Umanesimo
Coloro che vennero in seguito definiti Umanisti, ossia i cultori quattrocenteschi del latino classico, chiamarono umanesimo il loro movimento, traendo tale nome dalla parola latina "Humanitas", la quale sta a significare “tutto ciò che degno dell’uomo e che lo rende civile, innalzandolo sopra la barbarie” (Salutati). I letterati del ‘500 ritennero che l’uomo avesse raggiunto l’apice dell’humanitas nell’epoca classica, i testimoni della quale furono, Cicerone, Virgilio, Tacito, Livio; in accordo con costoro, ritennero che la civiltà avesse raggiunto solo quei popoli che appresero a parlar latino, lasciando tutti gli altri immersi nelle tenebre della barbarie: conferma di ciò era l’imbarbarimento dell’occidente europeo verificatosi durante il medio evo, quando i volgari avevano soppiantato la lingua di Roma. Solo la Chiesa aveva salvaguardato il latino, ma non quello dei classici, bensì il tardo latino deteriore, tramite tra il latino classico e quello parlato con inflessioni regionali prima e, pi tardi con i volgari. Dante stesso, convinto propugnatore del volgare, usò un latino nel quale evidente la ricerca stilistica della proprietà e dell’eleganza, caratteristiche della migliore tradizione classica. Chi però subì a fondo il fascino dell’antica lingua fu il Petrarca, a tal punto da poter essere considerato, insieme all’amico Boccaccio, un precursore di quel culto della classicità che costituì l’essenza dello spirito umanistico. Nel ‘400 l’uomo colto e lo scrittore erano (secondo il Salutati) solo coloro che sapevano usare il latino, ma non la lingua liturgica o quella scolastica, a volte addirittura affiancata al volgare, bensì coloro che si servivano della lingua di Cicerone e di Virgilio. In tale ottica le cariche civili potevano spettare a buon diritto solamente a chi sapesse redigere lettere e relazioni in latino classico. Su tali basi sorse la nuova civiltà umanistica: il latino scolastico, fino a quel momento insegnato per consentire ai giovani avviati alla carriera ecclesiastica o notarile la lettura dei testi e la stesura dei documenti, divenne la base per uno studio pi approfondito della lingua, tale da permettere una perfetta ed intima comprensione dello spirito e non solo delle parole degli antichi scrittori. Da tale premessa ebbe però origine anche il disprezzo che i nuovi letterati nutrivano nei confronti di coloro che, trascurando la cultura classica, si dedicavano ad altri studi o, peggio ancora, scrivevano in volgare. Dal trionfo degli studi umanistici il movimento prese dunque il nome e poiché parve a quei letterati di essere finalmente riusciti a liberarsi dalle forme della barbarie, fu in seguito chiamato Rinascimento a significare che l’umanità, dopo secoli di intorpidimento intellettuale era finalmente rinata ad una nuova, luminosa esistenza. È questo il significato fondamentale dell’umanesimo, movimento che tanta importanza ebbe nello sviluppo della società moderna. Ancora oggi, infatti, si parla di “studi umanistici”, e si ritiene veramente colta la persona che, pur avendo scelto altri campi di attività, basa però la sua cultura sullo studio dei classici.L’umanesimo, nato in Italia, si diffuse poi in tutta Europa; lo studio dei classici sostituì, l’insegnamento ecclesiastico medievale, basato sulle sacre Scritture e sulla scolastica: [teologia e filosofia medievale aristotelica (Boezio, Gregorio Magno, Scoto)]. Nuove idee, favorite anche dall’invenzione della stampa (1450), cominciarono a circolare, e l’uomo abbandonò il misticismo medievale per volgere la propria attenzione a ciò che lo circondava. In effetti, il concetto dell’esistenza di una “età di mezzo”, intesa come periodo oscuro e turbolento, caratterizzato da una generale decadenza, frutto della cultura umanistica e rinascimentale, che intendeva ricollegarsi all’età classica, cancellando un millennio di storia. Oggi il termine medio evo rimasto nell’uso, anche se si ormai superato il giudizio umanistico integralmente negativo, poiché sono innegabili le faticose sintesi operate, durante tale periodo, fra le tradizioni e le istituzioni romane, gli apporti della cultura cristiana e le istituzioni dei popoli “barbari”, così come di notevole importanza la funzione esplicata dai monasteri, quali scrigni delle vestigia della cultura classica, la rinascita culturale carolingia, la diffusione della filosofia greca ed in particolare dell’aristotelismo. Non bisogna dimenticare che fu proprio la riscoperta dei testi classici, dei quali i monaci si erano fatti custodi, a dare l’avvio alla cultura umanistica. Tali testi erano stati spesso obliati, e talora alterati, perché i monaci non avevano esitato a censurare parecchie opere per motivi etici, o poiché li ritenevano in antitesi con la dottrina cristiana. Purtroppo a causa di tale censura molti testi andarono perduti, o perché giudicati immorali, o perché ritenuti inutili, o poco importanti vennero erasi onde riutilizzare la preziosa cartapecora. (palinsesti) oppure furono arsi in qualche incendio o dispersi durante le scorrerie barbariche. Bisogna però, considerare la fondamentale differenza tra l’uomo medievale e l’umanista. Lo stile dimesso del latino, in effetti, era anche frutto di una mutata sensibilità degli spiriti, dovuta al sentimento cristiano che aveva rivoluzionato profondamente la spiritualità. Durante il medioevo, la percezione delle cose divenne pi uniforme, concretandosi nel sentimento di Dio, mentre la morale assoggettò ogni giudizio ed ogni sentimento. La lotta, svoltasi durante l’alto medioevo, per difendere il pensiero cristiano dalle eresie, determinò il prevalere della fede sulla ragione. Solo in un secondo tempo, ricercando una giustificazione razionale ai dogmi della fede, si tentò di conciliare i testi sacri con la dottrina aristotelica (Sant'Agostino, San Tommaso d’Aquino, Platone, Aristotele) e platonica. L’assimilazione dell’aristotelismo portò ad una concezione dell’universo come finito ed al geocentrismo. L’uomo si abituò a considerare ogni fatto procedendo dal particolare al generale e, per secoli, accettò acriticamente i concetti sostenuti dalla dottrina ufficiale propugnata dalla Chiesa. Lo spirito dell’uomo colto in ogni sua manifestazione, doveva essere volto all’edificazione morale, la stessa arte doveva essere mezzo di elevazione e di insegnamento morale. Il dogmatismo imperò ma fu d’altra parte la forza che consentì alla Chiesa di mantenere il proprio primato, combattendole eresie e detenendo il monopolio della cultura. Infatti, assai pi facile governare un popolo ignorante ed eruditi consenzienti perché forgiati alla scuola ufficiale. Però alla fine del ‘300, l’uomo era ormai maturo per cercare nuove risposte, anche differenti dall’insegnamento canonico. Fu allora che fu riproposto il platonismo, che già Tommaso d’Aquino aveva cercato di integrare all’aristotelismo. Gli umanisti, invece, propugnavano un universo infinito, privo di un centro, che si opponeva quindi al geocentrismo, e nel quale la Terra era mobile, al pari degli altri corpi celesti, scardinando in tal modo uno dei punti fondamentali dell’aristotelismo. La Potenza della Ragione prevalse sulla fede e si sviluppò il principio della libertà morale come mezzo d’elevazione dell’uomo e della libertà intellettuale che gli consente di conoscere e di dominare la natura. Gli umanisti affermarono che anche la storia deve essere vagliata secondo i fatti documentati, esercitando libertà di critica e di giudizio, e non seguendo acriticamente le convinzioni tradizionali, e ribadendo altresì che la scienza non deve pi trovare le proprie basi nei dogmi e sui concetti cristallizzati della tradizione, bensì nella sperimentazione. Iniziò in tal modo la scienza moderna scoperta dall’eclettico Leonardo. L’uomo dell’umanesimo si volse all’universo razionalmente, senza legami e pastoie di idee preconcette, esaltando la propria individualità in un mondo in continuo mutamento. L’umanista in tal modo scambiò le certezze rassicuranti dell’uomo medievale con l’incertezza, l’ansia e l’inquietudine esistenziale dell’uomo moderno. L’umanesimo non fu quindi soltanto amore della cultura classica, ma anche coscienza della libertà dell’uomo e della capacità di quest’ultimo di svincolarsi dalle idee preconcette. Gli effetti di tale fenomeno si palesarono pi tardi con la riforma protestante, con l’elaborazione del Machiavelli che svincolò la morale dalla politica, col rinnovato fervore degli studi fisici, astronomici e scientifici in generale. Il progresso moderno ebbe dunque inizio con l’epoca di Leonardo (1452 – 1519), Galileo, Keplero. Lo studio entusiastico delle opere dei grandi autori latini, rimaste per secoli sepolte nelle biblioteche abbaziali, portò quegli studiosi laici a staccarsi dalla mentalità medievale, ma paradossalmente, il gusto per l’eleganza formale, la musicalità, il desiderio di emulazione, la ricerca dello spirito degli antichi li spinse ad usare prevalentemente una lingua faticosamente appressa sui libri, ma il cui spirito restava loro, nella quasi totalità dei casi, alieno, poiché il loro pensiero, benché formalmente ed ineccepibilmente espresso in latino, non era intimamente tale. Ciò condannò le loro opere, lette solo da una sparuta minoranza colta, all’oblio, non però, quelle del Petrarca, il quale, latinista eccelso ed umanista in spirito, pur ritenendo le sue poesie in volgare semplici “nugae” (bazzecole) affidò proprio a queste, da tutti comprese, e non alle opere latine, la sua fama di poeta. Gli umanisti sostennero per circa un secolo la necessità dell’uso del latino come lingua letteraria, ma già alla fine del ‘400 con il Poliziano ed il Magnifico e nel ‘500 con Ariosto e Machiavelli, la lingua parlata si confermò come lingua letteraria. Alcuni fatti storici favorirono il diffondersi dell’umanesimo: i Concili di Ferrara e di Firenze (1438 – 1439) indetti per unificare la chiesa Ortodossa e Romana, richiamarono in Italia valenti studiosi che risvegliarono l’interesse non solo per l’antichità romana, ma anche per quella d’oriente. Quando poi Bisanzio cadde in mano ai turchi (1453) uomini di grande cultura si rifugiarono in Italia, portando con sé ricche biblioteche ed aprendo scuole. Un altro fattore che favorì l’affermarsi dell’umanesimo, fu il diffondersi dei principati e, con questi, del fenomeno del mecenatismo; Napoli, Firenze e Roma divennero altrettanti centri della civiltà umanistica. L’umanesimo assunse vari aspetti: quello filologico che portò al recupero di numerosi testi antichi, che, con altrettanto lavoro filologico si tentò di riportare, ove necessario, alla forma originale (Niccolò Niccoli dettò le norme per la ricerca dei manoscritti), l’aspetto filosofico dell’umanesimo contrappose lo studio di Platone all'imperante filosofia aristotelica, elaborò un nuovo concetto della storia e della critica, rivendicando all’uomo la capacità e l’indipendenza di giudizio; l’interesse per la civiltà classica risvegliò quello per l’archeologia e anche la poesia latina trovò accenti non solo formalmente squisiti, ma anche sinceri nel Pontano e nel Sannazzaro.