Gilberto Govi
- "Essere riuscito a far amare il [dialetto] genovese: questo è il mio vanto" - (G.Govi)
Dotato di grande talento artistico, Govi - forte degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti – usava disegnare grottesche autocaricature che delineavano compiutamente ogni ruga e riproducevano su carta il suo viso in ogni sua parte; poté sviluppare in tal modo un sistema originale per creare personaggi nuovi per le sue interpretazioni.
All'apice della carriera era considerato in tutto il mondo un grande interprete: sapeva far muovere i suoi personaggi con una semplicità e una facilità solo apparenti; in realtà aveva la capacità e la spontaneità , un vero e proprio talento naturale, per far scaturire il riso anche con una sola espressione o un semplice ammiccamento.
Nelle sue interpretazioni Govi faceva rivivere la vita di tutti i giorni con una grande facilità . A chi lo accusava di non essersi mai esibito in un repertorio teatrale impegnato o di non aver affrontato argomenti più colti, lui replicava affermando che i teatri erano già pieni di attori impegnati che si atteggiavano in scena ma che non rappresentavano la vita di tutti i giorni; lui preferiva raccontare la storia della gente umile, dall’operaio al falegname, e raccontarla con semplicità , facendo divertire (ma anche riflettere) il pubblico fino a farlo ridere di cuore.
Govi frequentò le scuole insieme al fratello Amleto ma fu durante una vacanza a Bologna presso uno zio materno, Torquato, attore dilettante, che iniziò a entusiasmarsi per il teatro e a divertirsi nel vederlo recitare. Nonostante il padre desiderasse per lui una carriera nelle Ferrovie, Gilberto si appassionò sempre più per il teatro iniziando a frequentare una compagnia teatrale: a dodici anni, nel 1897, recitava già in una filodrammatica.
Govi intanto forma una sua piccola compagnia di attori dilettanti recitando in dialetto genovese e interpretando commedie scritte da Nicolò Bacicalupo; sogna però di entrare a far parte della compagnia di Virgilio Talli, e quando questi ebbe modo di assistere ad una sua rappresentazione fu talmente entusiasta della sua figura e dei suoi personaggi che lo stimolò a proseguire la carriera suggerendogli di fondare un vero e proprio teatro dialettale genovese, che a quei tempi non aveva una tradizione consolidata.
Con Alessandro Varaldo e Achille Chiarella, Govi intorno al 1913 fonda la compagnia La dialettale, recitando a Genova e in provincia con sempre crescente successo: si divide tra il ruolo di capocomico, direttore artistico e animatore. È un po' accentratore (qualcuno dice anche stretto di borsa); sta di fatto che è instancabile. La sua compagnia continua ininterrottamente a recitare anche durante la prima guerra mondiale.
Nel 1923 è al Teatro Filodrammatici di Milano con la commedia I manezzi pe maja na figgia (Gli artifici per per maritare una figlia, di Bacigalupo) ed è appunto da qui che inizia il suo successo a livello nazionale e, successivamente, come si vedrà , internazionale.
È a questo punto che Govi, coraggiosamente, decide di lasciare il posto fisso, sicuro, di disegnatore alle Offine Elettriche Genovesi per dedicarsi solo al teatro. Gli inizi non sono semplici: ha bisogno di un repertorio; ma a questa necessità sopperisce in breve tempo uno stuolo di autori pronti a mettersi a disposizione di quell'astro nascente della teatralità , autori come Nicolò Bacicalupo, Emanuele Canesi, Carlo Bocca, Gigi Orengo, Aldo Aquarone, Emerigo Valentinetti, Enzo la Rosa, Sabatino Lopez, ecc. .
Tutti i testi che venivano scritti per lui erano poi dallo stesso Govi modificati, tanto che i poveri autori si rivolgevano a lui già in anticipo per concordare eventuali modifiche ai copioni in funzione delle sue preferenze. Redatti in italiano, i testi venivano poi tradotti rigorosamente in dialetto genovese dallo stesso Govi .
Intanto Govi non smetteva di disegnare le maschere da cui nascevano i personaggi da portare in scena. Il suo volto, tracciato dalla sua ferma mano in tutte le posizioni, di fronte come di profilo, ed in ogni sua ruga ed espressione, campeggiava nei foyer dei teatri nei quali si esibiva come una galleria di quadri che entusiasmava ulteriormente gli spettatori gratificandoli di un valore aggiunto.
Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale la carriera di Govi fu sempre in ascesa, con ripetute tournée teatrali sia in Italia che all'estero. Il conflitto mondiale non risparmiò tuttavia neppure la sua abitazione genovese, colpita dai pesanti bombardamenti portati dal mare e dal cielo, e assieme ad essa l’attore avrebbe voluto ricostruire anche il proprio repertorio, che sentiva forse ormai superato da nuove istanze; in quel periodo Govi è dubbioso, non riesce ad avere la consapevolezza che il pubblico lo gradisce ancora, nonostante il successo delle sue commedie sia sempre forte e la gente non lo abbandoni ed accorra sempre numerosa ai suoi spettacoli in ogni città in cui recita.
Nel periodo bellico e post-bellico Govi si cimenta come attore cinematografico in film il cui esito – va detto – è però piuttosto insoddisfacente: i titoli che si ricordano - alcuni dei quali tratti da suoi lavori teatrali - sono Colpi di timone (1942), Che tempi! (1947), Il diavolo in convento (1950), Lui, lei e il nonno (1961). Ma i ritmi del cinema, con le ripetute pause, e la tecnica recitativa differente rispetto a quella del palcoscenico non lo entusiasmano.
Quella del 1960 fu l’ultima stagione teatrale di Gilberto Govi che portò in scena la commedia Il porto di casa mia, scritto dal poeta-scrittore Sabatino Lopez: a 75 anni di età , Govi capisce che è giunto il momento di lasciare il palcoscenico e dedicarsi ad un meritato riposo: per lui - parole testuali - "Il teatro è come una bella donna: bisogna lasciarla prima che sia lei a lasciare te". Appare ancora sugli schermi televisivi in un carosello nel 1961 e in qualche rara intervista.
Nel 1962 si ammala; morirà a Genova nella primavera di quattro anni dopo. Ai funerali, celebrati nella centrale Chiesa di Santa Zita, affollata all'inverosimile, partecipò tutta la città .
Tuttavia il problema di restituire al nome di Govi lustro e meritato onore non si è mai sopito. In tempi recenti è stata posta allo studio la possibilità di intitolargli un teatro del centro cittadino da tempo in disuso ma in via di ristrutturazione.
La maschera, il volto
Il trucco di scena era il risultato di grande abilità e di un lungo e paziente studio. Le sue ispirazioni venivano da una grande collezione di fotografie di personaggi più o meno noti, dai quali carpiva ora una barba o un pizzetto, oppure una ruga, una pettinatura o un'espressione che tornasse utile per creare un nuovo personaggio. Formidabile caratterista, Govi era una miniera di fantasia. Biografia
Nato nel popolare quartiere di Castelletto, in via Sant’Ugo 13, da Anselmo, funzionario delle Ferrovie di origine modenese, e da Francesca Gardini, detta Fanny, bolognese, a Govi venne dato il nome di Gilberto in onore di un suo zio paterno che portava lo stesso nome: era uno scienziato a cui è tuttora dedicata una via nella città di Parma.
La predisposizione al disegno lo portò ad iscriversi all’Accademia di Belle Arti: questo studio gli risulterà utilissimo nella sua carriera di attore. A sedici anni completa il corso all’accademia e viene assunto presso le Officine Elettriche Genovesi come disegnatore; nello stesso tempo entra in una nuova compagnia teatrale dilettante che fa parte dell’Accademia filodrammatica italiana con sede al Teatro Nazionale di Genova, struttura nella quale erano consentite solo recite in perfetto italiano.L'incontro con Rina Gaioni
Nel 1911 Govi incontra per la prima volta, appunto in filodrammatica, con Caterina Franchi Gaioni, conosciuta come Rina, che diverrà poi sua moglie con una cerimonia intima e riservata il 26 settembre 1917. Rina Gaioni sarà sempre al suo fianco anche come partner nella compagnia teatrale. La rottura con l'Accademia
Dopo l’invito esplicito dell’Accademia filodrammatica a non recitare più in dialetto, nel 1916 Govi decide di lasciare la struttura e di continuare per la sua strada (verrà poi riammesso come socio onorario una quindicina di anni dopo, nel 1931). Fonda così una nuova compagnia, la Compagnia dialettale genovese, esibendosi nei maggiori teatri cittadini sempre con grande successo. Lunga tournée in Sudamerica
E` nel 1926 che Govi lascia l'Italia per la prima volta: inizia la sua prima tournée in America latina, una vera e propria spedizione in piroscafo, durata mesi, che lo porterà a rappresentare in giro per il mondo ben settantotto commedie, direttamente dove vivevano numerosi immigrati italiani che appena pochi anni prima avevano iniziato un intenso movimento migratorio verso l'Argentina e l'Uruguay. Per Govi, solo il teatro
Govi non fece neppure a tempo, in realtà , ad avere un rapporto approfondito con il mezzo televisivo: la televisione era nata da pochi anni quando egli si stava ormai avviando verso la parte finale della sua carriera; il piccolo schermo, tuttavia, gli consentì – grazie alla registrazione dal vivo di alcuni suoi spettacoli - di farsi conoscere dal grande pubblico.Pochi riconoscimenti sotto la Lanterna
Sebbene fosse molto amato dai suoi concittadini, Govi non ha avuto dalla sua città natale molti riconoscimenti: basti pensare che nessuno dei molteplici teatri presenti in città è a lui intitolato. In effetti, a ricordarlo all'ombra della Lanterna rimangono i giardini "Gilberto Govi", edificati solo negli anni '80 nella zona storica della Foce e situati sopra il principale depuratore cittadino. Bibliografia
Filmografia
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