Olevano di Lomellina
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Paese: | Italia |
Regione: | Lombardia |
Provincia: | Pavia di Pavia (PV ) |
Latitudine: | 45° 13‘ Nord |
Longitudine: | 8° 43‘ Est |
Altitudine: | 108 m s.l.m. |
Superficie: | 15 km2 |
Popolazione: - Totale - Densità | 771 51 ab/km2 |
Frazioni: | Cascine Vallazza, Melegnana, Battaglia, Bianca, Paronina |
Comuni limitrofi: | Mortara, Castello d'Agogna, Zeme, Velezzo, Cergnago |
CAP: | 27020 |
Prefisso telefonico | 0384 |
Codice ISTAT: | 018104 |
Codice fiscale: | G021 |
Abitanti (nome): | |
Sito istituzionale: | [] |
Olevano di Lomellina è un comune della provincia di Pavia e sorge a circa 800 m dalla riva sinistra del fiume Agogna in una zona pianeggiante al centro della Lomellina. L'abitato, che conserva l'aspetto del tipico borgo rurale, si sviluppa con pianta dispersa attorno alle strade provinciali SP 57 e 14. Stazione ferroviaria sulla linea Alessandria-Milano.
Table of contents |
2 Economia 3 Cosa vedere |
Cenni storici
Un famoso storico lomellino dell'ottocento descriveva la popolazione lomellina come gente buona, laboriosa, proba ed istruita ma con lo spiccato difetto delle liti per ragioni di proprietà , è proprio in una sentenza del 10 luglio 789, emessa a seguito di una di queste liti, che viene citata per la prima volta una località di nome Orevanum. L'origine del borgo sembra essere tuttavia molto più antica: alcuni storici fanno derivare il nome di Olevano da Aula Laevorum, cioè Corte dei Levi, antiche popolazioni liguri che abitavano queste zone un millennio prima di Cristo; altri, forse con maggior ragione, derivano l'etimo timo dalla voce celtica Ianum, cioè pianura, o meglio dall'espressione Ol Ebam, con la quale i Celti avrebbero indicato la pianura nella valle.
I ritrovamenti archeologici effettuati nel 1892 nei pressi della cascina Melegnana ed in località Dosso di Francia e nel 1903 in località Mortizza hanno portato alla luce numerosi sepolcreti con i relativi corredi funebri di epoca gallo-romana, confermando che la zona orientale del territorio comunale era attraversata da un'antica strada romana che dal Sempione portava a Genova. Nulla si conosce delle vicende del borgo sotto la dominazione dei Longobardi e dei Franchi, lo ritroviamo però citato come Olivolum in un documento del 1014. Nel 1164 l'imperatore Federico Barbarossa concesse il feudo ad Uberto de' Olevano, ammiraglio, giurista ed abile negoziatore dell'impero, capostipite della nobile famiglia Olevano, che pur perdendo i diritti feudali, conservò le numerose proprietà , dominando ininterrottamente dal poderoso fortilizio olevanese fino al XIX secolo. Con l'avvento della signoria Sforzesca il feudo fu affidato agli Attendolo Bolognini, parenti dei duchi milanesi, e nel corso dei secoli XVI e XVII, durante la dominazione spagnola, fu al centro di una lunga contesa giudiziaria che vide alternarsi gli Attendolo, i Beccaria e quindi i Taverna. Sul finire del XVII secolo il feudo ritornò ai marchesi Olevano e nel 1707, con il resto della Lomellina, entrò a far parte del regno sabaudo. Nel corso del Settecento Olevano cambiò volto: i marchesi trasformarono l'antico castello in una comoda villa, ricostruirono con l'aiuto di tutta la popolazione una nuova chiesa ed intrapresero importanti opere di bonifica e canalizzazione, estendendo la coltivazione del riso.
Economia
L'attività principale è costituita dall'agricoltura con la predominanza della coltivazione del riso; marginali sono le coltivazioni di mais, tabacco e la pioppicoltura. Sul territorio comunale sono presenti alcune aziende artigianali operanti nel settore della carpenteria metallica e della lavorazione della materie plastiche.
Cosa vedere
Un punto di inizio per la visita di Olevano è il Castello Medievale che sorse, come la maggior parte degli altri fortilizi lomellini, verso il Mille per far fronte alle invasioni degli Ungari; ben presto fu ulteriormente fortificato, dotato di alte torri e di un fossato ad acqua corrente, che in parte sussiste anche oggi. Fu più volte distrutto o danneggiato ma sempre ricostruito e riparato. Gli assalti più noti cui venne sottoposto sono quelli del Barbarossa verso la metà del XII secolo, di Facino Cane nel 1404, delle truppe francesi nel 1557 e degli austro-piemontesi del 1745. Nel 1758 Gerolamo III de Olevano affidò al suo architetto di fiducia, il pavese Lorenzo Cassani, il compito di sistemare il castello trasformandolo in comoda abitazione. L'artista, seguendo la moda del tempo, la così detta poesia delle rovine, venuta dall'Inghilterra, seppe fondere gli antichi edifici medievali con la nuova costruzione realizzata secondo le forme del barocchetto. Il romantico complesso è immerso in un caratteristico parco ben curato: a sud ha l'aspetto di una bella villa settecentesca mentre a nord presenta l'originaria fierezza delle fortificazioni medievali. Il corpo murario è del Quattrocento ma l'alta torre a base scarpata risale al XII secolo: è alta 23 metri, coronata da una merlatura ghibellina ed ornata da una cornice seghettata e da due finestrelle in cotto, una monofora ed una bifora. L'accesso avviene attraverso un massiccio portone carraio, ai piedi della torre; sotto l'androne una lapide marmorea rievoca le vicende storiche del castello. La facciata meridionale segue le forme tranquille ed armoniose delle ville piemontesi dello stesso periodo: ampie finestre incorniciate ed una doppia rampa di scale ne costituiscono gli elementi principali e si armonizzano perfettamente con il romantico giardino ottocentesco.
Annessa al castello è la piccola Chiesa di San Salvatore, ricordata fin dal XII secolo e restaurata nel 1718.
Dal castello, per la via Uberto de' Olevano, si raggiunge il palazzotto padronale chiamato tradizionalmente Castelvecchio. Ha pianta rettangolare con i muri perimetrali scarpati; la sua costruzione risale probabilmente al seicento quando doveva servire da residenza per le famiglie che detenevano i diritti feudali. Ora fa parte di un'azienda agricola San Giovanni che comprende anche una grandissima cascina a corte chiusa con stalle, fienili, case a schiera ed una casa padronale ottocentesca.
Nel centro del paese sorge la chiesa di San Rocco, un tempo oratorio della Confraternita dei SS. Rocco e Sebastiano. La costruzione, risalente al XV secolo, ha pianta a croce latina ed una sola navata in volta. Il coro ed il transetto furono aggiunti alla fine del XVII secolo e nel 1830.
Sul lato esterno della chiesa è addossata l'antica sede del comune che ora ospita la Biblioteca; fino al 1965 esisteva un grazioso portico con volta a vela, purtroppo sacrificato per rendere più agevole la viabilità sulla strada provinciale. Seguendo la strada principale in direzione di Mortara, troviamo la Chiesa Parrocchiale, dedicata a San Michele Arcangelo. La primitiva chiesa romanica, ricordata nel 1259, divenne parrocchia nel XV secolo. Nel 1733 i feudatari olevanesi diedero avvio alla costruzione di una nuova chiesa, completata undici anni dopo. Il progetto venne affidato all'architetto Lorenzo Cassani illustre esponente del barocchetto pavese. Nella chiesa l'artista espresse nuove tecniche architettoniche e decorative, trasformando la pesantezza del barocco milanese nella tranquilla sobrietà neoclassica. La facciata è giocata leggermente sulla linea curva con ampie finestre decorative. L'interno, a pianta ellittica con inseriti quattro rettangoli corrispondenti all'ingresso ed ai tre altari, fu affrescato fra il 1897 ed il 1904 dai pittori Luigi Morgari, autore della "Lotta di San Michele contro le forze maligne", raffigurata sulla volta, e Boniforti, a cui viene attribuita la "Cena del Signore" che troneggia sul coro. L'altare maggiore, realizzato con forme barocche in un unico blocco di marmo, custodisce un bellissimo crocefisso ligneo risalente al medioevo. A sinistra si trova un pulpito barocco con confessionale in noce, mentre più avanti si apre l'altare della Madonna del Rosario, dove si ammira una statua lignea della Vergine, eseguita dal maestro Michele Tiraboschi nel 1741, e quattro tele, raffiguranti Sant'Agata, Santa Lucia, Sant'Apollonia e Santa Margherita, attribuite al pittore pavese Carlo Antonio Bianchi (sec. XVIII). Dello stesso artista sono anche le quattro tele, raffiguranti San Ponzio, Sant'Antonio e due angeli, conservate nell'altare di destra dedicato ai SS. Gioachino ed Anna. Da quest'ultimo altare si accede alla cappella della Beata Vergine di Settembre e del Deposito, dove si ammira una statua lignea del cinquecento. La sacrestia conserva antichi libri e documenti dell'archivio parrocchiale, raccolti fin dal 1595. L'alto campanile risale al 1749.
In via Battisti, nei pressi di Piazza della Libertà , sorge il Museo di Arte e Tradizione Contadina. Ospitato in un vecchio caseggiato, un tempo adibito a stalla e fienile, il museo raccoglie circa 1500 attrezzi, utensili e macchinari agricoli usati fino a pochi decenni fa in Lomellina. Al piano terreno è ricostruita una stalla dove, attorno alla mucca ed al mungitore, sono raccolti tutti gli oggetti usati per l'allevamento dei bovini e per la produzione del latte. Accanto alla zona produttiva, nella stalla piccola, è stato ricostruito il luogo dove si svolgevano, soprattutto nei mesi invernali, i riti della vita sociale. Un momento di umanità ricco di piccole cose: le donne filavano o sgranavano il mais pettegolando, gli uomini chiacchieravano e giocavano a carte. Nella stalla si cantava, si pregava ed i bambini seguivano incuriositi le storie fantastiche raccontate dai grandi. Sempre al piano terreno è stato raccolto il materiale usato nel caseificio che consentiva la trasformazione del latte in burro e gorgonzola. Al primo piano ritroviamo poi gli attrezzi ed i macchinari usati per la coltivazione ed il trattamento dei cereali e la ricostruzione delle botteghe degli artigiani: il ciabattino con il suo deschetto, la sarta nella sua bottega, il falegname al lavoro, l'angolo del vignaiolo, gli utensili che servivano a macellare il maiale ed una piccola scorta di strumenti per la riparazione dei primi mezzi meccanici a motore. Completa la raccolta la perfetta ricostruzione di una povera casa di contadini: la cucina con il camino e le povere stoviglie e la camera da letto. Nel cortile infine si possono ammirare numerosi attrezzi agricoli: aratri, erpici, carri, una vecchia mieti-lega, una trebbiatrice e numerosi trattori agricoli della prima metà del nostro secolo.