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Domus Aurea

"Bene! Finalmente posso cominciare a vivere come un essere umano!" ( —Nerone, entrando per la prima volta nella sua Domus Aurea.)

La Domus Aurea ("Casa Dorata" in latino) era un grande palazzo costruito dall'imperatore romano Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64 d.C. Costruita (in mattoni, non in marmo come talvolta si immagina), nei pochi anni tra l'incendio e il suicidio di Nerone nel 69 d.C., gli estesi rivestimenti in oro che le diedero il suo nome non erano gli unici elementi stravaganti dell'arredamento: vi erano soffitti stuccati incrostati di pietre semi-preziose e lamine d'avorio. Plinio il Vecchio assistette alla sua costruzione (La Storia Naturale xxxvi. 111).

Al centro dei giardini, che comprendevano boschi e vigne, c'era un lago artificiale. Nerone commissionò anche una colossale statua in bronzo di 37 metri raffigurante se stesso, vestito con l'abito del dio-sole romano Apollo, il Colossus Neronis, che fece posizionare di fronte all'entrata principale del palazzo. Il colosso fu successivamente riadattato con le teste di vari successivi imperatori, prima che Adriano lo spostasse presso l'Anfiteatro Flavio. Lo stadio prese quindi il nome di Colosseo nel Medio Evo, dal colosso che risiedeva nei suoi pressi. Il nome rimase nei secoli.

La Domus Aurea era una villa per feste— 300 stanze e non una camera da letto. La vera residenza di Nerone rimase sul colle Quirinale. Stranamente, non sono ancora state scoperte neanche cucine, o latrine.

Le camere rivestite di marmo finemente levigato componevano intricate planimetrie, composte di nicchie ed esedre che concentravano o disperdevano la luce del sole. Vi erano piscine sui vari piani, e fontane nei corridoi. Nerone si interessò in ogni dettaglio del progetto, secondo gli Annali di Tacito, e supervisionava direttamente gli architetti Celere e Severo.

Alcune delle stravaganze della Domus Aurea ebbero ripercussioni sul futuro. Gli architetti disegnarono due delle sale da pranzo principali in modo che fiancheggiassero un cortile ottagonale, sormontato da una cupola con un gigantesco abbaino centrale che lasciava entrare la luce del giorno. Fu questo, probabilmente, il primo uso della cupola in un edificio che non fosse un tempio dedicato agli dei, quale il Pantheon, e un esempio precoce dell'utilizzo del cemento. Anche un'altra innovazione era destinata ad avere una grande influenza sull'arte futura: Nerone pose i mosaici, precedentemente riservati ai pavimenti, sui soffitti a volta. Ne sopravvivono soltanto dei frammenti, ma questa tecnica sarebbe stata imitata costantemente, per diventare un elemento fondamentale dell'arte cristiana: i mosaici che decorano innumerevoli chiese a Roma, Ravenna, Costantinopoli e in Sicilia.

Celere e Severo crearono anche un ingegnioso meccanismo, mosso da schiavi, che faceva ruotare il soffitto della cupola come i cieli dell'astronomia antica, mentre veniva spruzzato profumo e petali di rosa cadevano sui partecipanti al banchetto— petali in tali quantità che uno sfortunato ospite ne fu asfissiato— o forse questa è parte delle leggende calunniose ideate dai molti nemici di Nerone e dai suoi successori al trono?

"Nerone tenne le feste migliori di tutti i tempi," spiegò l'archeologo Wallace-Hadrill ad un giornalista alla riapertura della Domus Aurea nel 1999, dopo anni di chiusura per restauri. "Trecento anni dopo la sua morte, durante gli spettacoli pubblici, venivano ancora distribuiti gettoni con la sua effige— un 'souvenir' del più grande showman di tutti." Nerone, ossessionato dal suo status di artista, certamente guardava alle sue feste come opere d'arte.

Gli affreschi ricoprivano ogni superficie che non fosse ancor più rifinita. L'artista principale era Fabullo, l'unico pittore dell'antichità di cui possiamo effettivamente identificare le opere. La tecnica dell'affresco, applicata al gesso fresco, richiede un tocco veloce e sicuro: Fabullo e i suoi collaboratori ricoprirono una percentuale impressionante dell'area. Plinio, nella sua Storia Naturale, racconta di come Fabullo si recasse solo per poche ore al giorno alla Domus, per lavorare solo quando la luce era adatta. La rapidità dell'esecuzione di Gabullo dona un'unità straordinaria alla sua composizione, e una delicatezza sorprendente alla sua esecuzione.

Dopo la morte di Nerone, la Domus Aurea rimaneva una grossa fonte d'imbarazzo per i suoi successori. Fu depredata dei suoi marmi, dei suoi gioielli e del suo avorio in un decennio. Poco dopo la morte di Nerone cominciarono le costruzioni sul palazzo e i suoi giardini di più di 2.5 chilometri quadrati: i cantieri per le Terme di Tito erano già avviati nel 79 d.C. Vespasiano utilizzò lo spazio in cui era stato scavato il lago artificiale per costruire l'Anfiteatro Flavio, che appunto poteva essere allagato per inscenare battaglie navali, col Colossus Neronis nei suoi pressi. Anche le Terme di Traiano ed il Tempio di Venere e Roma risiedono nel terreno occupato dalla Domus. In quarant'anni, la Domus Aurea fu completamente obliterata, seppellita sotto nuove costruzioni, ma paradossalmente questo fece in modo che i 'grotteschi' dipinti potessero sopravvivere; la sabbia funzionò come le ceneri vulcaniche di Pompei, proteggendoli dal loro eterno nemico, l'umidità.

Quando un giovane romano cadde accidentalmente in una fessura sul versante del colle Aventino alla fine del XV secolo, si ritrovò in una strana grotta, piena di figure dipinte. Ben presto i giovani artisti romani presero a farsi calare su delle assi appese a corde per poter vedere loro stessi. Gli affreschi scoperti allora sono ormai sbiaditi in pallide macchie grigie sul gesso, ma l'effetto di queste decorazioni "grottesche," per l'appunto, furono elettrizzanti per l'intero Rinascimento. Quando il Pinturicchio, Raffaello e Michelangelo si infilarono sotto terra e furono fatti scendere lungo dei pali per poter studiare queste immagini, ebbero una rivelazione di quello che era il vero mondo antico. Accanto alle firme di illustri e successivi turisti incise sugli affreschi, quali quelle di Casanova e del Marchese de Sade a pochi centimetri di distanza l'una dall'altra (British Archaeology, Giugno 1999), vi si possono leggere anche le firme di Domenico Ghirlandaio, Martin van Heemskerck, e Filippino Lippi[1].

L'effetto sugli artisti rinascimentali fu istantaneo e profondo— lo si può notare in maniera ovvia nella decorazione di Raffaello per le logge nel Vaticano. La scoperta, però, significò anche l'ingresso dell'umidità nelle sale, e questo avviò il processo di lento, inevitabile decadimento. Alla forte pioggia fu attribuito anche il crollo di una parte del soffitto (Archaeology, Giugno/Luglio 2001).

References

Alasdair Palmer, "Nero's pleasure dome," in London Sunday Times 11 Luglio, 1999


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