Risonanza magnetica nucleare
Viene indicata con questo nome un'attrezzatura medica in grado di generare immagini dal rilevamento di alcune caratteristiche magnetiche all'interno del corpo del paziente. Anche se non sono usati raggi x per ottenere il risultato, questa modalità è normalmente considerata come facente parte del campo della radiologia, in quanto generatrice di immagini correlate alle strutture all'interno del paziente.
Il principio di funzionamento si basa sul sottoporre il paziente ad un forte campo magnetico (dell'ordine dei 5-6 tesla, che vanno aumentando con le possiblità tecnologiche). In questo campo, gli spin dei protoni all'interno dei tessuti tendono ad allinearsi alle linee di forza (in modo parallelo o antiparallelo); in questo modo, i tessuti vengono a possedere una leggera magnetizzazione totale. Questo allineamento non è mai totale, ma piuttosto gli spin dei vari protoni incominciano a mostrare una precessione attorno alla direzione del campo magnetico.
Questa precessione mostra una frequenza tipica (per un campo di 1T, la frequenza è attorno ai 40MHz); se allora sul paziente viene mandato un'impulso radio con questa esatta frequenza e di energia sufficiente, è possibile ruotare la magnetizzazione dei protoni di 90° (impulso a 90°, che tende anche a dare un certo allineamento nel piano perpendicolare al campo) o, aumentando l'energia, fino a invertirla (impulso a 180°).
Il fornire questa energia alla stessa frequenza di precessione è il fenomeno che dà il nome (risonanza) al metodo; si tratta dello stesso principio per cui fornendo la spinta al momento giusto, si può aumentare l'ampiezza delle oscillazioni di un'altalena.
Dopo l'impulso, man mano gli spin dei protoni tenderanno a tornare al loro stato iniziali (allineamento lungo il campo); viene misurato l'andamento della magnetizzazione nel piano perpendicolare al campo magnetico principale tramite una bobina a radiofrequenza: il tempo necessario per dimezzare tale grandezza è indicato con T1, mentre il tempo per dimezzare la coerenza nello stesso piano è indicato con T2.
Una sequenza definita di impulsi consecutivi a 90° e 180° (spin-echo) permette di misurare entrambe le grandezze senza dover attendere tempi lunghi per riportare il paziente nello stato iniziale.
Se poi vengono inseriti altri campi magnetici (di intensità minore) lungo i 3 assi coordinati, è possibile collegare il segnale con un punto preciso del corpo.
Si scoprì che la conoscenza di entrambe le grandezze T1 e T2 (dell'ordine delle decine di millisecondi porta ad una discriminazione tra vari tessuti non possibile con i raggi x. Le informazioni di segnale e di posizione sono elaborate da un computer, che fornisce un'immagine di quanto rilevato.
Le immagini di risonanza magnetica hanno una risoluzione intrinseca piuttosto bassa (particolari di 1mm sono praticamente al limite della visibilità ), ma l'importanza di questo esame sta nel fatto di poter discriminare p.es. tra un tessuto del fegato ed uno della milza (che rispetto ai raggi x presentano la stessa trasparenza). A prima vista, un'immagine di risonanza è quasi identica ad una di una TAC, dalla quale però si distingue per il fatto che le ossa, chiare quando viste con i raggi x, qui compaiono scure. Fisicamente le attrezzature per una TAC e per una risonanza sono praticamente indistinguibili: in entrambe il paziente, su un lettino, viene inserito in un anello (in questo caso, al suo interno sono nascosti i solenoidi indicati prima). Il paziente non deve assolutamente indossare qualcosa di metallico; non può essere sottoposto a questo esame un portatore di pace-maker o di protesi significative.
Le immagini generate da questa modalità sono normalmente di 256x256 pixel per una profondità di 8 bit/pixel.
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