia del bauletto). (la Vidularia, trascritta per ultima nei codici, fu esposta a danneggiamenti nel corso della trasmissione manoscritta e ne sono pervenuti solo dei frammenti). Molte altre commedie, fra le quali alcune che Varrone stesso riteneva plautine, ma che non aggregò al gruppo delle "ventuno" perché il giudizio era incerto, continuarono a essere rappresentate e lette in Roma antica. Restano solo i titoli e brevissimi frammenti.

Intrecci e personaggi

Le commedie di Plauto sono palliate, cioè commedie di ambiente greco, sono però tali solo in apparenza, in quanto vi compaiono situazioni tipicamente romane. Plauto utilizza i tipi psicologici cristallizzati delle maschere (Terenzio (195 AC–159 AC) privilegia l'approfondimento psicologico) e privilegia la situazione scenica ed il gioco verbale, la comicità nasce dalle singole situazioni, prese a sé, una dopo l'altra, e dalla creatività verbale che ogni nuova situazione sa sprigionare. Mentre Plauto difende i valori della romanità e rappresenta la cultura tradizionale del mos maiorum, avversa alla ellenizzazione dei costumi, il gusto ellenizzante di Terenzio riproduce la voce della borghesia. Le commedie di Plauto non sono divise in atti e sono composte di parti recitate, prive di accompagnamento musicale, di parti recitative, quindi provviste di accompagnamento musicale, e di parti cantate.

Trame

  • Amphitruo - Giove arriva a Tebe per conquistare la bella Alcmena. Il dio impersona Anfitrione, signore della città e marito della dama; aiutato dall'astuto Mercurio, Giove approfitta dell'assenza di Anfitrione, che è in guerra, per entrare nel letto della moglie ignara. Mercurio intanto impersona Sosia, il servo di Anfitrione. Ma improvvisamente tornano a casa i due personaggi "doppiati": dopo una brillante serie di equivoci, Anfitrione si placa, onorato di aver avuto per rivale un dio. Dall’unione di Giove ed Alcmena nascerà Ercole.
N.B.- La commedia occupa un posto particolare nel teatro di Plauto, perché è l'unica a soggetto mitologico.
  • Asinaria - Macchinazioni di un giovane per riscattare una cortigiana da lui amata. L'impresa ha successo, grazie all'aiuto di furbi servitori e anche (cosa assai rara in questo tipo di intrecci) grazie alla complicità del padre dell'innamorato. Nasce poi una rivalità amorosa tra padre e figlio che si risolve, secondo logica, con il prevalere finale del giovane.
  • Aulularia - La pentola, che è piena d'oro, è stata nascosta dal vecchio Euclione, che ha un terrore ossessivo di esserne derubato. Tra molte inutili ansie dell'avaro, la pentola finisce davvero per sparire. Un giovane, innamorato della figlia di Euclione, con l'aiuto di uno schiavo, utilizza la pentola per ottenere le nozze con l'amata.
  • Bacchides - Il plurale del titolo designa due sorelle gemelle, entrambe cortigiane. L'intrigo ha uno sviluppo complesso e un ritmo indiavolato: la normale situazione di "conquista" della donna viene qui non solo raddoppiata (Si hanno due giovani innamorati, con duplice problema finanziario, ecc.) ma anche perturbata da equivoci sull'identità delle gemelle. Il modello di questa commedia era il Dis exapatòn (Il doppio inganno) di Menandro: il recente ritrovamento di parti dell'originale greco permette finalmente, almeno in un caso, un confronto diretto fra Plauto e i suoi modelli greci.
  • Captivi - Un vecchio ha perduto due figli: uno gli fu rapito ancora bambino, l'altro, Filepolemo, è stato fatto prigioniero in guerra dagli Elei. Il vecchio si procura due schiavi di guerra Elei, per tentare uno scambio: alla fine non solo ottiene indietro Filepolemo, ma scopre che uno dei prigionieri Elei in sua mano è l'altro figlio, da tempo perduto. La commedia si distingue in tutto il panorama plautino per la smorzatura dei toni comici e per gli spunti di umanità malinconica, è assente, eccezionalmente, qualsiasi intrigo a sfondo erotico. Per questo ha goduto di una sua autonoma fortuna, anche in periodi dì svalutazione della "triviale" comicità plautina.
  • Càsina - Un vecchio e suo figlio desiderano una trovatella che hanno in casa; escogitano perciò due trame parallele: ognuno vuole farla sposare ad un proprio "uomo di paglia". Il vecchio immorale (che naturalmente è sposato) viene raggirato e trova nel suo letto un maschio invece che l'agognata Casina. si scopre infine che casina è una fanciulla di libera nascita e può quindi regolarmente sposare il suo giovane pretendente.
  • Cistellaria - Un giovane vorrebbe sposare una fanciulla di nascita illegittima, mentre il padre gliene destina un'altra, di legittimi natali. Il caso vanifica poi ogni ostacolo, rivelando la vera e regolare identità della fanciulla desiderata, e permettendo giuste nozze.
  • Curculio - (Il gorgoglione è un vorace insetto, parassita del grano, nome calzante per un parassita). Curculio è parassita di un giovane innamorato di una cortigiana; per aiutarlo inscena un raggiro a spese sia del lenone che detiene la ragazza, sia di un soldato sbruffone che ha già messo in atto l'acquisto della medesima. Alla fine si scopre che la cortigiana è, in realtà, di nascita libera, e può quindi sposare il giovanotto. Il lenone ci rimette i soldi, mentre il soldato non ha lagnanze: la ragazza, si è scoperto, è addirittura sua sorella.
  • Epìdicus - Una classica "commedia del servo". L'incalzante serie di macchinazioni attuata dal servo Epidico è messa in moto da un giovane padrone assai inquieto: egli si innamora successivamente di due differenti ragazze, quindi con duplice richiesta di denaro, duplice "stangata" al vecchio padre, e comprensibili difficoltà. Quando Epidico sta ormai soffocando nelle sue reti, un riconoscimento salva la situazione: una delle due ragazze amate altri non è che la sorella dell'innamorato. Rimane disponibile l'altra, e finalmente si salda una stabile coppia di innamorati.
  • Menaechmi – E’ il fortunato prototipo di tutte le "commedie degli equivoci". Menecmo ha un fratello, in tutto identico a lui. I due non si conoscono perché separati fin dalla nascita; quando sono ormai adulti, l'uno giunge nella città dell'altro e, ignaro dell'equivoca somiglianza, scatena una terrificante confusione. La commedia è tutta nel viluppo degli scambi di persona, fino alla reciproca simultanea agnizione finale.
  • Mercator - Su uno schema assai affine alla Casina, vediamo affrontarsi in rivalità amorosa un giovane (il mercante del titolo) e il suo anziano padre. Dopo una serie di mosse e contromosse, il giovane sconfiggerà le mire del vecchio, che ha fra l'altro una moglie battagliera, e si terrà la cortigiana che ama.
  • Miles gloriosus - La commedia, considerata uno dei capolavori di Plauto, mette in scena un servo arguto e un comicissimo soldato fanfarone. Lo schema di fondo è quello abituale: un giovane si affida al servo per sottrarre a qualcuno la disponibilità della ragazza amata, ma l'esecuzione prevede un gran numero di brillanti variazioni.
  • Mostellaria - C'è un fantasma nella casa del vecchio Teopropide? Lo fa credere il diabolico servo Tranione, per coprire in qualche modo gli amorazzi del giovane padrone. L'inganno è divertente, ma non può reggere a lungo: grazie all'intercessione di un amico, la vicenda si chiude su un perdono generale al giovane libertino e al servo.
  • Persa - Ancora una beffa ai danni di un lenone, solo che questa volta l'innamorato è lui stesso un servo: non manca però un altro servo con funzione di aiutante. L'inganno, che ha successo, prevede una buffa mascherata, in cui il servo-coadiuvante impersona un improbabile Persiano.
  • Poenulus - Qui il personaggio del titolo è sul serio uno straniero, un Cartaginese: l'azione, come al solito, è in Grecia. Assistiamo alle complicate vicende di una famiglia di origine cartaginese, con riconoscimento finale e riunione degli innamorati (i quali risultano essere fra loro cugini): il tutto a spese di un lenone.
  • Pseudolus - Insieme al Miles gloriosus, è tra i culmini del teatro plautino. Lo schiavo del titolo è una miniera di inganni, il campione dei servi furbi di Plauto. Pseudolo riesce a spennare il suo avversario Ballione, un lenone di eccezionale efficacia scenica, portandogli via la ragazza amata dal padroncino e anche del denaro. La beffa è così ben riuscita che Ballione, senza sapere di aver già perso la donna, scommette una bella somma che Pseudolo non potrà mai riuscire nel suo intento.
  • Rudens - Una rudens è una gòmena, attrezzo che è naturale trovare in una commedia ambientata sulla spiaggia. In un curioso prologo, la stella Arturo preannuncia il naufragio di un cattivo soggetto, il lenone Labrace, che porta con sé, indebitamente, una fanciulla di liberi natali. Il Caso vuole che la tempesta scarichi i naufraghi su una spiaggia sulla quale si trovano sia il padre della fanciulla rapita sia il suo innamorato. Tutto si accomoda con danno del malvagio, e una cassetta (ripescata grazie alla gòmena del titolo) risulta decisiva nel riconoscimento finale.
  • Stichus - Questa trama ha sviluppo insolitamente modesto, e debole tensione. Un uomo ha due figlie, sposate con due giovani da tempo in viaggio per affari: vorrebbe spingerle al divorzio, ma l'arrivo dei mariti risolve la questione, tra prolungati festeggiamenti.
  • Trinummus - Un giovane scialacquatore, che in assenza del padre s'è quasi rovinato, viene salvato, tramite un benevolo raggiro, da un vecchio amico di suo padre. L'intreccio e la tonalità sono molto più edificanti del solito, con punte che, per una volta, fanno pensare all'umanità terenziana
  • Truculentus - Una volta tanto, una cortigiana che non è elemento passivo e posta in palio nell'azione: Fronesio è una creatrice di inganni, che sfrutta e raggira i suoi tre amanti. Lo spostamento dei ruoli tradizionali fa sì che la protagonista sia tratteggiata in modo più fosco che la media dei "cattivi" plautini. È certamente un esperimento isolato, che tenta di allargare il già lungo repertorio dei successi: non a caso viene datata al periodo più tardo.
  • Vidularia - mancano elementi sufficienti a ricostruire la trama.

Peculiare è la fortissima prevedibilità degli intrecci e dei "tipi umani" raffigurati dai personaggi. Plauto cerca tale prevedibilità, infatti non ha particolare interesse per l'etica o la psicologia e mira a divertire il pubblico, pertanto, tende ad usare dei prologhi espositivi che forniscono informazioni essenziali allo sviluppo della trama, a spese di qualsiasi sorpresa o colpo di scena. Il prologo e molte battute dei personaggi sono decisamente metateatrali, e tendono a favorire la comprensione della trama.

In tale ottica i personaggi sono indicati non con i rispettivi nomi propri, bensì come tipi (il vecchio, l’innamorato etc.). L'uso di personaggi tipici è una risorsa assai frequente nella drammaturgia, altrettanto caratteristica in Plauto è la prevedibilità degli intrecci. Tutte le commedie che si possono ridurre a una lotta fra due antagonisti per il possesso di un "bene": generalmente una donna e/o una somma di denaro necessaria per accaparrarsela, più raramente del denaro. È norma che vincitore sia il giovane, e che il perdente abbia in sé le giustificazioni del suo essere perdente (è un vecchio, un uomo sposato, un lenone, un ricco trafficante di schiave), così, la vittoria finale di una parte sull'altra trova piena rispondenza nei codici culturali che il pubblico già possiede, soddisfacendone le aspettative legittime.

Adottando questo semplicissimo schema generativo, che deriva dalle convenzioni della Commedia Nuova, Plauto è libero di focalizzare l’interesse su certe particolari forme dell'intreccio (che, di quello schema, sono variazioni) La forma di gran lunga preferita e senza dubbio la più divertente, è la "commedia del servo": la conquista del "bene" è affidata dal giovane (colui che desidera la posta in palio) ad un servo ingegnoso. Progressivamente, però, i servi plautini crescono di statura intellettuale e di libertà fantastica, creano inganni e persino li teorizzano. Nelle opere più mature al centro dell'azione è un artista della frode, il quale, sotto gli occhi di tutti, sceneggia la vicenda.

La coppia "giovane desiderante-servo raggiratore" è una delle più sfruttate costanti tematiche del teatro di Plauto. Le numerose varianti occasionali, toccano solo alcune qualifiche esterne, non la sostanza dell'intreccio e lo schema continua a funzionare ottimamente. Ben definita è anche la scansione temporale, che prevede tre fasi distinte: il servo medita l'inganno, agisce, e alla fine trionfa. Una forza onnipresente è la Sorte (la Tyche del teatro ellenistico). La presenza della Sorte ha un valore stabilizzante, infatti servo ha bisogno di un alleato ed anche di un antagonista, inoltre la trama comica ha spesso bisogno di uno scatto irrazionale ed imprevedibile, ma non è solo questo il valore della Sorte nel sistema del teatro plautino, infatti, accanto ed insieme alla "commedia del servo", Plauto predilige le commedie che ruotano su un’agnizione, un'identità prima nascosta, o mentita, o casualmente perduta e poi, fortunosamente, rivelata a tutti.

In molte di queste commedie c'è uno schiavo furbo all’opera: un’attività immorale, magari, ma svolta a fini accettabili e destinata ad avere successo. Lo schiavo maschera, confonde, falsifica una realtà preesistente, ma il contrasto fra messinscena e realtà non può durare per sempre, e qui entra in gioco la Sorte, grazie alla quale si scopre che esiste una realtà "più autentica" della realtà "iniziale", quella su cui, poco moralmente, lo schiavo operava i suoi trucchi. La realtà iniziale, dopotutto, non era molto più vera e stabile delle frodi del servo. "Commedie della sorte" e "commedie del servo" in tal modo si saldano in una visione del mondo che ha inesauribili potenziali di comicità.

I modelli greci

La maestria ritmica, i numeri innumeri di Plauto ("gl'infiniti metri", secondo una definizione che Varrone e Gellio fanno risalire a Plauto medesimo), sono parte integrante della sua arte. È questo un aspetto in cui Plauto si distacca nettamente dai suoi modelli greci e la predilezione di Plauto per le forme "cantate", estranee alla struttura del modello teatrale menandreo, è uno dei principali fattori che regolano la ricreazione in latino dei modelli greci. "Riscrivere" il contenuto di una scena passando dal codice piano e prosaico dei trimetri greci alle fantasiose armonie dei cantica è già un'operazione di elevata autonomia artistica.

La poetica di Plauto: il lirismo comico

Plauto trasforma i suoi modelli secondo tendenze e preferenze costanti, tende a trascurare la severa coerenza dell'azione drammatica e le sottili sfumature nel carattere dei personaggi e costruisce un altro teatro. La mancanza di continuità e di coerenza drammatica, la dispersività dell'azione, la schematicità della psicologia, la convenzionalità dei sentimenti, più che difetti sono rinunce ad alcuni pregi dei modelli greci per spostare l'accento su altri interessi. La costruzione dei personaggi offre una chiave in questo senso. Fra tutti i personaggi della Commedia Nuova Plauto predilige il servo, ribaldo, amorale, creatore di inganni e risolutore di situazioni, Questa figura tipica della commedia ha in Plauto uno sviluppo eccezionale. È quasi sempre lo schiavo furbo a gestire lo svolgimento dell'intreccio è lui il solo che, stando sulla scena, può controllare, influenzare, commentare con ironia e lucidità l’evolversi degli avvenimenti. Il servo, d'altra parte, è una "figura tipica", non troppo individualizzata sul piano psicologico. Entra nell'azione, in genere, come creatore di inganni e quindi come fonte del comico. La posizione del servo astuto, che regge le fila dell'intreccio, ne fa spesso quasi un equivalente del poeta drammatico, come se Plauto trovasse in questa figura un modo per fare del metateatro. Il servo è il personaggio che, più di ogni altro, gioca con le parole: crea immagini, metafore, doppi sensi, allusioni ed è quindi il portavoce della creatività verbale di Plauto stesso. Il servo, pur essendo il personaggio socialmente più debole, sulla scena è la figura centrale. In Plauto, taluni personaggi che nella Commedia Nuova o in Terenzio, godono di una certa rispettabilità, sono spesso attratti nella sfera di comicità tipica dello schiavo: vecchi e giovani padroni sono "giocati" dal servo, ma giocano anche con se stessi, esattamente come è tipico del servo briccone. Nei suoi momenti migliori, Plauto utilizza gli intrecci dei suoi modelli come materia, disponibile a significati nuovi e imprevedibili. Certi personaggi svolgono il ruolo previsto per essi dal canovaccio originale del modello greco, ma, mentre interpretano il ruolo previsto, a tratti, sono ironici e autoironici.

Il miracolo di Plauto sta nell'equilibrio con cui questo gioco, che potrebbe dissolvere l'azione drammatica, o renderla intellettualistica, viene sviluppato senza nette fratture. In realtà l'innamorato, o il vecchio signore, o il lenone, sono se stessi, ma possono anche partecipare della natura imprevedibile e ludica del servo, il personaggio-chiave del comico plautino. L’originale comicità di Plauto è nel contatto fra la materia dell'intreccio, ripresa dai Greci ed i momenti in cui l'azione diviene libero gioco creativo, ossia lirismo comico.

Gli intrecci

Nelle strutture tipiche dell'intreccio (l'aspetto in cui Plauto è più legato alle sue fonti) quasi sempre la messa in gioco di un bene si trasforma in una fase critica, che può far vacillare importanti valori sociali e familiari (persone libere sono trattate come schiave, padri insidiano le donne desiderate dai figli, uomini sposati si comportano da libertini a spese degli scapoli). In questa fase della struttura narrativa, le commedie minacciano una sovversione di tutto ciò che il pubblico accetta come normale e naturale (è normale che i figli scapoli corteggino una donna, e che i vecchi si comportino saggiamente; è necessario che chi è libero non sia trattato da schiavo, nella società romana, è anche normale e naturale che i figli siano fortemente vincolati all'autorità del capofamiglia). Nascono dei conflitti, in cui si scontrano valori e aspettative legittime.

La commedia plautina tratta tali conflitti entro il piano comico dell'intreccio, senza mai assumere direttamente, come avverrà in Terenzio, un valore di riflessione critica e di rinnovamento della mentalità tradizionale. Lo scioglimento tipico della commedia consiste nel "rimettere a posto le cose". Il pubblico trova in questo movimento dal disordine all'ordine un particolare piacere, tanto più che l'intreccio tocca problemi reali e quotidiani, anche se il quadro sociale e materiale della commedia è ripreso dalla tradizione teatrale ateniese del IV secolo AC e contiene dettagli esotici che Plauto, consapevolmente, ripropone senza adattarli (sono convenzioni stranianti che hanno grande importanza nella letteratura di massa). Greci sono i nomi dei personaggi e dei luoghi, certe sfumature legali, certe istituzioni politiche o allusioni storiche. Tali dettagli garantiscono allo spettatore che il genere comico ha sede "altrove", nonostante occasionali e vivaci puntate anacronistiche verso la realtà romana. Nessuna pretesa educativa e moraleggiante guida le vicende. Che tale non fosse l’intenzione dell’autore è dimostrato dal personaggio dello schiavo astuto che è incompatibile con la trasmissione di un serio messaggio morale o culturale. Il servo scaltro è la fonte principale del divertimento ed è anche il personaggio più suggestivo della commedia quello in cui meno è presente una connotazione realistica e credibilmente quotidiana. Lo schiavo astuto è il personaggio che marca il distacco di Plauto dalla traccia dei suoi modelli.

L'azione di questo personaggio creativo e antirealistico è caratterizzante della palliata plautina. Sotto l’indiavolato movimento della trama si avverte un difficile e sapiente senso d'equilibrio, che è la chiave dell'irripetibile successo di Plauto. La commedia plautina, orientata alla riconferma dell’ordine e della normalità sociale, non ha nulla di sovversivo e anche l'azione imprevedibile e amorale del servo ingegnoso non intende mettere in discussione i principi fondamentali della vita sociale. Il servo è per lo più colui che persegue un risultato legittimo e accettabile a tutti ma persegue il proprio scopo con mezzi illegittimi e truffaldini. Plauto non vuole proporre al suo pubblico una chiara scelta tra realismo e finzione. I suoi personaggi sono così propensi a giocare con se stessi, e a mettere in forse la verosimiglianza, da impedire al pubblico qualsiasi stabile identificazione.

Fortuna del teatro plautino

Le venti commedie, risalenti alla scelta canonica di Varrone (ventuno, in realtà, ma l'ultima, la Vidularia, era andata perduta e ricomparve solo in parte con la scoperta del Palinsesto Ambrosiano compiuta dal cardinale Mai al principio dell'Ottocento) continuarono ad essere ricopiate per tutto il Medioevo, ma la lettura diretta di Plauto rimase per tutto questo periodo un fatto eccezionale, mentre grande fortuna ebbe Terenzio.

Dante e i suoi contemporanei ignoravano i testi plautini. All'epoca di Petrarca le prime otto commedie plautine cominciarono a conoscere una buona diffusione, dal 1429 ricomparvero anche le altre dodici commedie. Cominciò così il lavorio filologico sul testo di Plauto, si cercò di ristabilire un testo sempre più attendibile e corretto, ma le opere ritrovarono anche la loro originaria destinazione scenica, sia attraverso rappresentazioni in latino, sia, sempre più, con rappresentazioni tradotte, e soprattutto attraverso adattamenti. Il teatro umanistico deve molto al teatro plautino. Tra il Cinquecento e Settecento, il teatro di Plauto contribuì allo sviluppo del teatro comico europeo: Shakespeare, Calderòn, Corneille, Molière, Ruzante, e Da Ponte (il librettista di Mozart), sono collegati dalla traccia della tradizione plautina. Anche nell'età moderna e contemporanea Plauto resta il più rappresentato di tutti i poeti scenici latini. A differenza di Terenzio, Plauto rimase per lunghissimo tempo estraneo alla tradizione dell'insegnamento. Le ragioni della scarsa fortuna scolastica sono molteplici: lingua, stile e metrica risultano troppo difficili, inoltre l'insegnamento della grammatica e dello stile latino si basava su autori come Cicerone o lo stesso Terenzio, inoltre, i temi e le trame delle commedie mal si prestavano a un insegnamento rivolto a fornire esempi di moralità e di serietà.

Riepilogo

Plauto, scrive commedie:
  1. non divise in atti.
  2. composte di parti cantate e recitate.

Il teatro plautino comprende tre distinti modi di esecuzione e di metrica:
  1. parti recitate senza accompagnamento musicale (in senari giambici)
  2. parti recitative, in cui era presente un accompagnamento musicale (in settenari trocaici)
  3. parti cantate, composte in una straordinaria varietà di metri.

Vedi anche:
Paragone Terenzio-Plauto


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