Operette morali (Leopardi)
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Le Operette morali furono pubblicate in parte nel 1827 (anno della prima edizione dei manzoniani Promessi Sposi) e completate nel 1834. Si tratta di ventiquattro scritti, di cui quindici in forma di dialogo: diciannove del 1824, una del 1825, due del 1827 e due del 1832. le operette seguono l’evoluzione filosofica del secondo e terzo periodo del pessimismo leopardiano.
L’opera costituisce un momento essenziale dell’itinerario spirituale e stilistico del poeta ed è più speculazione poetica che filosofica in quanto esprime essenzialmente un atteggiamento dell’animo ed è, più che altro, un diario intimo, atto ad appagare, almeno momentaneamente i bisogni della ragione. Leopardi non giunge mai né alla affermazione certa né alla negazione totale, bensì propone una domanda, esprime un dubbio, mentre la prepotente vitalità sentimentale è espressa con sicurezza e misura.
Le operette morali sono la trasposizione fantastica della concezione filosofica leopardiana dell’esistenza. Lo spunto è dato da testi antichi e moderni, i personaggi derivano dall’arte (Tristano), dalla mitologia e dalla storia. I temi sono la morte come assenza del dolore, i confini tra vita e morte, l’infelicità , il pessimismo, la malvagità della natura, le illusioni che si infrangono contro il vero, la condanna all’infelicità del genere umano, il rapporto fra sogno e vero, il piacere come cessazione del dolore, l’origine della noia e i possibili rimedi, la caducità dell’esistenza la sopportazione del proprio destino, ipotesi di suicidio (Porfirio).
La felicità , per Leopardi, è solo nell’attesa, la contrapposizione tra sentimento e ragione uccide la speranza (almanacchi). L’animo eroico non deve accettare l’ottimismo illuministico, ma deve contemplare coraggiosamente la morte.