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Storia degli Stati Uniti (1784-1861)

Questo articolo fa parte della
serie Storia degli Stati Uniti d'America
 Nativi Americani
 America Coloniale
 Guerra di indipendenza americana
 Storia degli Stati Uniti (1784-1861)
 Origini della Guerra Civile Americana
 Guerra Civile Americana
 Storia degli Stati Uniti (1865-1918)
 Storia degli Stati Uniti (1918-1945)
 Storia degli Stati Uniti (1945-1964)
 Storia degli Stati Uniti (1964-1980)
 Storia degli Stati Uniti (1980-1988)
 Storia degli Stati Uniti (1988-presente)

I problemi del nuovo Stato

Durante la guerra e negli anni immediatamente successivi, molti progressi furono attuati dai singoli stati: il diritto di voto, prima legato alla proprietà, fu esteso a tutti i cittadini di sesso maschile che pagassero le tasse; i terreni già appartenenti alla Corona o ai lealisti, costretti a rifugiarsi nel
Canada dopo la vittoria della rivoluzione, furono confiscati e alimentarono la piccola proprietà contadina, i privilegi della Chiesa anglicana furono eliminati e nel 1786 fu votata una legge, proposta da Thomas Jefferson (1743-1826), autore della Dichiarazione d'indipendenza, seconda la quale lo Stato non doveva interferire nelle questioni religiose.

Con la pace di Versailles il nuovo Stato aveva ottenuto confini decisamente vantaggiosi; il Mississippi a ovest, la Florida a sud e la regione dei Grandi Laghi a nord. Però il processo di democratizzazione non era uniforme in tutti e tredici gli stati, i cui reciproci rapporti, cessato il potente motivo di unificazione costituito dalla guerra, divennero tutt'altro che cordiali per questioni di confine, giungendo sino all'ostilità armata. Inoltre ogni Stato tendeva a salvaguardare solo i propri interessi particolari. Non esisteva una legislazione unitaria, comune a tutti gli stati. Il governo nazionale (cioè il governo dell'Unione, ossia degli Stati Uniti considerati nel loro complesso) era debolissimo e non riusciva a dirigere in modo unitario neppure la politica estera.

A tutto questo si aggiungevano forti contrasti di classe, gravissimi impedimenti per le attività commerciali, ostacolate dalla differenza delle monete e dalla difficoltà che i commercianti incontravano nell'esigere i propri crediti dai cittadini degli altri stati dell'Unione ed inoltre una situazione finanziaria disastrosa. Gli Articoli della Confederazione, che erano uno statuto confederale elaborato poco prima della fine della guerra, risultavano del tutto insufficienti a risolvere i gravi problemi del nuovo Stato; perciò, nel maggio del 1787, fu convocata a Philadelphia una Convenzione, che in pochi mesi concluse i suoi lavori (settembre 1787), approvando una Costituzione adeguata alte necessità.

La Costituzione americana

La Costituzione degli Stati Uniti d'America, ancor oggi vigente malgrado i numerosi emendamenti, si ispirò ai principi illuministici adattandoli però alla situazione concreta e cercando un compromesso fra le diverse tendenze. Essa sancì una netta distinzione fra i poteri dello stato. Il potere esecutivo fu affidato a un Presidente, eletto per quattro anni a suffragio indiretto da rappresentanti dei cittadini. Capo dell'esercito e della flotta, egli sceglie i propri ministri, che sono responsabili solo nei suoi confronti (si tratta di una repubblica presidenziale, diversa da quella italiana, dove è il Governo ad avere il potere esecutivo). Il potere legislativo fu attribuito al Congresso, composto di due assemblee: la Camera dei Rappresentanti, eletti dai singoli Stati in proporzione della loro rispettiva popolazione, e il Senato, al quale ogni Stato invia due senatori. Si stabili che il potere giudiziario facesse capo a una Corte Suprema, la quale giudica della costituzionalità delle decisioni del Presidente e del Congresso e ha il potere di annullarle qualora le ritenga contrarie alla Costituzione; la Corte Suprema è anche incaricata di dirimere le eventuali controversie degli Stati fra di loro, o di uno o più stati con il potere federale, il testo proposto dalla Convenzione di Philadelphia doveva però essere approvato dai singoli Stati; il che avvenne tra la fine del 1787 e la prima metà dell'anno successivo, non senza gravi contrasti tra i federalisti, sostenitori del forte potere centrale previsto dalla Costituzione, e gli antifederalisti (o repubblicani), decisi a salvaguardare l'autonomia dei governi periferici dalle eventuali interferenze del governo federale.

Prevalse la tesi federalista, più corrispondente agli interessi complessivi della nazione, e la Costituzione entrò in vigore, con l'elezione di George Washington alla presidenza, il 4 marzo 1789. lì paese di cui Washington assumeva il governo, raffrontato con quelli europei, era ancora relativamente arretrato, scarsamente popolato e con una economia prevalentemente agricola. Nel 1787, l'Ordinanza di Nord-Ovest aveva dichiarato che le terre comprese fra i monti Allegani e il Mississippi dovevano considerarsi federali. Esse rimanevano perciò aperte alla colonizzazione. e si sarebbero costituite in nuovi Stati. All'apertura verso Occidente, rispose un costante e massiccio flusso migratorio dall'Europa favorito dal modesto prezzo del terreno e dalla buona retribuzione della manodopera. Le industrie cominciarono a svilupparsi soprattutto negli Stati del Nord, protette mediante le dogane da quelle europee.


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