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Crepuscolari

Il primo ‘900 fu caratterizzato da una letteratura in rapida evoluzione e tale fatto rende a volte problematica la definizione delle correnti, infatti molti poeti attivi durante il primo quindicennio del secolo attraversarono varie esperienze, talora contaminando temi e moduli di opposte tendenze. È pertanto pi consono parlare di esperienze poetiche e di movimenti, piuttosto che di scuole. I crepuscolari, soprattutto, pur riconoscendosi in un'idea comune di poesia, non facevano capo a una vera e propria scuola e non avevano elaborato una poetica conclamata. Per i crepuscolari, il cui maggiore esponente fu Guido Gozzano, si può solamente parlare di una convergenza di modelli, atteggiamenti, moduli stilistici, di un morboso ripiegamento interiore, di una percezione di malattia fisica e morale, di incapacità di vivere, di un languido e nostalgico indugiare sui buoni sentimenti e sulla rievocazione dell’infanzia, dell’intimo, del privato. A tali istanze si coniuga una consapevole polemica antidannunziana, contro il “poeta vate politicamente impegnato” e nei confronti di certa poesia eloquente del Carducci ed anche del Pascoli ”minore” delle canzoni storiche e civili. Il simbolismo crepuscolare denotato da un languido intimismo che spesso approda ad una morbosa, compiaciuta contemplazione della malattia, del dolore, del pianto, in una atmosfera dai toni smorzati. La definizione, data nel 1910 da Borghese, sottolinea, infatti, il tono dimesso, pacato e malinconico della loro poesia. Il poeta Govoni, nel 1904, fornì un catalogo di situazioni, luoghi, oggetti che sono i topoi caratteristici dei crepuscolari: le cose tristi della religione, dell’amore, del lavoro, della miseria, le vie deserte. I temi e le scelte espressive concorrono ad esprimere un modesto realismo quotidiano. Il linguaggio comune, le parole appartengono al parlato, il verso tende alla prosa perché il mondo rappresentato fatto di "piccole cose di pessimo gusto", come le definisce un verso di Gozzano, di interni piccolo-borghesi costellati di oggetti comuni ed un po' squallidi. In questo mondo domestico si muovono personaggi qualunque che vivono esistenze umili e banali, come la Signorina Felicita, la semplice, "quasi brutta" protagonista dell’omonimo poemetto. Verso tale mondo provinciale l'atteggiamento del poeta di malinconia e insieme di consapevole distacco ironico, infatti si tratta di luoghi, oggetti, situazioni che trascendono la mera descrizione, per assumere un significato simbolico. La poesia crepuscolare, però, non né ingenua né semplice, infatti, la scelta letteraria di questi autori inequivocabile e consapevole: rifiuta e supera il modello elevato e magniloquente di D'Annunzio e individua modelli nella poesia "prosastica" scapigliata ed in Pascoli, infatti, un tratto distintivo dei crepuscolari la poetica dichiaratamente antieloquente (Corazzini), discorsiva prosastica ottenuta con il voluto e costante smorzamento dei toni, fino ad attuare una musicalità languente e monotona ed una prosaicità disadorna, mediante un lessico quotidiano e vagamente arcaizzante. Corazzini e Govoni introducono il verso libero che rifugge dai ritmi eccessivamente regolari, cercando un andamento volutamente prosastico. Tipico riflesso del gusto del tempo la moda Liberty o art nouveau, che porta tra le buone cose di pessimo gusto oggetti orientaleggianti, cineserie, decorazioni floreali. In letteratura il liberty individua un simbolismo minore esotico – floreale, privo delle connotazioni lacrimose tipico del crepuscolarismo. Tra coloro che aderirono alla corrente crepuscolare in maniera duratura od episodica, si possono citare Moretti (1885 – 1979), Corazzini (1886 - 1907) che furono essenzialmente crepuscolari, mentre lo furono in maniera episodica Govoni (1884 - 1965) e Palazzeschi (1886 - 1974).

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