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De rerum natura (Lucrezio)

Il De rerum natura di Lucrezio č un poema didascalico in esametri. Composto da sei libri, forse incompleto, e, in ogni caso, mancante dell'ultima revisione, č dedicato all'aristocratico Gaio Memmio, amico e patrono di Catullo. Girolamo asserisce che il De rerum natura, dopo la morte del poeta, fu rivisto e pubblicato per opera di Cicerone. Il testo č conservato integralmente da due codici del IX secolo (conservati a Leida). Un certo numero di codici umanistici riproduce il testo tratto dal codice che Poggio Bracciolini riscoprì nel 1418, durante un viaggio in Germania. La prima edizione a stampa fu eseguita nel 1473 da Ferrando da Brescia.

Il titolo del poema traduce fedelmente quello dell'opera piů importante di Epicuro. Da essa erano state tratte una Piccola Epitome, che corrisponde probabilmente alla Lettera ad Erodoto (conservata), e una Grande Epitome (perduta), probabilmente la traccia principale seguita da Lucrezio, che però dovette avere presenti anche altri testi di Epicuro. Il 59 AC č la probabile data di composizione.

Piano dell'opera

Il De rerum natura č articolato in tre gruppi di due libri (diadi).

Prima diade (libri I e II): la fisica epicurea

Nel I libro, dopo l'esordio del poema con l'inno a Venere, personificazione della forza generatrice della natura, sono esposti i principi della fisica epicurea: gli atomi (particelle minime di materia, indistruttibili, immutabili e infinite), muovendosi nel vuoto, si aggregano e si disgregano in modi diversi dando origine alla realtĂ . Nascita e morte dipendono da tale processo di continua aggregazione e disgregazione. Alla fine del I libro Lucrezio passa in rassegna, criticandole, le dottrine degli altri naturalisti.

Nel II libro Lucrezio illustrata la celebree teoria atomista del clinamen: nel moto di caduta degli atomi interviene una «inclinazione» minima che permette una grande varietĂ  di aggregazioni e giustifica la libertĂ  del volere umano. I mondi possibili sono molteplici ed ognuno č soggetto al ciclo della nascita e della morte.

Seconda diade (libri III e IV): l'antropologia epicurea

Il III libro č dedicato al corpo e all'anima. Entrambi sono costituiti da aggregati di atomi con la differenza che gli atomi di cui č composta l'anima sono piů leggeri e lisci. L'anima non può perciò sottrarsi al processo di disgregazione che investe tutte le cose: essa muore assieme al corpo e non l'aspetta un destino ultraterreno di premio o di punizione.

Nel IV libro Lucrezio affronta il problema della conoscenza ed espone la teoria dei simulacra, sottili membrane, composte da atomi, che si staccano dai corpi, mantenendone la forma, e colpiscono gli organi di senso. La testimonianza dei sensi č sempre veritiera e l'errore può derivare solo da un’errata interpretazione di quanto testimoniato dai sensi. I simulacra vaganti spiegano anche le immagini dei sogni. Infine Lucrezio introduce una digressione sulla passione d'amore e, in versi carichi di dissacrante sarcasmo, indica la causa unica della passione nell’attrazione fisica.

Terza diade (libri V e VI): la cosmologia

Nel V libro Lucrezio dimostra la mortalitĂ  di questo mondo, che č solo uno degli innumerevoli esistenti, analizzandone il processo di formazione, quindi parla del moto degli astri e delle sue cause. La seconda metĂ  del libro V tratta dell'origine della vita sulla Terra e della storia dell'uomo. NĂ© gli animali nĂ© gli esseri umani sono stati creati da un dio, ma si sono formati grazie a particolari circostanze: il terreno umido e il calore hanno spontaneamente generato i primi esseri viventi. Notevole attenzione č riservata alla confutazione delle tradizioni sugli esseri mitici. Fra le tappe del progresso umano Lucrezio alterna quelle positive (scoperta del linguaggio, del fuoco, dei metalli, della tessitura, dell'agricoltura), ad altre negative (attivitĂ  bellica, timore religioso). Il poeta confuta le visioni teleologiche del progresso umano, affermando che la natura segue le sue leggi e che nessun dio la piega ai bisogni dell'uomo. Il progresso materiale č valutato positivamente se č ispirato al soddisfacimento dei bisogni primari, ma il sorgere di bisogni innaturali, della guerra, delle ambizioni e dell’aviditĂ  ha corrotto la vita dell'uomo Lucrezio non ha, però, una visione sconsolata e pessimistica dell’esistenza, poichĂ© «di poche cose ha davvero bisogno la natura del corpo», infatti, Epicuro aveva prescritto di evitare i desideri non naturali e non necessari e di badare solo al soddisfacimento di quelli naturali e necessari.

Il VI libro contiene spiegazioni naturali dei fenomeni fisici, che escludono l'intervento della volontà divina. Nella descrizione di vari eventi catastrofici s’inserisce la narrazione della terribile peste di Atene del 430 AC, già narrata dallo storico greco Tucidide (460 AC - 395 AC) e successivamente ripesa dal Boccaccio). Con la descrizione della peste, l'opera si chiude piuttosto bruscamente.

L'incognita delle revisioni

Probabilmente, il poema non ha ricevuto l'ultima revisione a causa della morte improvvisa del suo autore. Nel testo compaiono infatti alcune ripetizioni e qualche incongruenza. Il finale del poema č problematico. PoichĂ© nel libro V Lucrezio annuncia la descrizione delle sedi beate degli dei, ma non mantiene fede alla promessa, č probabile che tale descrizione e non quella della peste di Atene, fosse la chiusa progettata dell'opera. Il poema, in tal caso, si sarebbe concluso con una nota serena, simmetrica al gioioso inno a Venere col quale si apre, ma č anche possibile che la fine progettata del poema fosse veramente la peste di Atene, infatti, Lucrezio potrebbe aver voluto contrapporre l’esordio ed il finale come una sorta di «trionfo della vita» e di «trionfo della morte», per mostrare come non esista alcuna conciliazione del contrasto eterno di queste due potenze.

La fortuna dell'opera

Il messaggio di Lucrezio fu ignorato non solo per l'intrinseca difficoltà dell'opera, ma anche perché potenzialmente capace di mettere in discussione i fondamenti culturali e, indirettamente, sociali e politici, dello stato romano, che della religione aveva fatto un elemento di coesione.

Risorse in rete

(Vedi: Portale Filosofia | Progetto Filosofia)


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