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Gabriele D'Annunzio

"M A S  Memento audere semper |
ricordati che devi sempre osare"

Gabriele D'Annunzio (12 marzo 1863 Pescara - 1 marzo 1938 Gardone Riviera). Poeta, drammaturgo, simbolo del decadentismo ed eroe di guerra, oltre a quella letteraria ebbe anche un'eccentrica carriera politica. Vissuta a Prato la prima gioventů, studiò dal 1881 a Roma dove iniziò a frequentare l’ambito mondano del primissimo Novecento. GiĂ  da questo periodo si possono notare, nelle sue prime opere, il temperamento carico di quella sensualitĂ  a raffinatezza che saranno i caratteri peculiari della sua intera produzione letteraria. In seguito elaborò la filosofia di Friedrich Nietzsche, e conseguentemente il modello del superuomo, togliendone ogni implicazione etica. Ecco così la sensualitĂ  dei suoi scritti avulsi da limitazioni di natura moralistica, ed affermandosi sempre piů prepotentemente accompagnato da abilissima maestria e raffinatezze musicali. A questo periodo risalgono le "Laudi", il cui libro terzo viene considerato all’unanimitĂ  come il suo capolavoro. Dopo l’incontro con Eleonora Duse, si accostò anche al teatro. Nel 1910 lasciò l'Italia, per problemi economici che sfociarono nel sequestro di tutti i suoi beni, e visse per qualche anno in Francia. Ritornato nel 1915, fu attivo nella vita politica, ponendosi a favore degli interventisti e partecipando direttamente al conflitto. Nel 1919 marciò su Ronchi e fu presente alla conquista di Fiume, divenendo capo della reggenza italiana del Carnaro. La produzione letteraria della maturitĂ  si attesta su temi piů riflessivi e malinconici, negli anni in cui lo scrittore si ritirerĂ  nel Vittoriale, trasformato in mausoleo pieno di cimeli della sua “Vita inimitabile”. L’efficacia persuasiva dello stile dannunziano esercitò considerevole influenza allo sviluppo successivo della letteratura italiana, ed attualmente i critici letterari ne mettono in evidenza le ragguardevoli capacitĂ  formali e l’influsso che ebbe nel movimentato periodo storico in cui visse. Principale esponente del decadentismo in Italia, ebbe grandissimo successo presso i contemporanei, riuscendo brillantemente a vincere la prosaicitĂ  nell’Italia di Giovanni Giolitti, proponendo un’esistenza che si volgeva al modello del superuomo di Friedrich Nietzsche. Sul frontone dell’entrata principale del Vittoriale, ovvero l'articolato complesso di edifici e giardini studiati e costruiti dall'architetto Maroni per il vate, il quale lo abitò fino alla morte dal 1921 al 1938, si può leggere una delle frasi piů celebri e rappresentative del poeta: "Io ho quel che ho donato".

Romanzi Il piacere (1889), Giovanni Episcopo (1891), L'innocente (1892), Il trionfo della morte (1894), La vergine delle rocce (1895), Il fuoco (1900), Forse che sì forse che no (1910).

Tragedie La cittĂ  morta (1899), La Gioconda (1899), Francesca da Rimini (1902), La figlia di Iorio (1904), La fiaccola sotto il moggio (1905), La nave (1908), Fedra (1909).

Alcune poesie Primo vere (1879), Canto novo (1882), Poema paradisiaco (1893), i quattro libri delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi, ossia Maia, Elettra, Alcyone e Merope, scritti fra il 1903 ed il 1912.

Opere autobiografiche La Leda senza cigno, Notturno, Le faville del maglio.

Postumo l'epistolario Solus ad solam.

Aforismi "Il verso č tutto" / "Il rimpianto č il vano pascolo di uno spirito disoccupato" / "L'uomo a cui č dato soffrire piů degli altri, č degno di soffrire piů degli altri ...."


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