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Storia dell'Iraq

Table of contents
1 Dalle origini all'indipendenza
2 I governi militari
3 Il regime di Saddam Hussein

Dalle origini all'indipendenza

L'Iraq è uno dei più antichi centri della civiltà, nella sua area si incontrano le culture di Babilonia e della Mesopotamia.

Dalla preistoria emersero intorno al 3000 a. C. i Sumeri, i quali furono qualche secolo più tardi soppiantati dagli Accadi. Ma gli imperi che si costituirono nella pianura attraversata dal Tigri e dall'Eufrate non furono mai in grado di eliminare una volta per tutte le minacce provenienti dalle tribù guerriere delle montagne e dai nomadi del deserto. Fallirono in questa impresa anche gli Assiri i quali, all'apice della loro potenza (sec. IX-VII a. C.) dominavano su un territorio che si estendeva dall'Egitto alla Persia.

Nel sec. VI l'Iraq fu il centro di un impero neoaccadico, che però non resse all'urto dei Persiani. In seguito l'Iraq decadde, se si esclude la parentesi seleucide, al ruolo di provincia di più vasti imperi: anzi, tra il sec. I a. C. e il sec. VII d. C. fu una zona di confine contesa dai Romani ai Parti e ai Sassanidi.

Nel 634 gli Arabi intrapresero la conquista del Paese.

Nel 749-750 una nuova dinastia di califfi, gli Abbasidi, ebbe il sopravvento e restituì all'Iraq il ruolo di centro di un vasto impero, la cui compattezza fu però ben presto incrinata da spinte centrifughe. Il califfato abbaside si trascinò nominalmente fino al 1258, quando Baghdad, la capitale, fu devastata dai Mongoli, ma la sua potenza e la prosperità dell'Iraq non sopravvissero al sec. IX.

Tra il Cinque e il Seicento l'Iraq fu conteso dagli Ottomani e dai Persiani: i primi finirono per avere la meglio, ma in realtà il potere locale passò nelle mani di pascià di fatto autonomi nei riguardi di Istanbul. Soltanto nel 1831 gli Ottomani recuperarono il diretto controllo della regione.

A cavallo del 1900 Inglesi e Tedeschi lottarono per assicurarsi l'egemonia economica nell'area. La prima guerra mondiale consentì a Londra di occupare militarmente il Paese: nel 1920 la Conferenza di Sanremo lo assegnò in mandato alla Gran Bretagna. La politica inglese si propose due obiettivi primari: assicurarsi il controllo dei giacimenti petroliferi iracheni (nel 1926 la Turchia fu costretta ad abbandonare le sue pretese su Mosul) e ingraziarsi i nazionalisti più moderati attraverso la concessione di una dinastia araba. Nel 1921 fu proclamato re dell'Iraq l'hascemita Faysal I.

Nel 1932 l'Iraq divenne uno Stato indipendente, anche se con uno status che lo poneva all'interno delle linee imperiali britanniche.

I governi militari

Dopo la morte di Faysal I (1933) la situazione politica interna degenerò rapidamente: il più evidente sintomo-causa della crisi fu l'intervento dei militari nella vita del Paese. Nel 1941 un ennesimo colpo di stato portò al potere un governo nazionalista favorevole all'Asse, ma un sollecito intervento inglese ricondusse l'Iraq nell'orbita imperiale. Nel dopoguerra il governo iracheno, quasi sempre dominato dalla personalità di Nuri Al Sa!id, si schierò decisamente a favore delle potenze occidentali: punto d'arrivo di questa politica fu la conclusione, nel 1955, del Patto di Baghdad. Nel campo arabo l'Iraq si propose come una potenza-guida, in alternativa all'Egitto. In politica interna si puntò sul petrolio, nella speranza di utilizzarne i frutti in vista di un progresso indolore. Ma la ventata nazionalista panaraba del 1958, che si cercò invano di contrastare riunendo l'Iraq alla Giordania nella Federazione Araba, mise a nudo le contraddizioni del regime. Il 14 luglio 1958, con un colpo di stato i militari proclamarono la Repubblica. !Abd al-Karim Qasim (1958-63) ritirò l'Iraq dal Patto di Baghdad, denunciò i precedenti accordi petroliferi e limitò le concessioni delle compagnie, si accostò all'URSS e ai comunisti iracheni. Ostile a un'unione con la RAU, Qasim combatté il Ba!t e i nazionalisti filoegiziani. Nel 1959 riaprì una controversia di frontiera con l'Iran e nel 1961 tentò invano sia di annettere il Kuwait sia di venire a capo dell'insurrezione curda. Nel 1963, presero il potere i militari del Ba!t e fu posto a capo dello Stato !Abd as-Salam !Arif, un altro protagonista della rivoluzione del 14 luglio, che subentrava a Qasim, ucciso nel corso del putsch. Messi in disparte, l'anno dopo, i suoi alleati del Ba!t, nel 1968 questi riguadagnarono il controllo del Paese con un nuovo colpo di stato e nominando presidente della Repubblica Ahmed Hasan Al Bakr. La politica filosovietica perseguita negli anni succesivi dal governo portò, tra il 1972 e 1975, alla nazionalizzazione di tutte le compagnie petrolifere straniere operanti nel Paese. Per quanto riguarda invece la questione curda, nel marzo 1974, il governo concesse l'autonomia ai Curdi, pretendendo tuttavia di continuare a detenere il totale controllo delle cospicue risorse petrolifere del Kurdistan. In campo internazionale, venne perseguita una politica fortemente intransigente nei confronti d'Israele e dei Paesi arabi moderati come la Giordania e l'Egitto, nel 1975, inoltre i tradizionali contrasti con la Siria si aggravarono a causa dell'entrata in funzione della diga siriana di Tabka, che diminuiva la possibilità di utilizzo delle acque dell'Eufrate per l'irrigazione delle campagne irachene.

Il regime di Saddam Hussein

Nel 1979 Al Bakr venne sostituito alla presidenza del Paese da Saddam Hussein, che instaurava un regime personalistico e dittatoriale. Le relazioni con la Siria andarono via via deteriorandosi fino all'espulsione dal Paese del personale diplomatico, per il sospetto di un complotto siriano contro il nuovo presidente, ma il problema della delimitazione delle frontiere fra Iraq e Iran ben presto prese drammaticamente il sopravvento. Nel settembre del 1980 l'Iraq dichiarò decaduto l'accordo di Algeri del 1975 sul controllo dell'estuario dello Shatt al Arab e gli scontri di frontiera fra i due Paesi si trasformarono in un conflitto aperto, che s'inasprì sempre più con perdite ingenti da ambo le parti. Appoggiato dagli Stati Uniti, che vedeva nel Iraq un baluardo contro l'espansione dell'integralismo islamico, di cui si faceva portavoce Khomeini, e rafforzata la propria posizione sia negli Stati arabi del Golfo sia all'interno del Paese, il presidente iracheno non ebbe remore a bombardare le città iraniane, gli insediamenti petroliferi e le navi cisterna nel Golfo Persico e, inoltre, mise in atto una dura repressione contro i Curdi (nel 1988, bombardò con ordigni chimici la città di Halabjah, provocando ca. 5000 morti), in quell'occasione sostenitori degli Iraniani. Dopo sette anni di duri scontri, che erano costati alle due parti ca. 1 milione di vittime, nel 1988, grazie alle pressioni internazionali, si giunse finalmente alla conclusione della guerra, che ristabilì i confini del 1975 (secondo la risoluzione dell'ONU) e aprì un breve periodo di ripresa per la provata società irachena. Fortemente indebitato sia a causa del lungo conflitto sia per la volontà di far acquisire all'Iraq un ruolo egemone di potenza regionale, il regime di Saddam, nel tentativo di risollevarsi incrementando le risorse petrolifere nazionali, il 2 agosto 1990 diede il via all'occupazione del vicino Kuwait, utilizzando come pretesto e le antiche rivendicazioni territoriali e i dissidi di natura economica, determinati dalla politica delle quote OPEC e dal pagamento dei debiti contratti. L'occupazione, condannata subito dall'ONU con un embargo commerciale e anche dalla Lega Araba, scatenò una reazione internazionale che sfociò nella cosiddetta Guerra del Golfo. Nel gennaio 1991, una coalizione guidata dagli Stati Uniti, con truppe di Arabia Saudita, Egitto, Siria, Gran Bretagna, Francia e Italia, attaccò l'Iraq, costringendo in breve tempo Saddam ad abbandonare il Kuwait (28 febbraio 1991). Deposte le armi il presidente iracheno sembrò accettare le condizioni imposte dalla comunità internazionale: risarcire dei danni il Kuwait, rivelare l'ubicazione e l'entità delle riserve di armi chimiche e batteriologiche e smantellare i propri arsenali. Le commissioni ONU, preposte al censimento dell'arsenale chimico dell'Iraq e alla valutazione dell'avanzamento del programma nucleare, vennero subito ostacolate dalle autorità irachene e solo nell'aprile 1992 poterono dare avvio al loro compito. In Iraq, intanto, alle grandi distruzioni occorse nel confronto bellico fecero seguito quelle causate dalla dura repressione del regime contro i movimenti insurrezionali degli sciiti, sostenuti dagli integralisti islamici, e dei Curdi, rispettivamente nel Sud e nel Nord del Paese. Per proteggere la popolazione curda, che aveva ripreso a battersi per la propria autonomia, nell' aprile 1991 le Nazioni Unite inviarono nel Nord del Paese un contingente di Caschi blu e gli USA, la Francia e la Gran Bretagna vietarono agli aerei di Saddam di sorvolare la zona, le stesse misure vennero poi adottate (agosto 1992) anche nel Sud per difendere la minoranza sciita dagli attacchi aerei. La tensione tra Iraq e Kuwait, in ogni modo, continuava a mantenersi ai massimi livelli, tanto da giustificare nel gennaio 1993 una nuova incursione aerea statunitense. Nel 1994, a seguito di nuove manovre militari irachene sul confine del Kuwait, le Nazioni Unite riconfermavano l'embargo economico e Saddam come risposta sembrava, finalmente, riconoscere le frontiere del Kuwait e promettere di allentare la repressione nei confronti dei Curdi e degli sciiti. Allo stesso tempo, nel tentativo di accreditare il regime agli occhi della comunità internazionale, il partito di governo, Ba't, come stabilito da un emendamento della Costituzione, indiceva per l'ottobre 1995 un referendum nazionale per il rinnovo per altri sette anni della presidenza della Repubblica a Saddam, carica che gli veniva riconfermata con il 99,96% dei voti. L'ONU, dal canto suo, con un accordo raggiunto nel maggio 1996, alleggeriva le sanzioni economiche all'Iraq, prevedendo un controllo delle Nazioni Unite sui contratti per la vendita del petrolio e l’acquisto, il trasporto e la distribuzione degli aiuti ai civili. Cionondimeno, il governo di Baghdad continuava a rifiutare ogni ispezione sui propri armamenti e una nuova crisi si apriva (fine del 1997 e inizi del 1998) con gli Stati Uniti, che nel gennaio 1999 mettevano in pratica le proprie minacce, dando avvio all'operazione Desert Fox, durante la quale venivano attaccati con missili la città di Bassora e un centinaio di obiettivi militari iracheni. Nonostante ciò, alla fine del 1999, le autorità di Baghdad continuavano a rifiutare l'ispezione degli armamenti agli ispettori dell'ONU. Quindi, né le violente rivolte degli sciiti, né i pericolosi bombardamenti, cui il Paese era sottoposto, riuscivano a minare la leadership di Saddam Hussein, che continuava a mantenere un rigido controllo sull'Iraq, sempre più indebolito dal pesante embargo internazionale. Pertanto, nel maggio 2002, l'ONU, preso atto delle condizioni di indigenza in cui versava il popolo iracheno, approvava una risoluzione che prevedeva sostanziali modifiche nel sistema delle sanzioni economiche, rendendo più agevole l'approvvigionamento di cibo, medicinali e beni di uso comune. Nel settembre 2002, il presidente degli Stati Uniti, G. W. Bush, e il primo ministro inglese, Tony Blair, accusavano l'Iraq e Saddam di avere in costruzione armi di distruzione di massa, minacciando il regime con nuovi bombardamenti nel Sud del Paese e con la prospettiva di un nuovo attacco militare. Il presidente degli Stati Uniti, Bush chiese una nuova risoluzione coercitiva dell’ONU per il ritorno in Iraq degli ispettori e la distruzione degli arsenali iracheni e l’uso della forza in caso di inadempienza irachena,Nell'ottobre del 2002 riprendevano le ispezioni degli ispettori dell'ONU, ma Bush aveva comunque ottenuto il consenso dei leader democratico e repubblicano alla camera dei rappresentanti, per un attacco all’Iraq anche senza una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Il premier inglese Blair appoggiò le posizioni USA. La situazione precipitò mentre si formavano due schieramenti, l’uno a favore di una soluzione diplomatica, l’altro interventista, decisamente contrarie alla guerra erano Germania, Francia, Russia, Cina e Turchia. Alla metà di marzo, molte rappresentanze diplomatiche in Iraq lasciarono il Paese. Il 18 marzo 2003., un ultimatum statunitense a Saddam impone al dittatore di lasciare l’Iraq entro 48 ore. Il 19 marzo, poco prima della scadenza dell’ultimatum, Saddam lancia un appello alla nazione. Il 20 marzo parte il primo attacco americano e Bush annuncia l’inizio della guerra, Saddam replica tre ore dopo. Missili scud iracheni cadono al confine con il Kuwait. Nel meridione del paese, i soldati americani e inglesi conquistano due città presso Bassora. Le organizzazioni internazionali si preparano ad accogliere i profughi. Dopo il rifiuto della Turchia al transito delle truppe USA, il Kurdistan concede il passaggio, Il 21 marzo, da nord e da sud le truppe muovono verso Baghdad, gli oleodotti della zona sono dati alle fiamme. Cominciano i bombardamenti su Baghdad. Il 22 marzo, truppe scelte turche entrano in Iraq, ufficialmente per contenere i profughi e gli attacchi terroristici, nel frattempo Baghdad subisce ininterrotti attacchi aerei anglo – americani sono distrutti i ministeri ed i palazzi presidenziali, è colpita la residenza di Saddam, ma pare che non ci siano vittime (la famiglia del rais dovrebbe aver trovato ospitalità in Siria). Il 24 marzo la Nato concede alla turchia la creazione di una fascia di sicurezza di 20 Km in territorio iracheno, le truppe anglo americane sono a un centinaio di chilometri da Baghdad. Mentre in tutto l’Iraq divampano gli scontri, ad Ankara americani, turchi e curdi si accordano per istituire una base di aiuti umanitari nel nord dell’Iraq (Kurdistan). Il 3 aprile inizia l’assedio di Baghdad, il 4 aprile, i marines occupano l’aeroporto. Il 7 aprile, nella città ormai isolata gli scontri sono violentissimi, l’8 un colpo partito da un carro armato statunitense colpisce l’hotel Palestine e uccide due giornalisti, centinaia di famiglie tentano di fuggire dalla città.il 9 aprile Baghdad è occupata dagli americani, il regime è abbattuto, la popolazione distrugge le onnipresenti statue del dittatore, ma di Saddam non c’è traccia, mentre continua la caccia al rais, ai suoi figli e agli altri esponenti del regime, alcuni dei quali si consegnano, altri sono arrestati. Il 26 aprile l’esplosione di un deposito di armi causa dodici morti. La campagna militare contro l’Iraq si è chiusa il 2 maggio con un discorso di Bush, a lungo rimandato, nella speranza di poter annunciare la morte o l’arresto di Saddam. Il 22 aprile 2003, è stato tolto l’embargo che penalizzava l’economia irakena. La cattura di Saddam è avvenuta, dopo circa nove mesi di fuga, probabilmente intorno al 14 dicembre 2003 mentre l’ex dittatore era nascosto in un cunicolo a Tikrit, la sua città natale. Hussein Si è arreso senza opporre resistenza. Nonostante la cattura del dittatore, agli esordi del 2004, in Iraq, la guerriglia contro le forze di occupazione statunitensi ed i loro alleati continua e non è stato ancora insediato un governo costituzionale iracheno.

La Questione curda ebbe origine dalla suddivisione della regione abitata dai Curdi, il Kurdistan, tra gli attuali stati di Turchia, Iraq, Iran, Siria e Armenia. La questione si manifestò in sede internazionale al termine della prima guerra mondiale in seguito alla disintegrazione dell'impero ottomano. In Turchia e in Iraq si susseguirono per decennii rivolte curde. La guerra tra Iran e Iraq (1980-1988) rilanciò la resistenza dei partigiani curdi iracheni sostenuti dall'Iran. Il governo di Baghdad rispose facendo uso di armi chimiche contro la popolazione civile, causando un imponente esodo di profughi curdi verso la Turchia e l'Iran. Dopo la guerra del Golfo (1991) l'ONU istituiì una fascia di sicurezza protetta internazionalmente nel Kurdistan iracheno e l'Unione Europea ripetutamente ha chiesto alla Turchia di porre fine alla repressione militare del movimento indipendentista curdo, ma il problema non è stato risolto. Saddam represse con l'esercito le rivolte interne di curdi e sciiti, e perse il controllo di alcuni territori nell'Iraq settentrionale e meridionale


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