Storia dell'Unione Sovietica (1985-1991)
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Table of contents |
2 Ristrutturazione del sistema sovietico |
Anche se entrarono in stallo nel periodo 1964-1982, il cambio generazionale diede una nuova spinta alle riforme. Il cambio nelle relazioni con gli Stati Uniti può anch'esso aver dato un impulso in questo senso. Durante gli anni della presidenza di Ronald Reagan, l'abbandono della "distensione" costrinse i sovietici a incrementare di molto le loro capacità produttive, allo scopo di controbattere al nuovo accumularsi di armamenti, specialmente per quanto riguarda il progetto statunitense di difesa missilistica detto scudo spaziale. A quell'epoca Gorbachev avrebbe introdotto il processo che avrebbe portato al collasso dell'Unione Sovietica e al conseguente smantellamento dell'economia di comando sovietica, attraverso i suoi programmi politici di Glasnost (apertura politica) e Perestroika (ristrutturazione economica). L'economia sovietica soffriva sia di una inflazione nascosta, che di una diffusa carenza di approvvigionamenti.
Gorbachev istituì diverse riforme politiche sotto il nome di Glasnost, queste compresero l'allentamento della censura e della repressione politica, tramite la riduzione dei poteri del KGB e la democratizzazione. Le riforme politiche avevano lo scopo di spezzare la resistenza alle riforme economiche di Gorbachev, portata avanti dagli elementi conservatori del Partito Comunista. Sotto queste riforme, con grande allarme dei conservatori nel Partito, vennero introdotte le elezioni competitive per i posti di ufficiale (per persone all interno del Partito Comunista).
Il rilassamento della censura e gli altri tentativi di Gorbachev, crearono una maggiore apertura politica. Ad ogni modo ebbero l'effetto indesiderato di risvegliare un nazionalismo da lungo tempo sopito e dei sentimenti anti-russi di varie repubbliche dell'Unione Sovietica. Durante gli anni '80, le richieste di maggiore indipendenza dal governo di Mosca crebbero sempre piů, specialmente nelle Repubbliche Baltiche di Estonia, Lituania e Lettonia, che erano state annesse all'Unione Sovietica da Stalin, nel 1940. I sentimenti nazionalisti presero piede anche in altre repubbliche sovietice come Ucraina ed Azerbaigian. Questi movimenti nazionalisti vennero fortemente rafforzati dall'economia sovietica in declino, per cui il governo di Mosca divenne un utile capro esiatorio per i problemi economici. Gorbachev aveva in definitiva scatenato una forza che avrebbe infine distrutto l'Unione Sovietica.
Il 15 febbraio 1989, le truppe sovietiche completarono il loro ritiro dall Afghanistan. L'Unione Sovietica continuò ad appoggiare la comunista Repubblica Democratica dell'Afghanistan, con aiuti sostanziali, fino alla fine del 1991. Nel 1989 i governi comunisti dei paesi satelliti dell'Unione Sovietica erano stati rovesciati uno a uno a fronte di una flebile resistenza da parte di Mosca.
Nei tardi anni '80 il processo di apertura e democratizzazione iniziò ad andare fuori controllo, e andò ben oltre le intenzioni di Gorbachev. Nelle elezioni per le assemblee regionali delle repubbliche costituenti l'Unione Sovietica, i nazionalisti si accaparrarono la posta in gioco. Poiché Gorbachev aveva indebolito il sistema di repressione politica interna, l'abilità da parte del governo centrale di Mosca, di imporre il suo volere sulle varie repubbliche sovietiche era stato ampiamente minata.
Il 7 febbraio 1990 il Comitato Centrale del Patito Comunista Sovietico concordò nel cedere il suo monopolio del potere. Le repubbliche costituenti dell'URSS iniziarono ad asserire la loro sovranità nazionale su Mosca, e iniziarono una "guerra legislativa" con il governo centrale di Mosca, nel quale i governi delle repubbliche costituenti ripudiarono tutta la legislazione dell'Unione che era in conflitto con le leggi locali, affermando il controllo sulle economie locali e rifiutandosi di versare le tasse al governo centrale. Questa lotta causò una dislocazione economica, in quanto le linee di approvvigionamento erano spezzate, e provocò un ulteriore declino dell'economia sovietica.
Gorbachev fece dei disperati e sfortunati tentativi di affermare il controllo, soprattutto sulle Repubbliche Baltiche, ma il potere e l'autorità del governo centrale erano ormai irreversibilmente minati. L'11 marzo 1990, la Lituania dichiarò l'indipendenza e uscì dall'Unione. Ad ogni modo, una larga parte della popolazione della RSS Lituana era composta da russi etnici e l'Armata Rossa aveva li una forte presenza. L'Unione Sovietica iniziò un blocco economico della Lituania e tenne sul posto le sue truppe per "assicurare i diritti dei russi etnici". Nel gennaio 1991, si ebbero scontri tra le truppe sovietiche e i civili lituani, che provocarono 20 morti. Questo episodio indebolì ulteriormente la legittimazione dell'Unione Sovietica, sia internazionalmente che in ambito interno. Il 30 marzo 1990, il Consiglio Supremo Estone dichiarò che il potere sovietico in Estonia, che vigeva dal 1940, era stato illegale, e iniziò il processo per ristabilire l'Estonia come uno stato indipendente.
Tra le varie riforme di Gorbachev, ci fu anche l'introduzione di un presidente eletto direttamente per la RSS Russa. L'elezione per questo incarico venne tenuta nel giugno 1991. Il candidato populista Boris Yeltsin, che era stato un aperto critico di Mikhail Gorbachev, vinse il 57% dei voti, sconfiggendo il candidato preferito da Gorbachev, l'ex primo ministro Ryzhkov, che prese solo il 16%.
Il 20 agosto 1991, le repubbliche dovevano firmare un nuovo trattato di unione, che le rendeva repubbliche indipendenti in una federazione con un presidente, una politica estera e un esercito comuni. Comunque, il 18 agosto, un gruppo di ministri di Gorbachev, guidati da Gennadi Yanayev e appoggiati da KGB ed esercito, inscenarono un colpo di stato. Gorbachev venne tenuto prigioniero nella sua residenza estiva sulla penisola di Crimea (Ucraina), e il 19 agosto venne dichiarata la legge marziale in Russia. Gruppi di soldati controllavano Mosca, ma nesun politico venne arrestato. Durante questo periodo, l'Estonia dichiarò la sua indipendenza, il 20 agosto. (Vedi: Colpo di stato sovietico del 1991.)
Boris Yeltsin e il parlamento russo semi-democraticamente eletto, si opposero al colpo, e gli organizzatori si arresero il 21 agosto, lo stesso giorno in cui la terza repubblica baltica, la Lettonia, dichiarò la sua indipendenza. Immediatamente dopo il fallito colpo di stato, e prima che Mikhail Gorbachev ritornasse a Mosca, il vuoto di potere venne riempito da Boris Yeltsin, il quale firmò immediatamente un decreto che bandiva il Partito Comunista in tutta la Russia, questo bando venne ben presto esteso a tutta l'Unione Sovietica. In questo modo, 70 anni di regime comunista vennero portati a termine.
Il 21 dicembre, 11 delle 12 repubbliche rimanenti (tutte eccetto la Georgia), fondarono la ComunitĂ degli Stati Indipendenti, ponendo effettivamente fine all'Unione Sovietica. Il 25 dicembre, Mikhail Gorbachev si dimise da presidente e il 26 dicembre il Soviet Supremo disciolse ufficialmente l'URSS.
Per eliminare le distorsioni del sistema sovietico di comando amministrativo, nella transizione al capitalismo, il programma shock di Yeltsin venne introdotto nel giro di giorni dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica prevedendo; tagli ai sussidi alle fabbriche e fattorie in perdita, liberalizzazione dei prezzi, spostamento verso la convertibilità del rublo e spostamento verso la ristrutturazione di un'economia ampiamente di proprietà dello stato. Le istituzioni esistenti, comunque, vennero abbandonare prima ancora che divenissero funzionanti le strutture legali di una economia di mercato che governa la proprietà privata, supervisiona i mercati finanziari, e fa rispettare la tassazione; tutto ciò, nonostante il fatto che mancassero due componenti fondamentali di una macroeconomia: il sistema bancario e il sistema di bilancio statale.
Secondo gli economisti di mercato, si supponeva che lo smantellamento del sistema di comando amministrativo in Russia, avrebbe innalzato il PIL e gli standard di vita, allocando le risorse in modo piů efficente. Si pensava anche che avrebbe creato un movimento nelle possibilitĂ di produzione eliminando la pianificazione centrale, sostituita da un mercato decentralizzato, eliminando le grandi distorsioni attraverso la liberalizzazione, e fornendo incentibi attraverso la privatizzazione. Invece, piů di metĂ della popolazione si č trovata impoverita, in una nazione dove la povertĂ era pressochč inesistente, le aspettative di vita sono diminuite e il PIL si č dimezzato.
Per contro, la Repubblica Popolare Cinese, che ha mantenuto uno dei piů alti tassi di crescita del mondo per il PIL pro capite negli ultimi due decenni, ha mantenuto la proprietĂ pubblica evitando la rigidezza della pianificazione economica centralizzata, fin dall'ascesa di Deng Xiaoping. I contadini, e non i pianificatori, sono ampiamente in carica delle decisioni economiche nelle campagne (che ancora ospitano la maggioranza della popolazione cinese). In cambio, essi sono in grado di spendere il loro capitale in eccesso in beni di consumo. Le imprese socialiste a livello locale, conosciute come "Imprese cittadine o di villaggio", e le imprese statali, operano per massimizzare il profitto e sono quindi in grado di decidere da sole le fonti di approvvigionamento, la destinazione della produzione, la quantitĂ di fondi destinata all'allocazione della forza lavoro, e cosa produrre. I sussidi comunque, sorreggono ancora molte imprese di proprietĂ dello stato, che sono spesso supervisionate da ministeri di pianificazione. Mentre la Cina continentale non ha raggiunto gli alti livelli di industrializzazione con la rapiditĂ dell'Unione Sovietica di Stalin, sembra che stia evitando i record di scarsa produttivitĂ e di rigidezza propri dell'economia sovietica a partire dai tardi anni '70.
Quindi, il socialismo non č necessariamente il sistema economico che ha fatto fallire l'Unione Sovietica, ma piuttosto fu il sistema di comando amministrativo o il decisionismo economico pianificato. Piů complessa era la crescita dell'economia sovietica sotto gli auspici dei pianificatori, piů irrealizzabile diventava pianificare ogni decisione economica in una nazione altamente industrializzata che copriva un'area geografica così vasta. La pianificazione può aver trasformato una nazione di contadini in una superpotenza industriale, ma fallì nel fornire tutti i beni richiesti da una popolazione crescente, abituata a sempre migliori standard di vita, una volta che l'economia aveva raggiunto un alto livello si sviluppo industriale.L'ascesa di Gorbachev
Perestroika e Glasnost
Gorbachev accusa Boris Yeltsin, suo vecchio rivale e primo presidente della Russia post-comunista, di distruggere la nazione per il suo desiderio di portare avanti i suoi interessi personali.
Yeltsin e la dissoluzione dell'Unione Sovietica
Ristrutturazione del sistema sovietico