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Decamerone

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Il Decamerone (dal greco antico, dieci giorni) è una raccolta di novelle scritta nel Trecento da Giovanni Boccaccio.

Il libro narra di un gruppo di giovani che, trattenendosi fuori città (per dieci giorni, appunto) per un lieto convivio, raccontano a turno le novelle, di taglio umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo. Per quest'ultimo aspetto, il libro fu tacciato di immoralità o di scandalo, e fu in molte epoche censurato o comunque non adeguatamente considerato nella storia della letteratura.

Il Decamerone fu anche ripreso in versione cinematografica da diversi registi, fra cui Pier Paolo Pasolini.

Le cento novelle sono lo specchio della vita del ‘300. Esse narrano con ironia garbata, con indulgenza verso gli errori umani, a volte con pathos velato di comicità, le avventure spesso galanti, burle e, qualche volta, episodi eroici o tragici. Boccaccio, con acume e garbo, ritrae personaggi appartenenti ad ogni classe sociale, rappresenta la lotta della virtù contro la sorte avversa, il vizio sfacciato, la falsità, la verità, il trionfo delle passioni e dei sensi, la beffa a volte grossolana. Raramente l’amore è esaltato come fonte di virtù, la donna non è certamente una creatura eterea ed angelica, il clero non è sicuramente un modello di virtù.

Dante aveva dannato papi ed a ecclesiastici, il Boccaccio, paladino dei diritti della carne contro le ascetiche virtù, li mette alla gogna. L’umanesimo è ormai alle porte e, per Boccaccio, le fantasie lugubri ed ossessionate del mondo medievale sono del tutto superate e ciò che in precedenza atterriva è ormai sollazzo. La rappresentazione che egli fornisce della vita dei suoi tempi è una smentita delle idee tradizionali. Ser Cappelletto, frate Cipolla, Andreuccio da Perugina, sono la tomba del medioevo e segnano la nascita dell’uomo che rinnega il misticismo.

Con ciò il Boccaccio non intende svilire la fede, bensì smascherare l’ipocrisia e la corruzione, senza biasimare o scandalizzare, ma senza pregiudizi morali né retorica, limitandosi a descrivere doti e limiti degli uomini. Il Decameron è, quindi, la commedia umana, osservata serenamente e con una inesorabile ironia.

Nel proemio, l’autore distingue le intenzioni, la funzione dello scrittore e la destinazione dell’opera e rende omaggio alla compassione con un incipit umanistico, rievoca la leggenda della sua giovinezza e l’amore per Fiammetta poi celebra la Provvidenza Divina. La dedica è rivolta alle donne, che essendo socialmente sottomesse sono costrette nascondere i sentimenti, situazione che le rende mutevoli ed affascinanti. L’immagine ovidiana delle donne che fantasticano nel chiuso delle loro stanze non è un mero topos della letteratura erotica, ma una nota di costume: gli uomini sono distratti dai problemi sentimentali da occupazioni e divertimenti, mentre le donne solo il racconto di cose nuove,o dette in modo nuovo, può fornire non solo svago ma anche un utile consiglio su come comportarsi.

Tale affermazione non è convenzionale didascalismo, ma l’affiorare della consapevolezza di ideali più liberi, che hanno la loro origine nella realtà, e non nelle dottrine scolastiche o teologiche. I racconti (ragionamenti) devono riguardare un gran varietà di generi: la novella in senso lato, la cronaca amena, la favola, ossia il “fabel†comico – satirico di tradizione francese la parabola morale, la “storia†riguardante eventi e personaggi storici (nelle rime il Petrarca si cimenta in tutti i generi metrici, nel Decameron, Boccaccio fa altrettanto con i modi narrativi). La novità dei “ragionamenti†scaturisce, nella fattispecie dalla eccezionale contingenza in cui si trovano i novellatori.

Tale inusitata situazione suggerisce l’ordinamento della materia e la struttura dell’opera: Boccaccio sceglie il genere popolare della cultura contemporanea, si mimetizza tra i personaggi della brigata che cercano di realizzare un equilibrato ideale di vita e di arte, mentre tentano di sfuggire alla peste, evitando sia la dissolutezza sia l’ascetismo.

L’introduzione fornisce l’impianto per la struttura dell’opera, che però prescinde da qualsiasi rigidità medievale. Al lettore non si prospetta nessuna ascesa spirituale (come nella Commedia), bensì mero diletto nella descrizione di una umanissima mediocrità di valori. La fantasia di Boccaccio rifugge dal dramma e dal lutto, ma La descrizione introduttiva della peste del 1348, che prelude alla narrazione di frivole vicende, segna il trapasso dalla morte alla vita.

Testimone oculare della pestilenza (come Petrarca), lo scrittore è colpito dal dissolversi delle norme civili e religiose, e dall’impotenza di fronte al morbo ed è tale l’orrore che, per contrasto drammatico non descrive la fine di esseri umani (spettacolo ormai consueto) ma quella di due porci, per significare che la tragedia abbrutisce gli uomini, prigionieri del terrore, della superstizione, dell’egoismo e nella descrizione di come la popolazione cerca di sfuggire alla peste, Boccaccio si fa cronista per registrare gli aspetti sociali e psicologici della peste, non meno gravi di quelli patologici. Nella città piena di cadaveri ed abbandonata a se stessa sembra scomparsa ogni sensibilità , ma la forte drammaticità dà rilievo, per contrasto ad un avvenimento che pare di cronaca ed invece dà inizio all’evento letterario: l’incontro, in Santa Maria Novella di sette donne, giovani e sane che, in quella luttuosa circostanza, sentono di non avere alcun obbligo di solidarietà se non verso se stesse e quindi, su proposta di Pampinea, la più adulta, decidono di ritirarsi in una villa del contado, in attesa che il contagio si esaurisca (la ricerca della salvezza, prescinde quindi dall’ideologia cristiana del peccato, che è presupposto della commedia dantesca).

A dissipare le incertezze sopraggiungono tre giovani, amici e parenti delle donne, Dioneo, Panfilo e Filostrato, che possono assicurare ploro adeguata protezione. La saggezza borghese si afferma senza remore. Il salvifico ritiro nella villa sui colli è predisposto dalla sorte e voluto dal buon senso femminile. La prima giornata segna il trapasso dall’orrore della città ad una dimensione idilliaca e fiabesca Pampinea propone che ogni giorno sia eletto un re od una regina che disponga le occupazioni della giornata. Pampinea, la prima eletta propone che ciascuno, nelle ore più calde del giorno, nella frescura del giardino, racconti una novella.

Tale consuetudine è ripresa ogni giorno e le altre occupazioni costituiscono la cornice delle novelle. Ogni giorno, tranne il venerdì, giorno della passione ed il sabato dedicato alle pulizie del corpo, la compagnia si raduna per raccontare novelle, infine i giovani danzano e cantano una ballata. La brigata quindi soggiorna in campagna per quattordici giorni e si dedicano al novellare per dieci. Si contano così non 100 ma 102 novelle ed 11 ballata (contando quelle dell’introduzione della quarta giornata o inserite in qualche racconto). Dei dieci giovani è lasciata intuire la condizione sociale alto – borghese. Il novellare è il piacere collettivo più elevato e raffinato.

giornata	argomento
Ogni giorno Dioneo ha la libertà di scegliere liberamente l’argomento
1	Pampinea	libero
2	Filomena	Complicate avventure giunte, fuor di speranza a lieto fine
3	Neifile 	Riuscito acquisto di cosa molto bramata
4	Filostrato	Amori giunti ad esito tragico
5	Fiammetta	Amori giunti a lieto compimento dopo peripezie eccezionali
6	Elissa  	Motti di spirito e battute che liberarono qualcuno dall’imbarazzo
7	Dioneo  	Beffe fatte dalle mogli ai mariti
8 	Lauretta	Beffe di qualsiasi genere
9 	Emilia  	libero
10	Panfilo 	Grandi esempi di magnanimità, generosità e cortesia

narratori Pampinea La rigogliosa, donna saggia ed intellettualmente matura Fiammetta L’ardente di gelosia e passione Emilia La lusingatrice innamorata della propria bellezza Elissa L’amara (Didone di Virgilio) Lauretta La sospirosa (Laura di Petrarca) Filomema L’assennata Neifile L’inesperta (forse la giovane Beatrice dantesca) Panfilo Il tutto amoroso Filostrato Abbattuto da amore Dioneo Amatore scanzonato, gaudente e sensuale (Venere era figlia di Dione)

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Nel caldo pomeriggio estivo della prima giornata (mercoledì) tutti si dispongono a raccontare, obbedendo a Pampinea che lascia libertà di argomento. Le novelle della prima giornata sono a tratti polemiche e satiriche, sono definite “ novelle che pungonoâ€, per distinguerle da quelle che semplicemente dilettano, mentre i racconto della sesta giornata si basano sulla presenza di spirito, sulla prontezza della battuta e non intendono né polemizzare né satireggiare con intento morale (nella prima giornata Neifile racconta del giudeo Abraam che si converte al cristianesimo dopo aver osservato la corruttela di Roma).

La libera scelta dei temi della prima giornata dissimula un costante atteggiamento polemico contro ciò che del costume contemporaneo è negativo, ridicolo o da compatirsi con un sorriso, e sono oggetto nobili e borghesi, uomini e donne, laici e chierici, sovrani ed intellettuali, cristiani, ebrei e maomettani. Nella seconda giornata (giovedì) è regina Filomena ed i racconti vertono intorno ad un lieto fine che sorprende i protagonisti di là dalla speranza (alla quale, comunque, i personaggi di Boccaccio non si affidano mai). Quando la situazione è disperata, il caso aiuta i protagonisti.

La sorte (Fortuna latina) non è solo il deus ex machina, ma è anche un relitto delle antiche superstizioni, ben radicato nella borghesia e che coesiste con il provvidenzialismo cristiano. Solo a posteriori i personaggi riconoscono nell’azione del caso la Divina Provvidenza, ma non sempre questa favorisce il trionfo della morale cristiana. Venerdì e sabato non ci sono racconti, che riprendono di domenica (terza giornata). Durante la mattina la compagnia dalla villa si trasferisce in un altro palazzo immerso in uno splendido parco. Neifile scegli come argomento i casi fortunati di chi ottiene una cosa bramata o ritrova una cosa perduta e, innegabilmente, l’acquisto più ambito è il successo in amore. La novella d’apertura,palesemente erotica ribadisce il sano naturalismo del Boccaccio che rivendica alle monache dei sani appetiti sessuali che l’abito non cancella ed ai contadini un ingegno acuto.

Una borghese saggezza rivendica la parità tra gli uomini nella loro intrinseca umanità ed alle donne la possibilità di essere al disopra dei propri direttori spirituali che sono per lo più, afferma Filomena, uomini stoltissimi che spesso hanno assunto tale ruolo per provvedere ai propri bisogni. Il brio motteggiatore sconsacra l’ideale della santità e della ricchezza spirituale. Una scettica allegria percorre la terza giornata. Della quarta giornata (lunedì) è re Filostrato. L’introduzione è sostituita da una spiritosa difesa del Decameron. Boccaccio, con racconti Più impegnative vuol mostrare la sua capacità di superare le novellette amene e scandalose, e ottiene ciò, facendo sì che Filostrato, quasi in omaggio all’omonima opera giovanile, scelga un tema opposto a quello della giornata precedente.

I temi della quarta giornata vertono su un contenuto a volte orrido e raccapricciante che suscita pietà per l’infelice esito delle vicende pei protagonisti. Sono amori sfortunati, ma l’infausto fine che conclude queste vicende di amore e di morte non sempre ne fa delle novelle tragiche, infatti, la seconda e la decima novella sono strutturate comicamente per variare il tono ed alleviare l’argomento luttuoso. La mescolanza di tragico e comico è adeguamento al realismo borghese che impronta l’opera.

Durante la quinta giornata (martedì) è regina Fiammetta che propone un argomento che è un topos del romanzo alessandrino: felice conclusione, di vicende amorose, dopo molte peripezie. Il borghese Boccaccio apre l’avventura cavalleresca, di stampo arturiano, anche a personaggi di non nobile estrazione riconducendo l’immaginoso cavalleresco nella realtà umana, in ciò anticipando l’Ariosto del Furioso, pur mancando a Boccaccio la ricchezza pittorica rinascimentale che moltiplica la realtà nel gioco di specchi dei particolari.

Nel Decameron le note di ambiente e costume restano didascaliche conferendo all’avventura un realismo cronistico la comicità del Boccaccio spesso trascende la semplice bonomia, anche se cade a volte nell’imitazione di Plauto e Terenzio realizzando una fiacca commediola classicheggiante. Nella celebre novella di Nastagio degli Onesti, Boccacco iriprende dalle tradizionali prediche il tema della caccia con cui sono perseguitate le anime di peccatori carnali ma, con pregevole polemica, rifiuta il tono edificante e riferendosi ad una fantastica eternità di pene infernali, ribalta il messaggio della visione: peccaminoso non è l’amore, bensì l’orgoglio della donna e quindi lo scopo perseguito è di vincere la crudeltà delle donne nei confronti degli amanti.

Le suggestioni dantesche e medievali sono superate da un nascente spirito umanistico che contempla con realismo estetico un mondo cavalleresco al tramonto ed il declino di una nobiltà in estinzione. Dioneo conclude la giornata proponendo alcune salaci canzoni popolari per poi, a sorpresa, mettersi a cantare una ballata che svela, sotto la sensuale ed allegra immagine del giovane, un fondo di malinconia. Elissa è regina della sesta giornata (mercoledì), improntata a motti di spirito e battute che liberarono qualcuno dall’imbarazzo.

Con la sesta giornata, inizia un altro gruppo di racconti, non più improntati ai capricci della sorte, bensì sulla presenza di spirito, che non è privilegio di classe o frutto di studi, bensì prontezza che è indipendente da condizione sociale ed intellettuale. Boccacce non si propone di focalizzare l’atenzione del lettore su una mera risposta brillante, ma nelle brevi e brillanti novelle ritrae la vita socialecon estrema coloritura. Quasi a compensare le molte novelle brevi, la cornice è particolarmente ampia e, superando i limiti della convenzione stabilita dall’espediente, lo scrittore richiama l’attenzione su un episodio posto all’inizio della giornata, sottolineando che è cosa che ancora non si è verificata.

Mentre la brigata si appresta novellare, dalle cucine giungono i rumori di un alterco: la serva Licisca, attempata ed un po’ boriosa, rimbecca il giovane ed ingenuo cameriere Tindaro, che pensa di essere un esperto di castità ed onestà femminile. L’esperta Licisca distrugge le sue illusioni, le donne della brigata, ascoltandola si abbandonano ad una incontenibile risata, che non è sguaiataggine, bensì nervosa dissimulazione d’imbarazzo. Il litigio è appianato da Dioneo che dà ragione a Licisca. Con questo episodio, Boccaccio fa acquisire, senza apparente artificio una maggiore disinvoltura alle narratrici, senza alterarne l’onestà, ma rendendole, nei giorni seguenti, più spregiudicate nel narrare, ascoltare e commentare. Alla fine della sesta giornata, dioneo, nominato re del giorno seguente, esplora il luogo dove le donne si rcano per fare un bagno e trovando assai piacevole la piccola valle, decide che il giorno seguente vi si trascorra la giornata.

I racconti della settima giornata (giovedì) hanno per tema le beffe giocate dalle mogli ai mariti. Le donne, ormai libere da ogni conformismo mostrano una notevole disinvoltura non solo riguardo agli argomenti, ma anche di linguaggio. Le novelle sono assai tenui e, spesso, focalizzate unicamente sulla “trovata†ed in tutte si ripete lo schema del triangolo amoroso. Dopo due giorni d’intervallo la domenica (ottava giornata) la brigata riprende i racconti, dopo essersi recata ad ascoltare la messa in una chiesetta di campagna. La cornice appare in contrasto con la giornata, infatti, nel Decameron il clero spesso truffa, persegue interessi e piaceri mondani e l’apparente devozione della brigata è un mero ossequio al conformismo guelfo, infatti, nel Decameron il clero spesso truffa, persegue interessi e piaceri mondani, inganna gli ingenui.

L’ambiente predominante delle novelle di questa giornata è il contado nei suoi rapporti con la città, cuore del mondo mercantile europeo, i cui abitanti ritenevano provinciali tutti gli altri. Si apre un mondo di villici, di provinciali inurbati, di zotici sui quali trionfa chiunque emerga per intelligenza, cultura o senno. L’ottava giornata pare aspirare alla scena con i personaggi che ricorrono da novella a novella e. il dialogo che, a tratti, è talmente sfaccettato che la trama narrativa pare quasi una didascalia ad un brano teatrale. La penultima serie di novelle, quella della nona giornata (lunedì – tema libero) pare un commiato festoso al comico, quasi s’insinuasse nella festosa brigata la malinconia del prossimo ritorno al quotidiano e ad una Firenze finalmente libera dalla peste, ma che prospetta una faticosa ripresa, tra rimpianti, lutti recenti e speranze, per ricostruire l’esistenza di chi è sopravvissuto.

Tra l’ottava e la nona giornata, Boccaccio presenta quattro episodi, con una forte connotazione psicologica e sociale, che hanno per protagonista Calandrino [Calandrino e l’Elitropia (III - VIII), Calandrino e il porco (VI-VIII), Calandrino pregno (III - IX), Calandrino innamorato (V – IX)] . Le quattro novelle formano un’unica serie comica che offre una continuità d’azione beffarda ai danni del protagonista, quasi fosse il canovaccio di una commedia i cui personaggi sono Calandrino, sua moglie Tessa, Bruno e Buffalmacco, infatti, dalle quattro novelle è stato possibile trarre con successo dei lavori teatrali portati in scena da compagnie contemporanee.

La decima giornata (martedì) è dedicata da Panfilo agli esempi di generosità e cortesia è dunque un invito ai componenti della brigata a meditare sulla propria concezione del mondo. Alla conclusione della giornata segue la conclusione dell’opera. Mescolando serio e faceto, Boccaccio afferma che il Decameron può scandalizzare solo qualche “pinzochera†e difende la convenienza e la proprietà di linguaggio, nonostante qualche espressione eccessivamente libera, infatti non esiste miglior persuasione della moralità di chi parla e tale qualità l’autore ha attribuito ai dieci novellatori, conciliando ideali etici ed estetici.

Affatto nuova, nel quadro della letteratura medievale è l’attenzione che Boccaccio dedica al ritratto dei personaggi, alla coerenza dei caratteri e del comportamento in relazione alla classe sociale, alle circostanze, al pathos e all’ethos, ai sentimenti ed ai costumi. Il lessico lussureggiante si abbandona al gioco dei doppi sensi, frequente nel linguaggio familiare e popolare, conseguendo grazie all’anfibologia un misurato realismo linguistico. La varietà della struttura linguistica permette a Boccaccio di destinare, coscientemente, la propria opera ad un pubblico di cultura eterogenea.

Valutando la situazione storico – culturale della Firenze durante la seconda metà del ‘300, emerge l’umanistica consapevolezza di Boccaccio, che gli permette di superare i limiti della classe alto – borghese cui era legato per nascita e che prefigura il principato borghese e rinascimentale dei Medici.


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