François Villon
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- ("Eh Dieu! si j'eusse étudié / du temps de ma jeunesse folle ..." - François Villon)
François Villon (1431? - dopo 1463) - fu un poeta, ladro e vagabondo francese che visse per lungo tempo come un bandito, emarginato e ricercato. Per quattro volte arrestato per episodi di malavita, fino a essere condannato a morte, fu sempre rilasciato ma poi nuovamente catturato e imprigionato.
Tuttavia fu proprio in carcere che scrisse le sue opere maggiori. Per il valore dei suoi versi - e principalmente per il suo capolavoro poetico, i poemi raccolti nei Testamenti - è ritenuto uno dei precursori della corrente letteraria dei maudits, i poeti maledetti. Nelle parole di Charles-Augustin Sainte-Beuve, uno dei maggiori critici letterari dell''800, Villon va considerato come "l'anello più lontano cui i poeti francesi moderni si possono riallacciare in maniera più agevole".
Table of contents |
2 La vita 3 Poeta e malfattore 4 La poesia di Villon 5 Opere principali 6 Link esterni |
Le nevi di un tempo
Secondo molti critici, dalla sua poesia viene fatta derivare la forma della villanella da cui sarebbe venuta successivamente la canzone napoletana di ambientazione agreste. Pressochè sconosciuto al tempo in cui visse, Villon ebbe notorietà solo a partire dal XVI secolo quando le sue opere furono recuperate e pubblicate da Clément Marot. Il famoso verso "Mais ou sont les neiges d'antan?" ("Dove sono le nevi di un tempo?") è forse uno fra i più tradotti e citati della letteratura.
Della giovinezza e della vita di Villon, nonostante la voluminosa biografia pubblicata nel 1982 da Jean Favier, non si sa in definitiva molto, eccetto che nacque a Parigi da umile famiglia, probabilmente lo stesso anno di Vlad III, il conte Dracula.
Anche il suo vero nome è controverso: fra i vari che gli sono stati attribuiti, i più attendibili sono quelli di François de Montcorbier o François des Loges; nella storia della poesia però è rimasto con il nome di Villon, che con un gioco di parole potrebbe far riferimento al furetto, dando così già una chiave di lettura del personaggio. Analogamente al nome, anche la stessa data di nascita (1461 o 1462) è dibattuta; quella di morte, poi, è addirittura sconosciuta poiché da un certo punto in avanti non si hanno notizie certe sulla sua vita.
La vita
Orfano di padre, fu affidato dalla madre - per la quale avrebbe poi scritto una delle sue più famose ballate - ad un benefattore, Guillaume de Villon, canonico e cappellano di Saint-Benoît-le-Bétourné, che lo mandò a studiare ventenne o giù di lì alla Facoltà delle arti di Parigi. Raggiunto il diploma nel 1452, il giovane Villon abbandona gli studi preferendo affrontare l'avventura per vivere come un bohèmien ante literam. Erano gli anni successivi alla guerra dei cento anni, colmi di brutalità e di epidemie.
Il 5 giugno 1455 avviene l'episodio che gli cambia la vita e che è storicamente provato: mentre passeggiava in compagnia di un prete di nome Giles e di una ragazza chiamata Isabeau, incontra nella rue Saint-Jacques un bretone, Jean le Hardi, maestro d'arte, in compagnia a sua volta di un religioso, tale Philippe Chermoye o Sermoise o Sermaise; scoppia una rissa, non si sa per quale motivo, nella quale Chermoye rimane ferito mortalmente. Accusato dell'uccisione del religioso, Villon è costretto a lasciare Parigi.
Poeta e malfattore
Catturato, viene in qualche modo rilasciato nel gennaio 1456; ha circa venticinque anni (come testimoniano documenti ufficiali) e - se non bastasse - un alias in più, quello di Michel Mouton. Passerà i cinque anni successivi peregrinando, non senza altre disavventure, lungo la Valle della Loira fino a raggiungere Angers dove viveva un suo zio monaco.
Fu prima di lasciare Parigi che compose ciò che è ora conosciuto come "Petite testament" ("Piccolo testamento") o "Le Lais" ("Lascito"), opera che mostra parte della profonda amarezza e rammarico per il tempo sciupato (e che è riscontrabile anche nel suo lavoro successivo, "Le grand testament", "Il grande testamento"). In realtà , i veri guai per Villon erano ancora solo all'inizio.
Nel 1458 in base alla spiata di un complice, Guy Tabarie, viene incriminato per una rapina compiuta due anni prima nella cappella del collegio di Navarre. Villon è costretto così a darsi ancora una volta alla macchia e a trovare rifugio e protezione grazie a nobili amici che non si sa né come né dove avesse conosciuto.
Arrestato nuovamente nell'estate del 1461 per ordine del vescovo Thibault d'Aussigny a Meung-sur-Loire, per un altro furto in una chiesa, è amnistiato e rimesso in libertà il 2 ottobre dello stesso anno. Rientrato a Parigi, non fa a tempo a scrivere Il testamento che incappa ancora (1462) nelle maglie della giustizia, sempre a causa di furti e risse. Sarà torturato, processato e condannato, ma il giudizio verrà annullato il 5 gennaio del 1463. Bandito dai giudici, Villon farà da allora perdere ogni sua traccia.
La poesia di Villon
Villon ha rinnovato tanto la forma poetica del suo tempo quanto - e forse ancor maggiormente - i suoi temi. Ha cantato le donne di Parigi e quelle del tempo che fu, inclusa la Grosse Margot, ha riconosciuto il valore dell'amicizia e pregato inginocchiato davanti a Notre-Dame: acuto osservatore e profondo conoscitore della cultura e dello spirito medievale, con una sorta di controtempo ritmico e sincopato ha stravolto i valori e le regole dell'"ideal cortese" fino ad allora in uso ponendoli in burla con audaci innovazioni del linguaggio.
Nonostante la parvenza baldanzosa e il suo fare scanzonato, i suoi versi sono spesso contrassegnati da tristezza e rimpianto: Il grande testamento, si è detto, è considerato il suo capolavoro e completa il "Lascito" (o "Piccolo testamento"). Nel "Grande testamento", lungo poema iniziato a scrivere nel 1462 in forma autobiografica in duemilaventitré versi suddivisi in centottantasei stanze alternate a tre rondeaux e sedici ballate - traspare l'angoscia per la morte che Villon sente prossima dopo la condanna che gli è stata sentenziata contro; con singolare quanto suggestiva ambiguità , il poeta ricorre ad misto di riflessioni esistenziali, invettive e fervori religiosi, usando accenti sinceramente patetici e assolutamente innovativi per l'epoca.
Opere principali
Link esterni
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