Pagina iniziale | Navigazione |
Google

Petronio

Petronio (20 – 66).

Probabilmente l'autore del Satyricon è T. Petronius Niger, console verso il 62, suicida per volontà di Nerone nel 66. Il cognome Arbiter, attestato nella tradizione manoscritta del Satyricon e in qualche testimonianza indiretta, deriva forse dalla definizione presente in Tacito: elegantiae arbiter. Come scrittore, Petronio è nominato pochissime volte e solo a partire dal III secolo.

Opere

Il Satyricon è un lunghissimo frammento narrativo in prosa, con parti in versi, residuo di una narrazione assai più lunga, il titolo era, probabilmente, Satyrica (oppure Satirica o Saturae) ed era probabilmente formato da due grecismi: Satyri (I Satiri, personaggi del mito e del folklore greco) più il suffisso di derivazione greca -icus (-ikòs), lo stesso che serve alla formazione di titoli come Georgica («Le Georgiche», ossia "Poema dei contadini") oppure derivava dalla parola latina satura. In ogni caso, il titolo usuale Satyricon non è esatto, infatti è un genitivo plurale neutro, retto da "libri", esattamente come Georgicon libri = Georgica = Le Georgiche, ma, per consuetudine, si usa la forma Satyricon. Non si sa di quanti libri era composto il romanzo e non risulta con sicurezza che Petronio abbia scritto altre opere letterarie. L' Anthologia Latina (raccolta di poesie di vari autori o anonime, redatta nel V-VI secolo) preserva alcuni carmi e frammenti poetici trasmessi sotto il nome di Petronio, altri sono stati assegnati a Petronio dai moderni per ragioni stilistiche. Forse, una parte di tale materiale poetico originariamente, apparteneva al Satyricon, che doveva contenere svariati inserti poetici. Il testo ebbe un destino complesso, fu mutilato, antologizzato ed interpolato in età tardo-antica. Di tale riduzione del Satyricon una sezione, l'episodio noto come Cena Trimalchionis, la parte oggi più popolare del romanzo, ricomparve nel XVII secolo, altre parti erano note agli umanisti italiani dal 1423. Pregiudizi moralistici limitarono a lungo la diffusione dell'opera di Petronio, e le preclusero l'accesso alle scuole, ma lo sviluppo del romanzo europeo (soprattutto nel Sei-Settecento, quando il testo conosciuto corrispondeva ormai a quello attuale) fu profondamente influenzato da questa narrazione di avventure comiche, satiriche, paradossali. Grandi artisti moderni come Flaubert o Joyce hanno riconosciuto il loro debito verso questo isolato esperimento della narrativa antica.

Il Satyricon

Del Satyricon sono incerti l'autore, la data di composizione, il titolo e il significato del titolo, l'estensione originaria, la trama, il genere letterario in cui si inserisce e le motivazioni per cui quest'opera per molti versi eccentrica venne concepita e pubblicata. Infatti nessun autore antico dice chi fosse il misterioso Petronius Arbiter autore, secondo la tradizione manoscritta, del Satyricon. A giudicare dalla ridottissima tradizione indiretta del Satyricon, l'opera deve essere stata composta entro la fine del II secolo. Tacito, che non parla del Satyricon, presenta però, nel XVI libro degli Annali, uno straordinario ritratto di un cortigiano di Nerone, di nome Petronio, considerato da Nerone il giudice per eccellenza dello stile e della raffinatezza, l' elegantiae arbiter. L'identità del Petronio tacitiano con il Petronio Arbitro autore del Satyricon è oggi generalmente accettata. Descrivendo le circostanze della morte di Petronio, Tacito delinea un personaggio paradossale. Petronio era stato un valido ed efficiente uomo di potere; proconsole in Bitinia, poi console, ma la qualità che lo rendeva prezioso a Nerone erano la raffinatezza ed il gusto estetico. Petronio, costretto al suicidio neI 66 da intrighi di palazzo, stupì ancora una volta, realizzando un suicidio paradossale come lo era stata la sua vita. Nessuna ostentazione di severità stoica, anzi, il suo suicidio sembra essere stato concepito come una parodia del teatrale suicidio tipico di certi oppositori del regime. Recidendosi le vene e poi rallentando ad arte il momento della fine, Petronio passò le ultime ore a banchetto, ma, occupandosi di poesia e senza lanciare proclami filosofici o testamenti politici. D'altra parte, accanto a queste manifestazioni provocatorie, volle mostrarsi anche serio e responsabile: si occupò dei suoi servi e denunciò apertamente i crimini dell'imperatore (nella sua lettera-testamento erano infatti elencate e smascherate le malefatte del principe). Distrusse poi il suo anello, perché non fosse riutilizzato in qualche contraffazione o intrigo politico. Il ritratto deve molto all'arte di Tacito, tuttavia le somiglianze con l'atmosfera del romanzo sono notevoli.

Spregiudicatezza, acuto sguardo critico, disillusione, un’aristocratica cultura letteraria, sono qualità comuni sia all'autore del Satyricon, sia al Petronio tacitiano. Non è certo che Tacito conoscesse direttamente il romanzo, ma se lo conosceva, forse ne ha tenuto conto nel tracciare il suo ritratto di Petronio. La Presa di Troia cantata dal poeta Eumolpo nel Satyricon pare una allusione al poema di Nerone sulla guerra di Troia, se l'autore è il Petronio di Tacito, sono possibili allusioni all'ambiente della corte neroniana, ma sfugge il senso di questa operazione (satirico, polemico, o destinato al divertimento della corte). Tutti gli elementi di datazione desunti dal testo del romanzo concordano con una datazione non oltre il principato di Nerone. Le allusioni a personaggi storici, i nomi di tutte le figure del romanzo, i presupposti sociali della trama (economia, diritto, istituzioni, e l'ambientazione in genere) sono tutti compatibili con tale periodo di composizione e nessun singolo indizio implica una datazione più tarda. Il linguaggio parlato da alcune figure minori del romanzo, (i liberti del convito in casa di Trimalcione) è profondamente diverso dal latino letterario (quasi una coloritura verista) e costituisce una preziosa fonte di informazione sulla lingua d'uso popolare, che si può combinare con attestazioni di tipo sub-letterario, come i graffiti di Pompei, le glosse (parole rare, perché non letterarie, recepite dai grammatici e dai lessicografi della tarda latinità) e con quelle tracce di lingua d'uso presenti in Plauto, Catullo e nei prosatori meno stilizzati. La lingua dei liberti armonizza con tali testimonianze, e si distacca dal latino che Petronio usa, attraverso il narratore Encolpio, nelle parti narrative del romanzo. Il contrasto è voluto e presuppone un sapiente dosaggio artistico. I volgarismi sono spie non di uno strato storicamente tardo, della lingua, ma di uno strato "basso", che corre per un lungo periodo storico, ed è normalmente escluso dalla selettività del linguaggio letterario. Portarlo alla luce, è una ricerca artistica di Petronio, guidata da un preciso programma letterario. Il Satyricon è un frammento di narrazione che nelle sue grandi linee è continuo, ma che deve aver subito dei tagli, delle interpolazioni e degli spostamenti di sezioni narrative. La parte più integra è l’episodio della Cena di Trimalcione. sicuramente il testo che resta era preceduto da un lunghissimo antefatto (narrato in quattordici libri, secondo i codici) e seguito da una parte di lunghezza imprecisabile.

La storia è narrata in prima persona dal protagonista Encolpio, l'unico personaggio, oltre a Gìtone, che compare in tutti gli episodi. Encolpio attraversa una successione indiavolata di peripezie, e il ritmo del racconto è variabile; talora scarno e riassuntivo, a volte, come nella cena in casa di Trimalcione, lentissimo e ricco di dettagli realistici. Encolpio, un giovane di buona cultura, è perseguitato dal dio Priapo che gli ha tolto la virilità. Egli visita parecchie città del meridione in compagnia del giovane Gitone e dell'amico Ascilto, incorrendo in varie avventure mariolesche ed erotiche. Al terzetto si unisce Eumolpo, un vecchio ribaldo, ma poeta e critico, che in un episodio canta "La presa di Troia" e "La guerra civile", probabili parodie delle opere di Nerone e di Lucano. Quando il testo si interrompe, il protagonista è in una situazione di pericolo, creata dal tentativo di liberarsi da una minaccia incombente.

È impossibile immaginare il finale dell'opera, poiché nessuno degli episodi pervenuti lascia prevedere quello successivo o la conclusione della vicenda. Il bellum civile di Eumolpo contiene dei precisi riferimenti alla Pharsalia di Lucano, però questi morì solo un anno prima del Petronio tacitiano, lasciando l'opera incompiuta, d'altra parte, é probabile che almeno la prima parte del poema fosse già in circolazione da tempo. Nessuno dei termini moderni usati per definire la narrativa di invenzione (novella, romanzo, ecc.) ha una tradizione classica e neppure dei reali corrispettivi nel mondo antico. Gli antichi applicavano alle opere narrative termini molto generici (historia, fabula), o designazioni particolari usate senza nessun rigore (Milesia). Per questa categoria di testi non ci sono trattazioni teoriche: non se ne occuparono retori, filosofi e critici letterari; i titoli sono generici e non distinguono questo genere da altri tipi di narrativa, anche se è probabile che di narrativa si facesse un grande consumo, pochi letterati antichi si occupano direttamente del fenomeno; alcuni, presumibilmente, si vergognano di confessare queste frivole letture. I critici moderni definiscono "romanzi" un gruppo ristretto di opere antiche, che cadono in due tipologie molto differenti:

(a) due testi latini, reciprocamente indipendenti e poco simili tra loro: il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio.

(b) una serie di testi greci, databili fra il I secolo e il IV secolo DC. Di altre opere assimilabili restano frammenti papiracei o notizie mediate (riassunti, citazioni).

Al contrario dei romanzi latini, tali opere greche presentano una notevole omogeneità e permanenza di tratti distintivi. Soprattutto, la trama è quasi invariabile: si tratta delle traversie di una coppia di innamorati, che sono separati dalle avversità e, prima di riunirsi e coronare il loro amore, superano mille avventure e pericoli. Gli intrecci stanno tutti nella serie degli incidenti che ritardano il felice scioglimento: scambi di persona, naufragi, intrighi di rivali, finte morti, viaggi in paesi lontani, etc. Il tono è quasi sempre serio, e i protagonisti sono figure patetiche che suscitano simpatia. Lo scenario è variabile e spazia nei paesi del Mediterraneo grecizzato: scarso è l'interesse per la realtà contemporanea, tenue l'inquadramento storico. L'amore è trattato con pudicizia, è una passione seria ed esclusiva, molta suspense della storia è nei modi avventurosi con cui l'eroina serba fino in fondo la sua castità per il giovane che ama, sfuggendo alle insidie. Il romanzo greco è una versione narrativa di trame tipiche della Commedia Nuova ateniese, ossia storie di amori contrastati. Un'importante differenza è che lo scenario è immensamente dilatato: non più un tranquillo angolo borghese di città, ma gli spazi aperti del mare e di terre esotiche.

Nel romanzo di Petronio l'amore è visto in modo ben diverso. Non c'è spazio per la castità e nessun personaggio è un credibile portavoce di valori morali. Il protagonista è sballottato tra peripezie sessuali di ogni tipo, e il suo partner preferito è maschile; l’erotismo è esplicito ed è una continua fonte di situazioni comiche. Per certi versi il Satyricon pare una parodia dell'idealizzato romanzo greco d'amore, infatti, la parodia è fondamentale nella poetica di Petronio e spiega molti effetti comici del Satyricon, ma non in modo esclusivo. A partire dal I secolo AC ebbe grande fortuna una letteratura novellistica, caratterizzata da situazioni comiche, spesso piccanti e amorali. Un filone importante è quello che gli antichi definivano fabula Milesia, perché risale a un'opera greca di notevole popolarità, i Milesiakà di Aristide di Mileto (il titolo si riferisce alla città di Mileto, in Asia Minore). Le novelle di Aristide (II secolo AC) erano state riprese a Roma nel I secolo AC e lo stesso materiale narrativo era portato in scena dal mimo romano.

Petronio utilizzò ampiamente questo filone di narrativa non idealizzata. I temi tipici di questa novellistica di stampo boccaccesco si oppongono a qualsiasi idealizzazione della realtà: gli uomini sono sciocchi, le donne pronte a cedere. Gran parte di questa produzione narrativa popolare è andata perduta, sia per lo scarso livello letterario, che la rendeva indegna di attenzione agli occhi dei dotti medioevali, occidentali e bizantini e anche, per i contenuti immorali. I papiri egiziani hanno restituito alcuni esempi di narrativa comica, ed è possibile che in questo filone figurassero non solo novelle, ma anche romanzi. Il Satyricon e le Metamorfosi di Apuleio non sono stati casi isolati, ma nessun testo narrativo classico conosciuto si avvicina alla complessità letteraria che caratterizza l'opera di Petronio. La parte del romanzo che resta si presenta come una libera successione di scene collegate da complessi richiami narrativi: ci sono personaggi che ricompaiono in vari episodi e situazioni tipiche che si ripetono, cambiano scenari e personaggi minori, ma Encolpio continua a essere intrappolato, umiliato, costretto a tentativi di fuga che si risolvono in peggioramenti ulteriori. La forma del romanzo è assai complessa: la prosa narrativa è interrotta da inserti poetici, alcune parti in versi sono affidate alla voce dei personaggi, soprattutto a quella di Eumolpo, è il caso della Presa di Troia e della Guerra Civile che sono le inserzioni più lunghe. Alcuni inserti sono motivati e hanno come uditorio i personaggi del romanzo, molte altre parti poetiche sono interventi del narratore, che commenta ironicamente gli eventi. Petronio si rivela come un poeta dalla versatilità tecnica straordinaria, la connotazione ironica scaturisce dal fatto che il commento poetico non corrisponde per stile, per livello letterario, per contenuto, alla situazione cui si riferisce. Ne derivano contrasti, scarti tra attese e realtà, tra illusioni e brusche ricadute anche di volgarità brutale. La presenza di un narratore passivo, ingenuo, sottoposto a continui mutamenti della sorte, tipica sia di Petronio e di Apuleio, sia della moderna narrativa picaresca (avventure di spregiudicati vagabondi), è un modo di costruire il racconto, ma l'uso libero e ricorrente di inserti poetici allontana il Satyricon dalla tradizione del romanzo. La libera alternanza di prosa e versi non è molto marcata nei testi narrativi antichi, il punto di riferimento più vicino è una "satira menippea", l'Apokolokyntosis di Seneca. (richiamandosi al filosofo cinico Menippo di Gàdara (II secolo AC), Varrone aveva intitolato Satire Menippee le sue Composizioni satiriche). Sembra che questo tipo di satira fosse molto vario per temi e per forma. Doveva comprendere anche parti in prosa. A questa tradizione si richiama l'Apokolokyntosis, un testo in prosa con svariati inserti poetici: sia citazioni di autori classici, che nel contesto narrativo assumono una valenza parodiata e distorta, sia parti poetiche originali, spesso rielaborazioni di moduli poetici tradizionali.

Una caratteristica interessante di questa menippea è il continuo scontro di toni seri e giocosi, di risonanze letterarie e di crude volgarità. La satira senecana è, però, una narrazione molto breve ed è impossibile paragonarla allo sviluppo del Satyricon, inoltre, è un testo di satira intesa come libello, come attacco personale al defunto imperatore Claudio. In Petronio, nessun intento del genere è percepibile, e al di là delle singole parodie e dei ritratti deformanti non si avverte un disegno polemico unificante. Petronio guarda alla tradizione menippea per molti aspetti della sua opera: la mescolanza di versi e di prosa e degli stili, e forse anche la struttura narrativa a blocchi, ma non esisteva un precedente per il Satyricon. L’alternanza di prosa e versi, che nella menippea era solo una risorsa formale, è in Petronio un modo inedito di costruire il racconto, poiché molto spesso gli inserti poetici forniscono al lettore la prospettiva in cui è immerso il narratore Encolpio. Il Satyricon deve molto, per trama e struttura del racconto, alla narrativa, sia seria sia comica e, per la forma, è debitore verso la satira menippea, ma trascende entrambe le tradizioni. La caratteristica più originale della poetica di Petronio è la sua carica realistica, evidente soprattutto nella Cena di Trimalcione, dove diventa anche un fenomeno linguistico. Il romanzo racconta la vita avventurosa di Encolpio, ma nel farlo descrive luoghi che non sono fuori del tempo, come nel romanzo greco, bensì sono luoghi tipici del mondo romano: la scuola di retorica, i riti misterici, la pinacoteca, il banchetto, la piazza del mercato, il postribolo, il tempio. L'autore mostra interesse per la mentalità delle differenti classi sociali e, nella Cena di Trimalcione, per il loro linguaggio quotidiano. Istanze realistiche sono presenti anche nella satira, nel mimo, nell'epigramma, talvolta nella commedia, ma il realismo della satira si sofferma su tipi sociali ben precisi visti attraverso un filtro morale, il commento morale è continuo, anche se spesso implicito, e il lettore è sempre in grado di formarsi un giudizio su tali realtà. Petronio, invece, non offre ai suoi lettori nessuno strumento di giudizio e non potrebbe essere altrimenti, in una narrazione condotta in prima persona, da un personaggio che è immerso in quel mondo sregolato. Anche quando Encolpio prende distanza dai fatti e critica o ironizza, non è mai fornita al lettore un'ideologia positiva.

L'originalità del realismo di Petronio è, non tanto nell'offrire frammenti di vita quotidiana, ma nel proporre una critica e disincantata visione del reale. La satira si ferma prima della protesta, dell'invettiva, della predicazione, mentre il romanzo è interamente dominato dal gusto della parodia. Le parti in versi suscitano contrasti ironici e l’ironia sembra rivolta sia verso la letteratura e i modelli che propone, sia verso la vita e le sue delusioni. La parodia di Petronio è carica di ambiguità e in qualche caso è inafferrabile. Eumolpo espone una sua critica del poema storico e poi la esemplifica poetando sul Bellum Civile: spiega tra l'altro che la poesia epica non può rinunciare all'apparato divino, forse è una critica alla Pharsalia di Lucano, che viola i canoni della tradizione eliminando le divinità olimpiche. Il Bellum civile contiene sia imitazioni virgiliane, sia allusioni a Lucano, ma è anche una poesia tremendamente convenzionale, che Petronio non considera certamente un modello positivo. Sottili effetti ironici nascono continuamente dall'uso di modelli letterari elevati, che non sono solo direttamente imitati nelle parti poetiche, ma forniscono anche una traccia per le parti narrative. Richiami alla grande epica sono particolarmente frequenti, soprattutto le allusioni all'Odissea, tale spunto parodistico va però inserito nel gioco generale delle parodie, anche se la struttura "di viaggio" del romanzo rende abbastanza naturale una parodia del poema omerico che ha un'enorme tradizione letteraria (la commedia, l'epigramma, i Priapea), ma fare di tali allusioni una chiave interpretativa generale è eccessivo. Petronio ha reinterpretato e parodiato tutti i generi letterari e i miti culturali della sua epoca: Omero e Virgilio, la tragedia, l'elegia, la storia, la filosofia, la letteratura "di consumo": romanzi sentimentali, novelle, mimi, declamazioni, racconti di streghe, magia e lupi mannari.


GNU Fdl - it.Wikipedia.org




Google | 

Enciclopedia |  La Divina Commedia di Dante |  Mappa | : A |  B |  C |  D |  E |  F |  G |  H |  I |  J |  K |  L |  M |  N |  O |  P |  Q |  R |  S |  T |  U |  V |  W |  X |  Y |  Z |