Salvatore Quasimodo
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Quasimodo, nato a Modica, in provincia di Ragusa, nel 1901, vi rimase fino al 1921, quando, interrotti gli studi tecnici a causa di difficoltà economiche, si trasferì a Roma, dove iniziò lo studio del greco e del latino, dedicandosi ai classici destinati a divenire per lui fonte di schietta ispirazione. Per dieci anni fu funzionario del genio civile e svolse le sue mansioni in Calabria, Liguria, Sardegna, Lombardia. Stabilitosi a Milano, Quasimodo si dedicò completamente alla letteratura ed alla poesia, collaborò a riviste ed ottenne la cattedra di letteratura italiana presso il conservatorio G. Verdi. La sua poesia ottenne vari riconoscimenti tra cui il Nobel nel 1959. Le prime esperienze di Quasimodo (Acque e terre – 1930, Oboe sommerso – 1932, Odore di eucalyptus ed altri versi – 1933, Erato e Apollion - 1936 (Erato musa della poesia d’amore), Poesie – 1938) si svolgono nell’ambito di un assoluto ermetismo, teso a ricercare la purezza della parola e la rarefazione dell’immagine. La ricerca ermetica di Quasimodo va di là della parola, tentando di reinterpretare la lezione classica di lirica limpidezza. La sua poesia fatta di stilizzati paesaggi siciliani e di misura nello sfiorare i toni tragici. Del 1940 sono le traduzioni dei lirici greci che rendono perfettamente le antiche voci poetiche in un linguaggio moderno, riproponendo alla sensibilità contemporanea la lirica classica. Dopo la traduzione delle Georgiche (1942) Quasimodo pubblica Ed subito sera (1942) antologia di poesie tratta dalle precedenti raccolte ed integrata con nuove liriche in cui l’ermetismo ormai evoluto in un aperto canto di contemplazione della natura e di accurata meditazione umana. Con la raccolta Il piede straniero sopra il cuore (1946), riedita nel 1947 con il titolo Giorno dopo giorno sono approfonditi i temi del dolore e del compianto per gli uomini e per le loro sofferenze, per il sentimento ed il canto soffocati dalla guerra e dall’invasione straniera. Nei versi di Quasimodo la realtà tende a divenire mito, il verso diviene esempio, messaggio, passione e dolore delle cose, il sentimento non pi fatto individuale, bensì esperienza corale, partecipazione alla sofferenza. Tale mirabile equilibrio non stato eguagliato dalle successive raccolte (La vita non un sogno - 1949, Il falso eed il vero verde - 1955, La terre impareggiabile – 1958).
Tra il primo volume (Acque e terre – 1930) ed il secondo (Ed subito sera - 1942) compreso il pi fecondo periodo di Quasimodo. Per ragioni di età Quasimodo dovrebbe essere considerato contemporaneo di Ungaretti e Montale, invece questi furono i “maestri”, mentre Quasimodo appartiene alla seconda generazione dei poeti della “poesia nuova”. Quando dopo la guerra, pubblica Giorno dopo giorno (1947) Quasimodo riprende il discorso della raccolta precedente e la confronta con la nuova realtà. Al lavoro di creazione si affianca quello di traduttore, il suo capolavoro d’interpretazione Lirici greci (1940). Con tale libro il poeta inizia una splendida carriera di traduttore che fu per lui anche mezzo per vivere (da Shakespeare a Neruda). Nel 1959, il premio Nobel giunse a sorpresa sconcertando critica e mondo letterario che non seppero vedere il nuovo della poesia di Quasimodo e che accantonarono il poeta dopo la fama attinta negli anni ’40. La prima ragione di tale atteggiamento nella stessa poesia di Quasimodo, nella sua diversità, nel suo classicismo: il Quasimodo traduttore svela il poeta, poiché il suo mondo interiore ha una filosofia della bellezza che non attuale, bensì classica, tuttavia egli non tralascia i grandi eventi contemporanei (La terre impareggiabile – 1958, poesia per la ricerca spaziale etc.) poiché questo era il suo modo do rendere omaggio all’uomo. Quando, abbandonata la Sicilia, dove tornò con rinnovata nostalgia, ma dove non avrebbe pi saputo vivere, approdò a Milano e ritrovò la sua seconda condizione di vita, ma senza dimenticare le proprie origini, trovando un equilibrio fra le differenti sollecitazioni culturali, ecco perché in Quasimodo manca la disposizione drammatica. Dopo le incertezze iniziali il poeta trovò un dettato basato su pochissime parole essenziali e sul gusto dell’esclamazione che nel tempo non modificò in maniera sostanziale, limitandosi ad approfondirli ed a introdurre nuovi significati, pi umani, concreti, attuali, tutt’altro che accademici. L’esperienza della guerra gli portò la coscienza di nuove responsabilità sociali e politiche, della necessità di una riforma morale, ma non per questo modificò i modi del suo discorso. Dopo il 1945, Quasimodo aggiunge ai propri motivi poetici una valutazione positiva del lavoro umano. Tale seconda stagione la pi ricca, quella in cui il poeta trova un tono pi deciso e meno incline alle speculazioni sentimentali: meno confidenza rievocativa, maggior difficoltà di espressione lirica, ma estrema aderenza all’uomo, d’altra parte certi toni alti ed un certo vigore lirico dell’ultimo Quasimodo non si sarebbero ottenuti senza la pazienza del traduttore, anzi dell’interprete o del ricostruttore. Infatti il tradurre non stato per Quasimodo un mero divertimento o un mezzo per vivere, poiché tradurre per lui voleva dire scegliere e sperimentare. Tale attività porta dalla fioritura ermetica di Ed subito sera alla maggior aderenza ai temi della storia, alla poesia civile. Nell’arco della sua poesia passa dalle interrogazioni e dal compiacimento delle prime poesie all’affermazione ed all’assunzione delle proprie responsabilità. È emblematico il titolo dell’esile raccolta del 1966 Dare e avere il tempo della speculazione, del poeta “estraneo alla vita” osservatore del cosmo, sostituito dalla ragione civile e quella svolta che spesso segna per uno scrittore una battuta di arresto, per Quasimodo una nuova condizione che gli consente di uscire dalla dilettazione letteraria. L’esile libro di Quasimodo riporta l’esistenza, i colori, le esaltazioni di un’epoca ed identificano l’uomo moderno.
Poetica
Nella prima raccolta (Acque e terre - 1930) sono ben ravvisabili i legami con la tradizione (Pascoli, D’Annunzio). Le immagini hanno una fissità ed un nitore classici che le colloca in un’atmosfera tersa, lontana, atemporale, eppure realistica. La lezione di Ungaretti e Montale lo porta alla rivalutazione della parola, all’uso di forme ellittiche, all’analogia, con Oboe sommerso ed Erato e Apollion il poeta si adegua esteriormente all’ermetismo portandone all’estremo i caratteri salienti, ma in Nuove poesie (1936 - 1942) ritrova il felice equilibrio della prima raccolta. La traduzione che un ricreare, costringe il poeta ad una disciplina che lo affina nella ricerca del tono e della parola esatta, tersa, allontanandolo dal gratuito gioco delle allusioni troppo frequenti. Il vagheggiamento della Sicilia supera l’esperienza biografica, l’isola, mitizzata dall’evocazione, assume la valenza di un paradiso perduto, di un tempo trascorso irrimediabilmente. La Sicilia mitica un’alternativa al male di vivere, alla monotonia dei giorni sempre uguali. Quasimodo ritrova le forme metriche tradizionali e cerca di conciliare la visione onirica, i vagheggiamenti della memoria con il rigore espressivo,l’essenzialità la nitida rappresentazione che frutto della lezione degli antichi e dei moderni poeti. Nell’immediato dopoguerra (Giorno dopo giorno - 1947, La vita non un sogno - 1949) si verifica una frattura rispetto alla poesia precedente e nei versi del poeta irrompe la tragedia, ma anche la speranza. La meditazione sul dolore si inserisce nella realtà storica della guerra, ricorre il tema dell’esilio dai luoghi e dai miti familiari come simbolo della dolorosa condizione esistenziale dell’uomo e ne scaturisce una maggiore apertura al dolore del mondo.