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Filosofia (advaita)

La filosofia vedantina considera la natura e tutto il fenomeno dell’universo come una sovrapposizione che vela il suo immutevole, trascendente e intelligente Substrato.

L’universo è in continuo divenire, è incostante ed impermanente, mentre l’Assoluto che è il substrato che lo sottende, non diviene, è costante e permanente. Secondo la sapienza upanishadica, l’errore di considerare reale ciò che è solo una sovrapposizione al Reale è simile allo scambiare la corda per il serpente, è l’illusione (Maya) determinata dall’ignoranza metafisica (avidya) da cui deriva il dolore dell’essere umano.

Nella Tradizione Vedanta, questa illusoria percezione del divenire è attribuita all’identificazione con le forme manifeste che rende inconsapevoli e separati dal Reale e dalla sua serena immutabile stabilità.

Tale identificazione, producendo l’illusione del mondo relativo, rende l’essere umano come il prigioniero della caverna del mito platonico, lontano dalla luce e immerso nelle ombre mutevoli ed ottenebranti di una pseudo realtà, separato dal suo Principio. Obiettivo del Vedanta è la disidentificazione dal relativo e la realizzazione dell’Assoluto. Questa Realtà sottesa ad ogni aspetto del ´mondo delle forme è, a livello microcosmico, l’Atman o Sé individuale

Dalla Coscienza Assoluta deriva sia il principio divino che la creazione. Brahman nirguna (senza attributi) è la radice metafisica del Brahman Saguna (con attributi), come lo Zero lo è dell’Uno. Quel Supremo Principio è inclusivo di tutti gli attributi degli esseri e persino di quelli di Dio.

Dal nucleo della vita indifferenziata origina l’Uno ed il molteplice, il creatore e l’esistenza differenziata. In altre parole, il principio divino, i mondi celesti ed umani che comprendono l’universo, esistono sulla base di tale Assoluto onnipervadente che li contiene.

Nella gerarchia dell’Esistenza, l’Assoluto precede l’universalità del Divino. Nello Spirito Supremo, Uno ed indivisibile, sono impliciti come propri riflessi il Padre e la Madre dell’Universo, l’energia vitale che alimenta le forme e le forme stesse. Questa è la spiegazione filosofica e metafi-sica del mistero dell’esistenza e da misura della non-dualità della vita e dell’inscindibilità di tutte le sue dimensioni. In questa cosmogonia sacra, lo Spirito Assoluto, Dio, l’universo, il Sé dell’essere umano appaiono come un continuum, come parti di un sistema unitario dove ogni aspetto non può essere scisso o compreso senza l’altro.

Da un punto di vista macroscopico abbiamo una triade: Virat rappresenta la totalità degli esseri animati oggettivi, compreso il corpo umano. Hiranyagarbha, la totalità delle anime manifestate, comprende il mentale cosmico. Isvara è il Dio personale universale e comprende la manifestazione intera, l’aspetto grossolano come quello causale, l’individuale e l’universale. Da questo punto di vista il jiva è un momento coscienziale di Isvara che è il Jiva universale.

Di là da queste triplicità esiste il sostrato di tutto chiamato Brahman.

E’ bene tenere a mente che quando si parla del Brahman si allude al Brahman Nirguna altrimenti noto come Parabrahman, Sat-Cit-Ananda, Uno senza secondo, Zero senza attributi, etc.

Quando invece si parla di Brahma si intende il Brahman Saguna ovvero Isvara: l’Uno qualificato.

vedi

(Vedi: Portale Filosofia | Progetto Filosofia)


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