Vincenzo Monti
Vincenzo Monti (19 febbraio 1754 Alfonsine (Ravenna)- 13 ottobre 1828, Milano), scrittore italiano.
Nell'attività del Monti si possono individuare quattro periodi: ferrarese (1771-1778 Arcadia), romano (papale o del Monti abate 1778 - 1797), milanese (rivoluzionario o del Monti cittadino 1797 - 1801, poi imperiale o del Monti cavaliere 1801- 1815).
Table of contents |
2 Periodo romano 3 Periodo milanese 4 Periodo imperiale |
Periodo ferrarese
Monti trascorse alcuni anni in seminario, studiò legge e poi medicina a Ferrara ed infine si dedicò alla letteratura, entrando a far parte dell'Arcadia (1775). Nel 1776, scrisse la Visione di Ezechiello ad imitazione delle "visioni" di Alfonso Varano. Durante gli anni trascorsi a Ferrara, ai componimenti di ispirazione arcadica, se ne affiancarono altri con suggestioni preromantiche (Cesarotti traduce i Canti di Ossian di Macpherson 1763-1772).
Periodo romano
Nel 1778, Monti si trasferì a Roma, dove entrò nell'ambiente della corte papale 1778-1797). A Roma, il classicismo dominante si esprimeva in due correnti: quella dell'Arcadia e quella del neoclassicismo, diffuso dagli scavi di Ercolano e Pompei e dagli scritti del Winckelmann e del Mengs. Nelle opere del periodo romano si fondono movenze arcadiche, elementi illuministici, motivi preromantici e neoclassicismo stilistico. L’eclettismo un tratto caratteristico della personalità del Monti ed il suo neoclassicismo un attingere ai miti, non reinterpretandoli come Ugo Foscolo, bensì cristallizzandoli in simboli. Nel 1779 Monti presentò la prosopopea di Pericle (prosopopea = personificazione), celebrazione del classicismo archeologico e manifesto dell'elegante neoclassicismo arcadico. Nel 1781, in occasione delle nozze del principe Luigi Braschi Onesti, nipote di Pio VI, recitò una delle migliori opere del periodo romano, La bellezza dell'Universo, nel 1782, in occasione di un viaggio del papa a Vienna, scrisse, con intento encomiastico e mediocre risultato, Il pellegrino apostolico nello stile delle visioni, nel 1783, dedicò i versi sciolti Al principe Don Sigismondo Chigi, abbandonando i toni declamatori per un tono preromantico malinconicamente fluido e discorsivo, indulgendo ad accenti sepolcrali ed all'elegiaca descrizione della natura. I contemporanei Pensieri d'amore riprendono i motivi degli sciolti al Chigi. Nelle opere successive, però, i motivi preromantici restano secondari, rispetto al gusto istintivamente aulico e baroccheggiante del poeta. Rilevante, per le nitide figurazioni neoclassiche coniugate all’affermazione illuministica nelle magnifiche sorti e progressive schiuse all'umanità dalla nuova filosofia, l'ode al signor di Montgolfier (1784). Come molte liriche del Monti, anche questa d’occasione. Monti ama proiettare nella dimensione mitica, con un processo peraltro meccanico ed esteriore, gli avvenimenti contemporanei che colpiscono la sua fantasia. I fratelli Montgolfier avevano fatto sollevare un pallone aerostatico nel 1782, Monti celebra l’ascensione compiuta nel 1783, dai fratelli Robert e Charles (i Montgolfier non presero parte all’ascensione). Nel 1784, il Giornale delle belle Arti riportò la notizia dell’ascensione, definendo il pallone mongolfiera e paragonando Robert e Charles agli argonauti, fornendo spunto al Monti per la mitizzazione dell’avvenimento. L’entusiasmo del poeta sincero, ma le parti meglio riuscite dell’ode non sono quelle che inneggiano alla nuova scienza, bensì le altre, che rappresentano le stelle, Orfeo e lo stupore degli uomini. Dello stesso periodo la Feroniade , poemetto incompiuto sulla bonifica dell'agro romano voluta dal pontefice (Feronia: divinità guaritrice di origine italica). La Feroniade la migliore testimonianza del limpido classicismo cristallizzato del Monti. Espressione di classicismo illuministico la composizione dedicata alla marchesa Anna Malaspina della Bastia, opera di tono medio, non narrativo, bensì espositivo e didascalico. Negli stessi anni Monti scrisse alcuni apprezzati sonetti e, nel 1793, la Basvilliana, opera disorganica, realizzata secondo la tecnica elle visioni. (1793 – Basville, segretario della legazione francese a Napoli, inviato a Roma per sostenere la causa repubblicana,fu assassinato. Prima di morire, manifestò sentimenti cristiani e Pio VI gli rese solenni esequie e, in segno di perdono, si assunse il mantenimento della sua famiglia. Nell’opera, lo spirito di Basville chiede perdono a quello di Luigi XVI (1754 - 1793), ritratto un martire il cui sangue ricade sulla Francia, dando inizio alla coalizione europea contro la Francia regicida) la Basvilliana, superficiale, decorativa, spettacolare, pur non essendo un’opera eccelsa, , però, un discreto poema romantico ed la maggiore delle opere del periodo romano del Monti, pur essendo rimasta incompiuta, ma l’importanza del poema nel suo contenuto, che riassume efficacemente la polemica antirivoluzionaria e l’orrore diffuso, suscitati dal Terrore (invece il Misogallo dell’Alfieri dà voce ad un’opinione personale che trascende i fatti), ciò fa della Basvilliana il capolavoro della letteratura reazionaria antifrancese, anche se essa non rispecchia completamente il pensiero dell’autore, certamente influenzato dalla violentissima propaganda antirivoluzionaria, che, nello Stato della Chiesa assunse toni da caccia alle streghe, con delazioni e condanne di sospetti giacobini. Infatti il poeta, nelle lettere ai fratelli palesa molte perplessità e rivela la propria preoccupazione per la sicurezza della famiglia. Quasi contemporaneo alla Basvilliana il poema mitologico Musogonia (sulla nascita delle Muse). Tra il 1784 ed il 1800 il poeta scrisse anche tre tragedie (I Messeni, Galeotto Manfredi, Caio Gracco). Negli anni tra il 1793 ed il 1797, l’incertezza esistenziale influì sull’opera letteraria. Monti scrisse vari componimenti minori, il pi impegnativo dei quali fu la lettera a nome di Francesco Piranesi al generale Giovanni Acton, composta nel 1794 per difendere Piranesi, rappresentante della Svezia a Roma ed accusato di aver congiurato contro il reazionario barone d’Armfelt, ex ministro svedese. L’opera, il cui autore doveva restare segreto, e scritta per calcolo politico connotata dalla forza polemica della prosa che denuncia le ingiustizie e le sopraffazioni di un governo dispotico ed esalta la sovranità popolare (Foscolo l’apprezzò e, nel 1798, ne rivelò l’autore). Nel 1796, dovette scagionarsi dall’accusa di giacobinismo, nel frattempo, però, frequentava i rappresentanti a Roma del Bonaparte.
Periodo milanese
Nel marzo del 1797, il poeta lasciò Roma di nascosto, recandosi a Firenze, Bologna, Venezia ed infine a Milano (1797 - costituita la Repubblica Cisalpina, il papa, sconfitto, deve cedere a Napoleone Firenze e la Romagna). È il periodo del Monti cittadino (1797 – 1801), sono gli anni in cui il poeta ritratta opere ed atteggiamenti del periodo romano con i poemetti, fortemente antipapali, il fanatismo e la superstizione , la visione, il pericolo etc. e tenta di far dimenticare la Basvilliana. Nel 1799, caduta la Cisalpina, all’arrivo degli austro–russi a Milano, Monti si rifugiò a Parigi dove restò fino al 1801, quando rientrò a Milano. Nella Mascheroniana, visione di scarso pregio ideata nel 1800, subito dopo la morte del Mascheroni, il poeta esaltò l’insigne matematico. A Parigi, a contatto della borghesia, ormai incline ad accettare il governo di un uomo capace di imporre l’ordine, Monti aveva adottato l’interpretazione ufficiale dell’operato di Napoleone: i cittadini della cisalpina non avevano saputo usare la libertà portata da Napoleone, il quale, restauratola, se ne era fatto personalmente Garante. Nella ”Mascheroniana”, il matematico annuncia al Parini la vittoria di Marengo (1800) ed il poeta enuncia, a sostegno del Bonaparte, la succitata tesi, pertanto la “Mascheroniana” diviene espressione della delusione e dell’involuzione politica per la mancata rivoluzione Durante il periodo milanese, Monti collaborò con il Giordani alla “antologia della letteratura italiana”, fu professore di eloquenza e poesia all’università di Pavia e dedicò alcune opere encomiastiche a Napoleone, considerandole una mera necessità del poeta aulico. Durante il periodo dell’insegnamento a Pavia, Monti non solo diede prova della propria vastissima cultura, ma anche rinnovò i metodi di lettura ed interpretazione dei testi antichi, concentrando l’attenzione sulla lettera del testo, stabilito criticamente, commentato mediante la comparazione degli scolii e collegato all’età in cui visse lo scrittore ed alle sue vicende personali. In tale contesto interessante la traduzione(1803) delle Satire di Persio (34 – 62 d.C.) esaltandone le affermazioni antitiranniche. La traduzione di Persio fu l’ultima opera repubblicana del Monti.
Periodo imperiale
Nel 1804, Napoleone, ormai imperatore, nominò Monti poeta del governo Italiano e Assessore consulente dell’Interno ed il poeta divenne il maggior rappresentane della cultura ufficiale napoleonica, esecutore di ordini impartiti dall’alto e ed interprete del fasto imperiale del Regno d’Italia, dello “stile impero”, fastoso, monumentale, coreografico, elegante e freddo, la cui cristallizzazione sovratemporale si rispecchia nella sospensione del mito in simbolo, tipica del Monti. Tutta la sua produzione, per un decennio fu dedicata alla celebrazione dell’imperatore, egli, però teneva fede ad un principio nazionale che lo portò a polemizzare con la cultura francese, nonostante l’ammirazione per la Staël, ma che corrispondeva alle direttive della politica napoleonica che voleva un’Italia unita e satellite della Francia (nonostante alcune affermazioni antinapoleoniche nelle lettere alla Staël, nel 1805).
La prima opera del ciclo napoleonico il Prometeo (già iniziato nel 1797, ma terminato nel 1821 e pubblicato postumo). La figura di Prometeo adombra Napoleone, apportatore di pace e civiltà. L’opera non raggiunge né lo scopo dichiarato di promuovere l’amore per i latini ed i greci, né quello di scrivere da uomo libero, infatti smaccatamente adulatoria. Monti, dopo aver celebrato il cittadino Bonaparte e poi il Presidente della Repubblica, dovette celebrare Napoleone Imperatore e Re ed iniziò il poema Il bardo della Selva Nera (1806), assecondando il gusto di Bonaparte, che prediligeva i Canti di Ossian. Il poema di concezione alquanto semplicistica: Monti, nel 1805, incontra nella selva Nera un bardo, la cui figlia innamorata di un ufficiale napoleonico che stato ferito in battaglia. Questi decanta i meriti e le imprese di Napoleone, convincendo il bardo dei vantaggi del dispotismo imperiale, tanto che il poeta canta profetizzando il regno assoluto di Bonaparte trionfatore.
Assai freddi sono i poemetti La spada di Federico II (1806, vittoria di Jena) e La palingenesi politica (palingenesi = rinnovamento) (1809 – a Giuseppe Bonaparte re di Spagna). Al periodo napoleonico risale la traduzione dell’Iliade, il capolavoro del Monti e l’opera pi rappresentativa del classicismo napoleonico (Caro: Eneide, Pindemonte: Odissea, Monti: Iliade). Come Pindemonte, Monti crea il proprio capolavoro traducendo, l’Iliade la sua unica opera unitaria ed il miglior prodotto del neoclassicismo italiano. Monti aveva una conoscenza solo scolastica del greco e quindi si servì della versione letterale latina del Clarke, ponendosi come modello la traduzione dell’Eneide del Caro, ma la sua Iliade, abbandonando l’epos epigrafico e scarno dell’originale, si riveste dell’eleganza classica e si trasforma in mito, infatti la scarsa conoscenza del greco e del mondo omerico non intralciano l’opera d’arte, poiché il poeta sa calarsi nel mito. Mentre il Foscolo nel suo “esperimento di traduzione dell’Iliade” (l canto) cercava di approfondire il significato di ogni parola per i contemporanei di Omero, per renderla fedelmente in italiano, per il Monti tradurre significa dare nuova veste poetica l’opera di Omero, mediando il testo omerico con la cultura ed il gusto contemporanei, senza indulgere ad eccessive libertà, ma anche senza il rigore filologico del Foscolo, il quale sceglieva le parole del testo originale pi pregne di significato, costruendovi intorno il verso e creando un linguaggio poetico originale. Monti elabora un linguaggio poetico, che, anche se non rende appieno l’epos omerico, riprendendo la poetica del Winkelmann (nobile semplicità, serena grandezza) nonché i propri principi poetici di decoro classico, sublime ed entusiasmo, crea figure e gesti, raffigura passioni e drammi indimenticabili, traendo suggerimenti dall’originale, calcando le tinte, accentuando i sentimenti. Monti non cerca l’originalità e la lingua raramente si discosta dalla tradizione letteraria, mirando unicamente allo splendore dell’espressione ed avendo ben presente la musicalità dei versi virgiliani. La descrizione spesso occasione di intermezzi pittorici e, rinunciando deliberatamente al realismo omerico, Monti resta pi fedele al tono che alla lettera del testo originale.
Quando cadde Napoleone ed a Milano tornarono gli Austriaci preoccupati di non dissipare la preziosa eredità napoleonica, tentarono di mantenere la loro posto le figure pi eminenti, ma il Monti non poteva riconoscersi in quel classicismo restaurato che cercava di continuare un’esperienza ormai conclusa, trasformando in strumento della reazione la base illuministica della cultura lombarda. Nei primi anni della Restaurazione Monti fu ancora al centro della vita intellettuale milanese, impegnato a difendere i principi illuministici della lingua. Le tre mediocri Cantate per sua Maestà Imperiale Reale (Francesco I d’Austria 1804 - 1835): mistico omaggio (1815) il ritorno di Astrea (1816) invito a Pallade (1819), sono solo la dimostrazione della povertà del contenuto del neoclassicismo postnapoleonico. Nel decennio seguente, tutta la poesia del Monti una questione privata. Monti scrisse versi d’occasione, riprese la Feroniade e si dedicò alla filologia, assumendo una posizione intermedia fra puristi ed innovatori, compose la Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca (1817 - 1824). Con la propria opera il Monti intese servire la causa dell’Italia, sebbene solamente sotto il profilo letterario e culturale. Negli ultimi anni scrisse il sonetto Sopra se stesso, un Sermone sulla mitologia, l’idillio, garbato ma freddo Le nozze di Cadmo e di Ermione ed i versi Nel giorno onomastico della sua donna. Morì nel 1828. Monti fu ammirato da Goethe, Byron, dalla Staël, da Foscolo, Leopardi e Manzoni (che a Pavia frequentò le sue lezioni e ne mutuò il grandioso linguaggio neoclassico e la concezione celebrativa della poesia), come colui che aveva tentato di rinnovare la poesia italiana, conferendole un impegno civile ed un riferimento alla realtà contemporanea e coniugando il gusto classico con l'apertura alla grande poesia europea.La sua poesia, per circa vent’anni, nonostante le polemiche relative alla disinvolta occasionalità, per i contemporanei, fu, indipendentemente dai contenuti, la poesia Italiana per eccellenza. Monti fu portavoce delle inquietudini intellettuali del tempo di cui rappresenta gli entusiasmi, il retaggio illuministico e le contraddizioni.
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