La nascita di Venere (Sandro Botticelli)
La Nascita di Venere č stata dipinta, come La Primavera e Pallade doma il Centauro, per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico per adornare la Villa di Castello, nella campagna fiorentina e rappresenta una delle creazioni piů elevate dell'estetica di Sandro Botticelli.
Si tratta di una tempera su tela inchiodata su tavola di 172x278 cm e si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze e risale al 1483-1485 circa.
La dea Venere, nuda su una conchiglia, sorge dalla spuma del mare e viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a Clori, la ninfa che simboleggia la fisicitĂ dell'atto d'amore. Sulla riva della spiaggia di Cipro, l'isola cara a Venere, una delle Ore, le ninfe che presiedono al mutare delle stagioni, porge alla dea un manto ricamato di fiori per proteggerla.
Anche in questo quadro, il racconto mitologico mutuato da Ovidio, nasconde un'allegoria neoplatonica basata sul concetto di amore come energia vivificatrice, come forza motrice della natura.
Il disegno č armonico, delicato; le linee sono elegantissime e creano, nelle onde appena increspate, nel gonfiarsi delle vesti, nel fluire armonico dei capelli della dea e nello stesso profilo della spiaggia , dei giochi decorativi sinuosi e aggraziati. I colori sono chiari e puri, le forme nette, raffinatissime e trovano la loro sublimazione nel nudo statuario e pudico della dea.
La nuditĂ di Venere č esaltazione della bellezza classicamente intesa e, al contempo, della purezza dell'anima.
Il soffio vitale offerto dai due amanti, Zefiro e Clori e la vestizione da parte della ninfa sono i due lati ideali di un triangolo al vertice del quale si pone Venere che diviene, quindi, l'elemento mediano dell'intera scena e ci ammonisce sulla necessitĂ di equilibrio, nell'esperienza amorosa, tra passione fisica e purezza spirituale, tra esaltazione dei sensi e elevazione dell'essenza.
La bellezza delle figure di Botticelli travalica l'esperienza dei sensi e si può arrivare, forse, ad intuirla solo riconducendola nell'alveo dell'estetica del neoplatonismo ficiniano che tentava una conciliazione se non un'identificazione delle qualità morali e spirituali dell'uomo con la sua bellezza fisica. Il Botticelli, influenzato da questa dottrina, ci presenta delle visioni intrise di senso plastico e sostanza fisica arrivando a sublimare la purezza formale senza tuttavia smaterializzarla. Per fare questo rende autonomi tutti gli elementi della composizione, esaspera la plasticità dei corpi e porta ai limiti estremi perfino la sensazione del movimento poiché, a ben guardare, sono le linee a muoversi, le figure sono ferme. Questo apparente distacco dalla sfera dei sensi ma, al contempo, questa emozione intellettuale ci fanno comprendere alcune ragioni del fascino del suo stile.
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