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Claudio Nerone Cesare

Tiberio Claudio Nerone Domiziano Cesare (15 dicembre 37 - 6 giugno 68), nato Lucio Domizio Enobarbo in Anzio, Imperatore Romano dal 54 al 68 pronipote di Augusto e fratellastro di Britannico.

Nerone
Imperatore Romano
Enobarbo (Nerone) era figlio di Agrippina minore, quarta moglie di Claudio, che lo aveva adottato appena prima della propria morte (e questo si considera il risultato delle manovre di Agrippina e Seneca , tutore di Nerone) molto probabilmente per assicurarne la successione.

Dopo la salita di Nerone al potere, Agrippina, sua madre, divenne più favorevole a Britannico, figlio legittimo di Claudio, ma Britannico fu presto ucciso nel 55 (c'è il sospetto che Sesto Afranio Burro, Prefetto del Pretorio e buon amico di Seneca fosse in qualche modo coinvolto nell'omicidio) ed il potere di Agrippina finì. Burro e Seneca insieme divennero gli uomini più influenti di Roma, e qualcuno sostiene che Nerone fosse solo un loro uomo di paglia.

Nerone è probabilmente più conosciuto per la sua vita privata, che è stata considerata immorale nel giudizio di molte culture. Il regno di Nerone, costellato da numerosi omicidi e comportamenti immorali di tutte le figure coinvolte, non è fra le pagine più brillanti della storia di Roma.

Il primo scandalo coincide con il suo primo matrimonio, considerato incestuoso, con la sorellastra Ottavia, figlia di Claudio; Nerone più tardi divorziò da lei quando si innamorò di Poppea. Questa, che era descritta come una donna notevolmente bella e più tardi sposò Nerone, fu contemporaneamente coinvolta in una storia d'amore con Marco Salvio Otone, grande ed intimo amico di Nerone stesso; Otone fu dissoluto come Nerone. Il pettegolezzo su questo presunto triangolo si riscontra in molte fonti (Plutarco Galba 19.2-20.2; Svetonio Otone 3.1-2; Tacito due versioni: Storie 1.13.3-4; Annali 13.45-46; e Dio Cassio 61.11.2-4). Tuttavia Poppea nel 58 divenne moglie di Nerone ed è sospettata di aver organizzato l'omicidio di Agrippina (nel 59) con l'acquiescenza di Nerone. Otone fu subito (nel 59) mandato come governatore in Lusitania, e questo è stato interpretato come il risultato del suo coinvolgimento nell'affare.

Nel 62 Burro morì e Seneca si ritirò; Nerone rimase senza i suoi consiglieri; pochi mesi più tardi sposò Poppea. Una teoria sostiene che Poppea tentasse in quegli anni (58-62), di separare Nerone da tutti i suoi amici e consiglieri; in questo caso avrebbe potuto non essere casuale ciò che accadde a Burro e Seneca.

Presto Nerone trovò un nuovo consigliere in Tigellino (già esiliato da Caligola per adulterio con Agrippina), che fu immediatamente nominato Prefetto del Pretorio. Uno dei primi effetti della nomina di Tigellino fu l'introduzione di una serie di leggi sul tradimento e l'esecuzione di numerose condanne capitali.

Nel 63 Nerone e Poppea ebbero una figlia che morì giovanissima.

L'Incendio di Roma (64) è tradizionalmente considerato opera di Nerone, ma non esiste una obiettiva evidenza di questo. Roma fu gravemente danneggiata da tale incendio che si scatenò di notte in zone densamente popolate come la Suburra in cui si ergevano le insulae, quasi una sorta di moderni condomini di 3 o 4 piani costruiti in legno. La leggenda narra che Nerone, indifferente, rimanesse a suonare la sua lira sul colle del Quirinale, mentre la città veniva distrutta. Del disastro Nerone incolpò i cristiani.

Tacito, storico romano, ha tramandato questo "affare". Se ne riporta la traduzione e chi lo desidera può leggere il testo originale in Annali (XV.44)

... e così, dando credito alle voci, Nerone accusò falsamente e si accanì con estrema raffinata crudeltà contro una classe odiata per le sue nefandezze, comunemente chiamata dei Cristiani. Cristo, da cui il loro nome deriva, era stato giustiziato da Ponzio Pilato sotto il regno di Tiberio. Arrestata per un momento, questa perniciosa superstizione rivenne fuori, non solo in Giudea, sorgente di tutte le diavolerie, ma addirittura a Roma... Secondo la legge furono dapprima arrestati coloro che confessarono; poi, su loro denuncia, una gran moltitudine fu condannata, non tanto per incendio doloso, quanto per odio verso l'umanità. Oltre che essere messi a morte, furono trasformati in oggetto di divertimento; furono rivestiti di pelli di animali e sbranati dai cani; altri furono crocifissi, altri vurono messi nel fuoco per illuminare la notte al tramonto. Nerone aveva aperto i suoi sotterranei per mostrarli, ed organizzava giochi nel circo, dove si mescolava alla folla travestito da auriga, o guidando il suo cocchio. Tutto questo scatenò un sentimento di pietà, anche verso gente che meritava punizioni esemplari; per questo si disse che erano caduti non per il pubblico interesse, ma per la crudeltà di un individuo.

Dopo l'incendio, Roma fu ricostruita e si suppone che Nerone svolgesse un ruolo dominante nella ricostruzione stessa; fu allora che cominciò l'edificazione della sua fastosa residenza: la Domus Aurea.

Nel 65 Nerone fu coinvolto in un altro scandalo considerato dalla società sua contemporanea più grave di quanto non lo sarebbe adesso. Era considerato sconveniente per un Imperatore Romano dare spettacolo recitando, cantando e suonando la lira.

Odiato dai cittadini quasi all'unanimità, con una lista crescente di nemici politici, Nerone cominciò ad apprezzare la sua solitudine quando, nel 65, scoprì la congiura pisoniana (così chiamata da Caio Calpurnio Pisone che intendeva prendere il suo posto) che coinvolgeva vecchi amici come Seneca. Ai cospiratori si ordinò il suicidio.

Inoltre Nerone, in base ad un semplice sospetto ordinò il suicidio di Gneo Domizio Corbulo, popolare e valoroso generale. Questa decisione spinse i comandanti militari, a Roma e nelle provincie, a pianificare una rivolta. Inoltre in quel periodo, secondo la tradizione, ordinò anche la crocefissione di San Pietro e, più tardi la decapitazione di San Paolo

Nel 66, morì Poppea, forse per mano dello stesso Nerone. L'anno successivo, nel 67, l'imperatore partì per la Grecia, dove divertiva gli ospiti con prestazioni artistiche, mentre a Roma, Nimfidio (collega di Tigellino che aveva preso il posto dei congiurati pisoniani) andava procurandosi il consenso di pretoriani e senatori.

Di ritorno a Roma dopo la tournée, Nerone trovò un'atmosfera piuttosto fredda; Caio Giulio Vindex governatore della Gallia Lugdunense, si ribellò, e questo spinse Nerone alla ricerca paranoica di ogni possibile minaccia; in questo stato mentale ordinò l'eliminazione di ogni patrizio con idee sospette. Il suo, fino allora, fedele seguace Galba, governatore dell'Iberia (Spagna), era uno di questi pericolosi nobili, cosicché ne ordinò la morte. Galba, privo di alternative, dichiarò la sua fedeltà al Senato ed al popolo romano, non riconoscendo più l'autorità di Nerone e cominciando ad organizzare la campagna per la sua ascesa all'impero.

Come risultato, Lucio Clodio Macero, comandante della III legione Augusta in Africa, si ribellò e bloccò l'afflusso di grano verso Roma. Nimfidio corruppe la guardia imperiale, che si ribellò a sua volta a Nerone, con la promessa di somme di denaro da parte di Galba.

Il Senato depose Nerone che si suicidò il 6 giugno 68. Con la sua morte terminò la dinastia Giulio-Claudia.

Si veda anche:

Roma, Impero Romano, Imperatori Romani e, (in inglese): Genealogia Giulio-Claudia

Imperatori Romani
Preceduto da:
Claudio (41 - 54)
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