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Impressionismo

Quando si dice Impressionismo, si sa che vuole intendersi quel movimento artistico, ed in special modo pittorico, il quale iniziatosi in Francia, nella seconda metà dell'Ottocento, durò fino ai primi anni nel Novecento.
Una precisa esperienza di gusto, un momento caratteristico e storicamente definito della civiltà artistica moderna.

L'impressionismo nella pittura

Da non confondersi dunque con l'Impressionismo d'ogni tempo che è solamente un modo rapido, abbreviato, sintetico di descrivere e rappresentare una forma; e dove, trattandosi di pittura, vedi il pennello fare un gioco scoperto, lumeggiare e disegnare e colorire a tocchi e tratti e guizzi, con la freschezza e vivezza delle felici improvvisazioni; che è in rapporto con una stato di concitazione visiva e sentimentale di fronte agli spettacoli della natura.
L'Impressionismo è un atteggiamento eterno e ricorrente dello spirito artistico; può essere assimilato ad un amore di sintesi, ad uno stato di particolare eccitazione mentale che si traduce in effetti di rapito moto e di accensione cromatica, e di violenta e combustione lineare, e di esaltazione luminosa.
Ma l'Impressionismo propriamente detto fu esperienza spirituale iniziatasi a
Parigi con quei pittori nella cui coscienza s'era venuto maturando un amor di natura disceso dalle proposizioni romantiche; quei pittori della famosa mostra del 1974 nella sale del fotografo Nadar, e precisamente: Claude Monet, Edgar Degas, Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cézanne, Camille Pissarro, Felix Bracquemond, Jean-Baptiste Guillaumin e l'unica donna Berthe Morisot.

Fu il critico d'arte Leroy che, pigliando lo spunto da un quadro di Monet esposto alla mostra ( Impression, soleil levant), intitolò un suo scritto illustrativo di quella mostra "Exposition des impressionistes". Una parola destinata ad aver fortuna, come quell'arte originale e felice.

Intorno al '30 pervenne un gusto pittorico fondato sulla effusione coloristica e sui vivi contrasti di luce ed ombra e sul moto delle linee; ed a poco a poco s'indirizzò verso i fatti e i valori della vita contemporanea, fino a sboccare nella polemica del realismo.
Il Romanticismo spogliato d'ogni sovrastruttura letteraria, diventa questo realismo, una comunione diretta dell'artista con la natura. E s'intende che un interesse alla natura così vivo, e sentito come immediatezza di sentimento, includesse un interesse alla realtà storica circostante, e cioè una vita umana non più rievocata e goduta come un mito, ma contemplata come attualità e quotidiana esperienza un atteggiamento morale, una disposizione psicologica che diventano dunque una nuova pittura.
Guardare agli spettacoli della strada, agli avvenimenti dei campi e delle città, ai costumi ed agli abiti degli uomini vivi; dimenticare gli insegnamenti del Museo ed uscirsene, chiusa la porta dello studio, all’aperto e riscoprire il mondo, significò sciogliere il linguaggio della pittura da ogni convenzione, e rifare un sentimento ed insieme una tecnica ed uno stile.
Sorge una pittura di toni chiari; dove le ombre, a riscontro dei gialli della gran luce meridiana, si fanno cerulee e viola; dove gli alberi possono apparire anche turchini; dove il nero ed il bitume (quel bitume che era il colore base della vecchi pittura) non hanno possibilità di affacciarsi; dove tutti i colori risplendono puri creando essi stessi lo spazio graduandosi come toni, moltiplicandosi e richiamandosi nei riflessi, nella illuminazione totale del quadro. Una pittura nella quale le immagini si imbevono di luce, respirano in pieno sole. Si tratta ormai di rendere sulla tela il profondo naturalismo ed individualismo del tempo; ed è così che i quadri oltre tutto assumono nuove, ridotte proporzioni.
Il pittore si trova ad essere un uomo che di primo mattino o di pieno meriggio o sul calar del sole se ne va per le strade ed i campi con suo zaino in spalla; se ne va a scoprire di che azzurro e verde si faccio un orto sotto la brina; di che luce risplenda il cielo e il fiume che lo riflette tra i freschi alberi; di che bruni e turchini e gialli e rossi si punteggino le strade, le piazze ed i giardini della città; e come tra le nebbie svaniscono le cattedrali; e come sotto le nuvole bianche si muovono l'erbe nei prati; e come sui tavoli delle osterie suburbane e sulle coppie di amanti il sole accenda i suoi lumi.
Un giovanile entusiasmo, un'euforia, una virile sensualità risolvono in espressione poetica quel desiderio di imitazione della natura, di fedeltà alle sue leggi positive, quale per esempio, quella dei colori complementari.

Nel 1863 Edouard Manet (1832-1883)dipinge il quadro Olympia d'Impressionismo ancora non si parla, di quel certo Illuminismo ad "en plein air". E tuttavia nel quadro si possono intravedere le caratteristiche principali di questo movimento che poi porteranno Manet a dipingere all'aperto i suoi famosi paesaggi, da considerasi i primi saggi del nuovo movimento.
Manet era considerato il leader di questo movimento, ma mal sopportava di essere strettamente identificato in un gruppo, e per distinguersi non partecipò ad alcuna delle mostre collettive.

Claude Monet (1840-1926) è l'impressionista più fedele alle scoperte sulla natura fisica della luce; il pittore che già nelle opere di Boudin e dell'amico Jongkind aveva trovato i segni del nuovo gusto.
Insieme con Pissarro (1830-1903) e con Sisley (1839-1890) Monet realizza quella pittura fresca, rapida, "a macchia", colorita soltanto coi colori dello spettro solare, che è l'Impressionismo tipico, quello che facilmente in seguito si volgerà, per essere così rispettoso dei valori ottici, alle astrattezze scientifiche del "pointillisme".
Una natura che la luce ed il colore fanno palpitare in ogni sua parte; che fatalmente Monet finirà per amare come frammento e vorrà chiudere, così espansiva, illimitata com’essa è, nel rettangolo della tela (si pensi alle sue Ninfee); quella natura fluente, abbagliante, tutta colloquio di elementi e vibazioni di fibre e molecole, quella natura dava il capogiro a Degas, fece ad un certo punto sazio Renoir, trovò in Paul Cézanne (1839-1906) il più innamorato dei nemici. La memoria delle forme classiche, sempre riaccesa nello spirito di questi tre grandi pittore, nonché smentire, dà un tono più alto e forma più complessa all’Impressionismo.

L'Impressionismo attinse a numerose fonti arricchendosi poi sempre di nuove esperienze; ad esempio alle antiche miniature francesi del sec. XIII, si giovò certo dell'esempio dei pittori inglesi si paesaggio come Richard Parker Bonington (1801-1828), William Turner (1775-1851) e trasse insegnamenti fin dalle stampe giapponesi.

Dalla Francia l'Impressionismo passò in ogni paese artisticamente civile d'Europa, trovandovi possibilità di sviluppo. Ma in Italia, salvo casi sporadici di pittori stati o vissuti a Parigi, il gusto dei pittori non fu propriamente, in senso stretto, impressionistico. Ad esempio i Macchiaioli ebbero un diverso modo d'intendere la forma ed il suo rappresentarsi nello spazio luminoso: modo che li riporta se mai a contatto della tradizione quattrocentista locale.

Grande impressionista a suo modo, ma non senza legami con la tradizione del suo paese, fu l'olandese Vincent Van Gogh (1853-1890), tra i massimi pittori del suo tempo, dionisiaco sommovitore d’una natura tutta ardore luminoso, movimento e colore, d’una natura già fuori d'ogni vincolo positivistico, tanto la lirica tensione dell'artista la trasfigura.
Altri pittori famosi furono il tedesco Maxime Liebermann (1847-1935), il danese Peter Severin Krojer (1851-1909), lo svedese Anders Zorn (1860-1920): traduttori nel loro paese del linguaggio impressionistico in forme d’agevole naturalismo.

L'Impressionismo nella letteratura

Questo movimento ebbe contatti con la letteratura ed influssi su di essa; come ad esempio Manet e lo scrittore Émile Zola. Ma è un incontro casuale, tra due scuole nuove, contro i comuni nemici. Ma il corrispondente vero dell'Impressionismo in letteratura è il Simbolismo; nell'uno e nell’altro è l'impressione immediatamente segnata, lo studio di suscitare nel pubblico l’impressione, invece di finirgli, compiuta, definita, la evocazione.

L'Impressionismo nella musica

Una compiuta trasposizione dei modi e delle teorie impressionistiche si ebbe nella musica.
Sotto l'aspetto morfologico e culturale, il concetto d'impressionismo musicale può riferirsi ad un momento eterno della civiltà, al momento conclusivo e decadentistico (nel senso d’un estremo arricchimento della sensibilità e del gusto) d'ogni cultura al tramonto: appaiono in esso quelle che i tedeschi dicono le "spätforment" d'una civiltà, le forme tardive, piene di succhi capziosi e di significati riposti, ma povere di vigore e di potere fecondativo.
Sotto l'aspetto della storia dello spirito, invece, l'impressionismo musicale è quella caratteristica concezione estetica e morale dell’arte occidentale e, in primo luogo, francese, che si libera verso la metà dell'Ottocento dal dogmatismo, ricercando una libertà formale che la scuola accusa di genericità ed inconsistenza. In questo ardente desiderio di "liberare" la forma individuale, il primo atto è quello di rinnegare, abbandonandole, le "forme" musicali tradizionali quali la sonata e la sinfonia e di escludere rigorosamente qui procedimenti compositivi che ad esse hanno dato netta configurazioni, quali l'impostazione tematica, gli sviluppi, le simmetrie architettoniche, ecc.

I maggiori esponenti di questo movimento nella musica furono: Claude Debussy (1862-1918), Maurice Ravel (1875-1937), Paul Dukas (1865-1935), Alexander Scriabin (1872-1915), Frederick Delius (1863-1937) ed in molti altri minori d'ogni paese.
In Italia non troviamo rappresentanti eminenti di quell'estetica all'infuori, forse, dell’eclettico Ottorino Respighi (1879-1936): ma quanto i musicisti italiani si rendono conto del movimento impressionistico, già sono sopravvenute in Francia ed altrove nuove tendenze.

    

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