Francesco Guicciardini
Francesco Guicciardini nacque a Firenze nel marzo del 1483 e morì nel 1540, quando da circa due anni si era ormai ritirato a vita privata. La sua carriera fu favorita da un'acuta intelligenza e dall’amicizia con Casa Medici. Dopo aver affrontato gli studi umanistici, si laureò a Pisa in diritto civile dedicandosi poi all’avvocatura.Nel 1511, intraprese la carriera politica come ambasciatore in Spagna, presso Ferdinando il Cattolico, in rappresentanza della Repubblica Fiorentina. In seguito, favorito dal ritorno dei Medici al potere (1512), ricoprì importanti incarichi.
Dopo la discesa di Carlo V in Italia (1522), Guicciardini promosse segretamente la lega di Cognac (1526) fra Clemente VII, Firenze, gli Sforza, Venezia, la Francia l'Inghilterra contro Carlo V. Fu allora che venne nominato luogotenente generale dell'esercito pontificio. Carlo V ebbe però il sopravvento, la Lega fu sconfitta, Roma fu saccheggiata e Firenze dovette capitolare (1527).
Dopo aver nuovamente cacciato i Medici, Firenze, per tre anni, si costituì Repubblica e Guicciardini, pur vivendo appartato, fece pervenire i suoi consigli al nuovo governo. Nel 1529, essendosi formato un governo popolare, egli dovette trasferirsi a Roma con la famiglia, accettando nuovi incarichi presso la corte pontificia.
Nel l530, quando i Medici rientrarono a Firenze, si schierò in loro favore, ma presto fu lasciato da parte, vittima di calunnie e di intrighi degli avversari. Guicciardini si ritirò allora nella sua villa di Arcetri dove si dedicò alla stesura della Storia d'Italia, il suo capolavoro.
L’attività letteraria di Guicciardini strettamente connessa all'attività politica che svolse. Le sue opere, come la sua vita, rivelano riserbo, senso della misura, profonda conoscenza degli uomini e dei retroscena delle vicende storiche. Con lui la storiografia diventa scienza moderna, per l’attenta disanima delle fonti.
I fatti storici sono valutati e concatenati alla luce di interessi particolari, forze, situazioni, anche se Guicciardini, al contrario di Machiavelli, non risale dal “particulare” ai principi generali che superano i fini contingenti ed il momento storico.
La parola “particulare”, usata da Guicciardini, stata spesso travisata dai commentatori. Infatti, essa non indica la difesa di meschini interessi, bensì esalta i valori dell’individualità. Al concetto di “particulare” si collega la “discrezione”, ossia il discernimento, la capacità di operare le scelte pi opportune.
Guicciardini, infatti, diffida delle teorie e si affida alla “discrezione”, ossia alla capacità di valutazione personale, poiché convinto che nella storia nulla si ripete, e che, quindi, il politico può fare affidamento sul senso pratico e non sulla teoria. Guicciardini, ponderatamente, descrive i politici come opportunisti ed ambiziosi, sempre pronti a far prevalere l’utilità sull’onestà.
Nonostante tale visione pessimistica della vita, lo scrittore non cinico e crede ancora nei principi morali, nell’azione e nell’entusiasmo. La “fortuna” (nel significato latino di “sorte”) uno degli elementi imponderabili che determinano le vicende umane. Guicciardini ritiene attuabile un equilibrio tra gli stati italiani, con Firenze in posizione egemone (ovviamente non formula il concetto di unità e indipendenza d’Italia, anche se ne ha a cuore le sorti ed auspica l’allontanamento degli stranieri).
Guicciardini accetta la fede cattolica, ma distingue da essa l’operato dei suoi rappresentanti e la politica della Chiesa, che critica con crudezza di espressioni, inoltre sente il bisogno di una riforma della Chiesa, ma non mostra simpatie per i movimenti ereticali.
De Sanctis non ebbe simpatia per Guicciardini ed infatti il critico romantico non nascose di apprezzare maggiormente lo spirito didascalico di Machiavelli.
La vita pubblica
L'attività letteraria
A) Il concetto di particulare
B) Il concetto di discrezione
C) Il concetto di fortuna
Il rapporto con la Chiesa
Il giudizio del De Sanctis
Le opere
(Vedi: Portale Filosofia | Progetto Filosofia)