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Neoclassicismo

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Il Neoclassicismo, in letteratura, fu un movimento artistico-letterario che si sviluppò in Europa tra la seconda metà del Settecento e il primo decennio dell'Ottocento, manifestando un orientamento del gusto e delle predilezioni culturali verso la civiltà antica, soprattutto greca, scelta come modello da emulare.

Nata nell'ambito delle arti visive, tale tendenza ricevette un forte impulso dagli importanti ritrovamenti archeologici di Ercolano e Pompei, effettuati nell’ultimo trentennio del secolo. Tali rinvenimenti furono fondamentali per l'organizzazione dell'archeologia in scienza moderna e contribuirono alla nascita di un "turismo" aristocratico diretto verso i luoghi della classicità, soprattutto in Italia e in Grecia. Cominciarono così a moltiplicarsi le testimonianze di viaggio. Nell'ambito delle arti figurative, la riflessione teorica, trovò la sua formulazione nell'opera di due tedeschi, il pittore Anton Raphael Mengs e l'archeologo e storico dell'arte Johann Joachim Winckelmann, che aveva visitato Pompei e Paestum intuendone per primo l'importanza archeologica. Winckelmann propugnò l'ideale di un'arte equilibrata e composta, priva di passionalità, capace di rievocare la naturale semplicità dei tempi remoti della civiltà nell'età di Pericle (Atene, 461 - 429 a.C).

L'imitazione dei modelli dell'antichità corrispose alla volontà di recuperare non soltanto le antiche forme di bellezza, ma anche la razionalità e l'equilibrio morale che quelle forme esprimevano, partecipando in questo degli ideali tipicamente illuministici. La classicità, soprattutto greca, fu vista come una mitica età dell’oro, in cui l’umanità viveva in armonia con la natura ed il bene coincideva con la bellezza. Il neoclassicismo vagheggiò un “bello ideale” nitido, raffinato, lontano dalla passione. L’esigenza di creare un punto di riferimento e d’ordine fra i grandi sconvolgimenti dell’epoca, generò un neoclassicismo scenografico, di composta bellezza, largamente adottato in epoca napoleonica, che divenne moda e improntò anche l’architettura, l’arredamento, l’abbigliamento.

In ambito letterario, il neoclassicismo si tradusse nel ricorso alla mitologia e, se il riferimento era al presente, all'allegoria. La lingua, modellata su quella dei classici greci e latini, č artefatta, lontana da quella corrente. Fuori d'Italia, soprattutto in Francia con AndrĂ© de ChĂ©nier, i principi neoclassici si legarono al presente e, in particolare, alle istanze rivoluzionarie. In Italia, centro del classicismo fu la capitale del Regno all'epoca di Napoleone, Milano, dove lavorava lo scultore Antonio Canova e dove fu avviata l'edizione della Collezione dei classici italiani (1802-1814), che raccoglieva gli autori maggiori della tradizione italiana fornendo un canone ben preciso di letterarietĂ .

I generi letterari piů coltivati furono quelli tradizionali della classicitĂ : Vittorio Alfieri fece rivivere la tragedia, ambientando le sue storie nel mondo antico. Il maggiore scrittore neoclassico italiano fu Vincenzo Monti, che tradusse in endecasillabi sciolti l'Iliade di Omero, completata nel 1810. In Italia Ugo Foscolo scrisse, oltre a un romanzo che manifestava una sensibilitĂ  preromantica come Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802), due odi allegoriche neoclassiche (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, del 1799, e All'amica risanata, del 1802) e, a conclusione della sua carriera poetica, le Grazie, poema rimasto frammentario, dedicato a tre divinitĂ  minori che secondo la mitologia classica sono al seguito di Venere. Nelle Prose e poesie campestri (1788 e 1817), Ippolito Pindemonte celebrò "piaceri eruditi e tranquilli" sullo sfondo di uno scenario campestre. L'autore ricorda la tradizione pastorale che risale a Teocrito, ma, invece del distacco neoclassico, compare una vena melanconica. Il neoclassicismo sfumò nel romanticismo ed č interessante il fatto che l'articolo di Madame de StaĂ«l Sull'utilitĂ  delle traduzioni in Italia, destinato a scatenare nel 1816 la polemica tra classicisti e romantici, apparve sulla rivista La Biblioteca italiana proprio nel periodo in cui Monti era condirettore. A tradurlo fu un "classicista illuminato", Pietro Giordani. Il classicismo fu una scelta formale che influì anche sulla nuova sensibilitĂ  patetica e sentimentale manifestatasi verso la fine del secolo e che in Italia assunse il significato di una tradizione nazionale che rallentò la diffusione del romanticismo e ne modificò alcuni tratti.


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