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Alto Medioevo

Table of contents
1 I Comuni
2 L’Europa fra il ‘300 ed il ’400
3 Il crepuscolo del medioevo
4 La situazione dell’Europa centrale
5 Gli stati regionali italiani nel XV secolo
6 Spedizione di Carlo VIII
7 Stato Sabaudo
8 Regno di Napoli
9 Le scoperte geografiche
10 Le civiltà precolombiane d'America
11 La rivoluzione copernicana
12 L’Europa all’inizio dell’età moderna
13 Situazione italiana
14 Savonarola e la repubblica di Firenze
15 La guerra franco-spagnola e l’avventura del Valentino
16 Carlo V
17 1521 – 1559 guerra tra Francia ed Impero
18 La riforma protestante

I Comuni

Dal sistema feudale al comune ed alla signoria

Durante il medioevo, i sovrani concessero dei terreni (feudi) a uomini di loro fiducia, detti vassalli, i quali, con un solenne giuramento, s’impegnavano a fornire truppe, aiuti e tributi. I vassalli, a loro volta, concedevano ad altri una parte dei propri territori in cambio di un giuramento di fedeltà simile a quello da loro prestato al sovrano. Originariamente, nel cosidetto Sistema Vassallatico Beneficiario, queste concessioni erano vitalizie e, alla morte del beneficiato, il feudo tornava a chi lo aveva concesso (processo di Devolutio). In seguito i feudi divennero ereditari. Si formò così un ceto dirigente militare e padrone della terra. Le invasioni e le scorrerie del Sec. X (Ungari, Saraceni e Normanni) ed il progressivo indebolirsi del potere centrale, resero necessaria la protezione che questi guerrieri di professione potevano offrire alla popolazione ed intorno ai loro castelli si raccolsero artigiani e contadini legati alla terra. Gli scambi commerciali divennero sempre pi rari (erano limitati ai generi di lusso o a quelli assolutamente necessari e non producibili localmente), si passò ad un’economia chiusa (tutto ciò che si produce consumato all’interno della comunità), scomparvero i ceti medi e le città, meno difendibili, si spopolarono e decaddero. Dopo il mille, l’economia cittadina migliorò e le città si ripopolarono, ripresero i commerci e si formò una borghesia che basava la propria ricchezza sul commercio e sulla produzione di beni. Contadini, artigiani e piccoli feudatari affluirono nelle città dalle campagne. Gli abitanti delle città si organizzarono in associazioni di popolo (arti) e associazioni di nobili (consorterie) e giurarono di governarsi “in comune”, sottraendosi al dominio feudale. All'inizio del XII secolo, sebbene l'economia agricola restasse fondamentale, la sempre pi abbondante produzione artigianale di tessuti e di oggetti in cuoio e in ferro determinò un crescente volume di scambi commerciali, favorito dall'uso della moneta. Le città romane avevano mantenuto per tutto l'Alto Medioevo la loro funzione di sedi vescovili e di luoghi di scambio dei prodotti agricoli, quelle nuove, che sorsero dopo il Mille, ricevettero impulso dai feudatari, i quali intravedevano la possibilità di altri introiti attraverso le tasse da imporre sui commerci.

Gli abitanti dei vecchi e dei nuovi centri appartenevano a ceti assai differenziati: il clero, sempre molto numeroso; coloro che esercitavano le arti liberali (giuristi, medici, maestri), i commercianti, gli artigiani. Sino all'XI secolo anche gli abitanti delle città, come i contadini, erano sottomessi all'autorità del feudatario, ma la rinascita economica generò nei cittadini la volontà di difendere i propri interessi con nuove norme pi eque e pi moderne, affrancate dal tribunale feudale. Per curare i loro diritti (l'amministrazione delle terre intorno all'abitato, la gestione del patrimonio vescovile, la difesa delle mura, l'edificazione di nuovi stabili, il controllo dei mercati), i cittadini stipularono un patto «comune», associandosi fra loro e liberandosi dal giogo del feudatario.

Nacquero così i comuni, il cui primo obiettivo, quello di darsi regole autonome esercitando direttamente le funzioni di governo, fu raggiunto in vario grado a seconda del Paese: dove il potere centrale era forte (Inghilterra, Francia regno normanno nel Meridione d'Italia) ai comuni furono concessi diritti limitati (eleggere i propri magistrati, emanare regolamenti interni alle città, stabilire il gettito fiscale), dove, invece, come nell'Italia centrosettentrionale e in Germania, lo stato era quasi assente, i comuni conquistarono autonomie assai pi vaste: poterono disporre di un esercito, eleggere un governo locale, battere moneta, esercitare in modo indipendente la politica interna e quella estera. L’imperatore fu inizialmente disposto a concedere ampie autonomie in cambio di appoggio da parte dei comuni nella lotta delle investiture contro il papa.

Nel Comune si differenziarono alcune classi sociali ben definite:

  • Nobili (piccoli feudatari che si erano stabiliti in città) che fino al XIII secolo governarono il Comune
  • Clero (assai numeroso)
  • Popolo grasso (alta borghesia: industriali e commercianti) si organizzò nelle arti maggiori e, a poco a poco, sostituì i nobili nel governo delle città
  • Popolo minuto (piccola e media borghesia: artigiani, piccoli commercianti) si organizzò nelle arti medie e minori e riuscì solo in parte a partecipare al governo
  • Plebe (proletariato) era esclusa dalle arti e dal governo e talora insorse inutilmente (Ciompi a Firenze).

Nella prima evoluzione del processo di sviluppo delle autonomie comunali nell'Italia centrosettentrionale importante fu spesso la figura del vescovo, tradizionalmente legato alla città. Non di rado fu, infatti, il vescovo, nella disgregazione del potere centrale, a divenire il depositario nelle città di quelle prerogative pubbliche di cui in un secondo tempo si appropriò l'organismo comunale. Su tale realtà di fondo si innestarono le diversità dei singoli istituti comunali, talora sorti all'ombra del potere vescovile, mediante vincoli di vassallaggio che trasmettevano quel potere ai ceti dirigenti cittadini, talora, invece, sorti contro il vescovo, privato delle sue prerogative da un'azione di forza. In tale diversità di situazioni locali presero avvio dalla fine dell'XI secolo le autonomie comunali nelle città italiane del centro - nord.

Inizialmente tutti i sottoscrittori del «patto comune» facevano parte del Parlamento, che eleggeva nel suo seno i boni homines delegati al governo della città. In seguito, sia per la complessità del sistema, sia per il prevalere dei magnati (cittadini che si distinguono per censo e per prestigio), si sviluppò una doppia istituzione, il Consiglio Maggiore e il Consiglio Minore, con compiti differenziati: il primo, composto di 300/400 membri, regolava il denaro pubblico, l'esercito, la circolazione di uomini e merci, le tasse, i dazi, i pedaggi, la manutenzione delle strade, il rifornimento dei viveri. Il secondo, costituito da un numero ristretto di membri, stabiliva la politica interna e quella estera. I Consigli erano affiancati da magistrati, detti consoli secondo l'uso romano, in numero variabile da città a città, che restavano in carica non pi di un anno, e riflettevano la composizione della classe magnatizia. Ben presto, mercanti e artigiani, associati in corporazioni dette «arti» (ciascuna di esse era regolata da uno statuto che precisava i diritti e i doveri degli iscritti), grazie all'eccezionale aumento del loro potere economico entrarono in conflitto con nobili e magnati per il governo della città. Si formarono fazioni contrapposte, armate, le cui risse rendevano turbolenta la vita del comune. Al tempo stesso scoppiarono lotte fra comuni, per la supremazia commerciale e per ragioni territoriali. Dopo la metà del ’200, i comuni entrarono in crisi a causa dei forti squilibri sociali, politici ed economici che causarono lotte tra le diverse fazioni. A fronteggiare tali conflitti il governo consolare si dimostrò impotente, la necessità di gestire in maniera coerente ed efficace la politica estera fece sì che, sempre pi spesso, si conferissero pieni poteri ad alcuni cittadini per un tempo limitato, oppure che fosse chiamato a governare il comune un podestà, ossia un funzionario forestiero, scelto per le sue doti d'imparzialità. Amministratore, giurista, capace di guidare un esercito, il podestà rimaneva in carica un solo anno, per evitare il rischio di una dittatura. Talvolta gli abitanti dei comuni investirono il podestà di nuovo potere, trasformandolo in signore della città, infatti, l'inasprimento delle lotte intestine tra le classi sociali e tra le fazioni, determinò il bisogno di un governo in grado di attuare la pace all'interno e all'esterno. Il passaggio dal comune alla signoria avvenne in alcuni casi con la scelta di un Signore per voto popolare, in altri (pi rari) con una conquista violenta. Nel primo periodo la signoria fu, in genere, elettiva ed accanto al signore sopravvivevano le tradizionali magistrature e le milizie comunali, ma, in seguito le signorie divennero ereditarie, le magistrature scomparvero ed il signore si servì di milizie mercenarie. La signoria, ossia l'esercizio duraturo del potere da parte di un uomo solo, fu spesso affidata o a un professionista della guerra, o a un appartenente a quella classe feudale nel passato tanto combattuta. Il passaggio alla signoria segnò irreparabilmente la fine dei comuni e delle loro libertà.

L’Europa fra il ‘300 ed il ’400

Durante il ‘300 e nei primi decenni del ‘400, guerre, carestie, epidemie causarono profondi mutamenti sociali ed economici nella società europea, cambiò anche la mentalità degli intellettuali e dei ceti pi elevati che attribuirono una nuova importanza all’individuo, gettando le basi della civiltà umanistico – rinascimentale.

Il crepuscolo del medioevo

L’uomo del ’300 non accettava pi passivamente la volontà divina, secondo l’atteggiamento tipico dei secoli precedenti, considerava spesso problematico il rapporto tra fede e ragione ed aveva ormai abbandonato l’illusione di un’unificazione della cristianità, infatti, il suo senso critico e la sua capacità di analizzare l’uomo e di accettare ogni aspetto della vita terrena, preludevano ormai all’
Umanesimo. In campo artistico l’opera d’arte non era pi l’espressione anonima di una generica religiosità, bensì divenne espressione personale dell’artista.

Nei regni dell’Europa occidentale e nelle Signorie italiane, la pressione fiscale si trasformò in esazione con l’intento di adeguarsi alle reali possibilità del contribuente. Durante il ‘300 l’aumento della popolazione scolastica portò alla moltiplicazione delle scuole ed accanto a quelle tradizionali ecclesiastiche comparvero quelle laiche, private e comunali.

Con il trionfo dell'autogoverno delle città, lo sviluppo autonomo di alcune potenti monarchie, l'ampliamento dei commerci a tutto il Mediterraneo, il ridimensionamento del potere universale dell'impero, la penetrazione del cristianesimo e del sistema feudale a est dell'Elba e dei Balcani, durante il XIII secolo l'Europa aveva ormai assunto un altro volto. Pur non avendo perso del tutto il prestigio di grande istituzione universalistica, il Sacro Romano Impero si era ormai ridotto a esercitare una reale giurisdizione soltanto su una parte dei territori germanici, che, d'altronde, pullulavano di città libere, le pi potenti delle quali crearono la Lega anseatica. Nel resto dell'Europa occidentale si formavano e si scontravano tra di loro, per ragioni territoriali e dinastiche, regni sovrani come quelli di Francia, Inghilterra (che giunsero a definire le rispettive sovranità dopo la guerra dei Cent'anni), Portogallo, Castiglia, Aragona, Navarra, Napoli e Sicilia ecc. L'intensificazione degli scambi con l'Oriente in seguito ai successi veneziani nel trattare con i nuovi padroni del Mediterraneo meridionale, i turchi selgiuchidi succeduti agli arabi, portò, oltre all'arricchimento delle città, anche a contagi epidemici. Nel XIV secolo in tutta l'Europa occidentale infuriò la peste (Boccaccio - Decameron), che sterminò circa un terzo della popolazione del continente, ma ciò non impedì l'ulteriore sviluppo degli scambi sia commerciali sia culturali.

Lo scisma d’occidente

Nel 1305, il papa di origine francese Clemente V spostò la sede del papato ad Avignone, rendendo così possibile l’ingerenza dei sovrani francesi nella politica pontificia, il ritorno della sede papale a Roma, nel 1377, fu la premessa del grande scisma d’Occidente, causato da conflitti politici e religiosi che divisero il mondo cattolico fra il 1378 ed il 1417. Sull’esempio del re di Francia i monarchi europei cercarono di favorire la formazione di un clero nazionale, almeno in parte svincolato dall’autorità papale.

In Inghilterra, re Edoardo III progettò la formazione di una Chiesa anglicana, indipendente da Roma, ed appoggiò John Wycliffe (1330 – 1384), un teologo che, anticipando le posizioni di Lutero, attaccò il clero denunciandone gli interessi profani. Wycliffe, nel 1375, in occasione di una disputa tra la corona inglese e il papato circa il pagamento di un'imposta pontificia, pubblicò due libelli a favore del diritto parlamentare di limitare i poteri della Chiesa. Re Edoardo lo pose a capo di una commissione che incontrò i rappresentanti pontifici a Bruges. L'incontro fallì, ma Wycliffe si guadagnò la protezione della fazione antipapale in parlamento. Nel 1377, per la sua dottrina del "dominio fondato sulla grazia", secondo la quale qualsiasi autorità conferita direttamente dalla grazia divina e viene meno in caso di peccato mortale, fu bollato da papa Gregorio XI di eresia. Nel 1379, Wycliffe ripudiò il dogma della transustanziazione, dichiarò la Bibbia unica fonte di autorità religiosa e morale e si scagliò contro la pratica del commercio delle indulgenze. Wyclyffe sostenne la necessità di una personale lettura ed interpretazione delle Scritture e, di conseguenza, tradusse la Bibbia in inglese. in seguito inviò alcuni discepoli, detti lollardi o predicatori poveri, per le campagne a diffondere le sue teorie religiose egualitarie e la sua Bibbia tradotta in inglese. Nel 1382 l'arcivescovo di Canterbury lo fece condannare come eretico e ne provocò l'espulsione da Oxford. Gli insegnamenti di Wycliffe conobbero un'enorme diffusione, influenzando notevolmente il riformatore religioso boemo Jan Hus .

Jan Hus (1369 – 1415) suscitò un vasto movimento antitedesco ed anticattolico (il cattolicesimo era stato portato in Boemia dai Tedeschi), che condannava il fasto degli ecclesiastici e la vendita delle indulgenze e rivendicava l’autonomia politica e religiosa della Boemia.

Quando a Roma, nel 1378, fu eletto papa l’italiano Urbano VI, i cardinali francesi elessero un antipapa che si stabilì ad Avignone sotto il controllo della monarchia francese. Ebbe così inizio lo scisma d’occidente che per circa quarant’anni (1378 - 1417) divise la Chiesa cattolica. Infatti, alcuni regni (Francia, Scozia, Aragona, angioino di Napoli) riconobbero come pontefice l’antipapa avignonese. Nel 1409 si pensò di eleggere un nuovo papa, che sostituisse gli altri due, ma il risultato fu che si ebbero tre papi contemporaneamente.

Per risolvere la situazione, l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo (1410 – 1437), preoccupato per la rivoluzione degli Hussiti (seguaci di Hus) in Boemia e per la presenza dei Turchi nei Balcani, convocò il Concilio di Costanza (1414 – 1418) che, dopo aver deposto i papi in contrasto, li sostituì con Martino V. In tal modo l’autorità del concilio si poneva come superiore a quella del papato (era ciò che volevano dimostrare i sovrani di Francia e di Inghilterra che volevano sottrarre il loro clero all’autorità papale), il successore di Martino V, in occasione del Concilio di Basilea (1341) confutò tale tesi e, dopo uno scisma durato dal 1437 al 1449 (piccolo scisma), il papato poté, con Niccolò V, riaffermare la propria autorità sui concili. La crisi della Chiesa dimostrò chiaramente che il papa aveva perso il suo prestigio in politica internazionale e che ormai il suo ruolo era identico a quello di un qualsiasi altro principe. I sovrani europei accettarono tale soluzione e stipularono con il papato dei concordati riguardanti la nomina dei vescovi, la concessione di benefici agli ecclesiastici e questioni simili.

Crociata contro gli albigesi

La crociata fu condotta tra il 1209 e il 1229 contro i gruppi di eretici, provenienti dai Balcani, che si stanziarono in Francia nella regione di Albi (da cui il nome). Dopo la sconfitta della prima campagna militare promossa dal papa Lucio III e i vani tentativi di convertire gli albigesi con l'aiuto dei frati domenicani, il papa Innocenzo III prese spunto dall'uccisione di un legato pontificio nel 1208 per invocare una nuova crociata contro di loro. Sotto la guida del legato papale e del comandante Simon de Montfort (morto nel 1218), i crociati, quasi tutti cavalieri provenienti dal centro e dal sud della Francia, sterminarono la maggior parte degli albigesi e si impossessarono delle loro terre. Nel 1209 conquistarono Albi e Béziers uccidendo 20.000 persone. I massacri tra gli albigesi acquistarono tali proporzioni che Innocenzo III si adoperò senza successo per mitigare gli scontri. Le lotte si inasprirono fino a diventare un conflitto politico per conquistare il potere sul territorio della Linguadoca. Dalla parte degli albigesi si schierò il re d'Aragona, mentre la Francia, con Luigi VIII e Luigi IX, appoggiò i crociati assicurandosi in questo modo il dominio del territorio, che fu assoggettato definitivamente nel 1271. Nel 1229 il conte Raimondo VII di Tolosa, uno dei comandanti degli albigesi, dovette accettare la disfatta di questi ultimi, sancita dal trattato di Meaux (presso Parigi). La conquista di Montsegur e le esecuzioni in massa sul rogo posero fine nel 1244 all'ultimo tentativo di ribellione da parte degli albigesi. Piccoli gruppi di albigesi sopravvissero in aree isolate e furono perseguitati dall'Inquisizione sino alla fine del XIV secolo.

Gli albigesi avevano adottato la dottrina dualistica manichea che sosteneva l'esistenza indipendente di un Dio del bene accanto a un Dio del male. Erano noti in Europa occidentale con il nome di catari (puri), gli adepti del dualismo si diffusero verso la fine dell'XI secolo nella Francia settentrionale, ma furono perseguitati e costretti a emigrare verso sud, favorevolmente accolti nella provincia semindipendente della Linguadoca e nella città di Albi. Gli albigesi credevano che l'intera vita umana fosse segnata dalla lotta tra il principio divino del bene, identificato con il Cristo e con il Dio del Nuovo Testamento, e la divinità del male, delle tenebre e della materia, identificata con Satana e con il Dio dell'Antico Testamento. L'intera realtà materiale era considerata un principio negativo, mentre l'anima era concepita come elemento spirituale imprigionato da Satana nel corpo dell'uomo. La sola speranza di salvezza era riposta nella vita dopo la morte, che liberava dalla schiavit della materia e evitava la reincarnazione nel corpo di un altro essere umano o addirittura di un animale.

Convinti della divinità di Cristo, gli albigesi sostenevano che egli fosse apparso sulla Terra come un angelo di sembianze umane e accusavano la Chiesa di essere al servizio di Satana, perché corrotta e attaccata ai beni materiali. Le comunità di fedeli erano divise in credenti e "perfetti". I perfetti praticavano forme estreme di ascetismo, rinunciando a ogni proprietà e vivendo unicamente di elemosina. Solo i perfetti potevano rivolgersi a Dio con la preghiera, mentre i semplici credenti potevano sperare di divenire perfetti con un lungo cammino di iniziazione, seguito dalla comunicazione dello Spirito Santo mediante l'imposizione delle mani.

I Bogomili

I Bogomili erano i seguaci di un movimento religioso riformatore, sorto nei Balcani nel X secolo come sviluppo del dualismo orientale, la cui dottrina, attribuita al sacerdote Bogomil, assegnava il ruolo di figlio primogenito di Dio a Satanael, creatura ribelle colpevole di aver plasmato il mondo materiale, opposto all'universo spirituale originario, e gli esseri umani, destinati a essere schiavi del male fino alla venuta di un secondo figlio di Dio, il Cristo, disceso dal cielo in sembianze umane per liberare il principio spirituale insito negli uomini e sconfiggere il male, chiamato da allora semplicemente Satana, senza il nome divino El. I Bogomili praticavano un ascetismo severo, rifiutavano le immagini sacre, i sacramenti e l'Antico Testamento a eccezione dei Salmi e dei Profeti. Nel 1118 l'imperatore bizantino Alessio I Commeno fece giustiziare per eresia il capo della setta, che sopravvisse in Bosnia fino alla conquista islamica del XV secolo, ispirando anche i movimenti degli albigesi e dei catari.

I Catari

I Catari praticavano un rigido ascetismo e aderivano alla teoria dualistica, ereditata dal manicheismo,credevano, quindi, nel conflitto fra il mondo spirituale, creato da Dio, e quello materiale, opera di Satana. L'eresia apparve nell'Italia settentrionale nel XII secolo con le comunità di Desenzano, Mantova e Concorezzo, ma si diffuse particolarmente in Francia meridionale (Provenza), dove gli aderenti al movimento furono chiamati Albigesi. Alla fine del XIV secolo i Catari erano quasi scomparsi, anche in seguito all'azione di francescani e domenicani. Della letteratura catara restano, il rituale latino e provenzale ed il Libro dei due Principi.

La situazione dell’Europa centrale

Fra il ‘300 ed il ’400, mentre nell’Europa occidentale si formavano gli Stati nazionali di Francia, Inghilterra e Spagna, nell’Europa centrale le monarchie non riuscirono ad imporsi alle autonomie locali. Le città pi grandi e prospere, come Augusta, Strasburgo e Colonia, erano anche importanti centri culturali, però le loro aspirazioni, analogamente a ciò che avveniva in Italia, non andavano oltre i loro interessi particolari. I principi elettori [sette principi tedeschi (quattro laici e tre ecclesiastici) ai quali spettava eleggere l’imperatore. La Bolla d’oro del 1356, emanata da Carlo IV di Boemia, stabilendo che l’elezione imperiale spettasse esclusivamente ai principi elettori, estromise il pontefice dall’elezione dell’imperatore e ribadì la non ereditarietà della corona imperiale (però dal 1452 l’impero divenne, di fatto, appannaggio degli Asburgo, grazie ai loro vasti possedimenti personali)] sceglievano come imperatori sovrani non molto potenti, che non possedessero vasti territori e che fossero ben accetti alla Francia ed al papato.

  • Alla effettiva mancanza di autorità degli imperatori, si contrapponeva la potenza delle leghe fra città, la Lega anseatica (associazione tra circa novanta città marinare del Baltico e del mare del Nord) in particolare, esercitò un vero predominio commerciale e politico nella zona baltica e s’impose anche al sovrano di Danimarca. L’indebolimento dell’impero facilitò il distacco di alcune regioni.
  • Gli svizzeri, dopo lunghe lotte (1291 – 1315) contro gli Asburgo si resero indipendenti.
  • Gli Asburgo (che fra il 1308 ed il 1437, non furono mai eletti imperatori) consolidarono il loro dominio sull’Austria, la Carinzia, il Tirolo e si impadronirono dell’importante porto di Trieste.
  • Nel 1308, la corona imperiale era passata ad Enrico VIII di Lussemburgo e restò poi ai suoi successori. Gli imperatori della casa di Lussemburgo cercarono, come gli Asburgo, di consolidare il proprio dominio territoriale, impadronendosi della Boemia e facendo di Praga una splendida capitale ed un importantissimo centro culturale ed economico.
  • Nel 1437, l’imperatore Sigismondo morì senza eredi ed il trono tornò agli Asburgo (Alberto II d’Asburgo era genero di Sigismondo) che conservarono la corona fino al 1806. Gli Asburgo estesero i loro domini in Boemia ed Ungheria, formando un robusto Stato, capace di opporsi ai Turchi che si erano ormai stanziati nei Balcani.
  • Nel Trecento si formò anche il regno di Polonia. Alla fine del ’300 la monarchia si trasformò da ereditaria in elettiva.
  • Nello stesso periodo storico nacque, come Stato, la Russia, che nel ‘400 ebbe il proprio centro nel Principato di Mosca. Dopo la caduta di Bisanzio (1453) il principe Ivan III il Grande rese i propri territori sempre pi autonomi. Per altri due secoli, l’unità politica fu consolidata dai principi di Mosca che dovettero lottare per affermare la propria autorità sui grandi proprietari terrieri (i boiari).

Gli stati regionali italiani nel XV secolo

Durante il XV secolo le maggiori signorie italiane si trasformarono in stati regionali, governati da signori che riuscirono ad ottenere dal papa o dall’imperatore un titolo nobiliare ed il diritto di trasmettere ai propri discendenti titolo e potere. In tal modo le signorie diventarono principati. Tale trasformazione fu resa possibile dalla ripresa economica iniziata alla metà del ‘400, infatti, la forte borghesia mercantile e finanziaria forniva ai principi il denaro sufficiente a mantenere forti eserciti e ad intraprendere le necessarie opere pubbliche (opere di bonifica, irrigazione, diffusione di nuove colture), ed influenzava le loro scelte politiche.

I maggiori stati regionali furono: il Ducato di Milano (Visconti), la Repubblica di Venezia (dogi), lo Stato Sabaudo, il Comune di Firenze (Medici), lo Stato Pontificio (papa), il Regno di Napoli (Angioini fino al 1442, poi Aragonesi).

I principi, che diffidavano delle milizie cittadine (avrebbero potuto ribellarsi e non potevano sostenere guerre lunghe ed impegnative), si servirono di compagnie di ventura (soldati mercenari professionisti, guidati da abili comandanti, spesso figli cadetti di nobili casate). L’impiego di compagnie di ventura produsse disordini nella penisola, infatti, i loro capitani, per ambizione o per avidità, non esitavano a cambiare bandiera, inoltre i cittadini non si sentivano pi coinvolti nella difesa del loro Stato. Nella prima metà del ‘400 Napoli, Milano, Venezia, Firenze, avevano tentato di espandersi. Nel 1454, con la pace di Lodi, tali lotte cessarono. Lorenzo de’ Medici, consapevole che i dissidi fra gli stati della penisola avrebbero potuto farne una facile preda per la Francia e la Spagna, ormai organizzate in forti Stati nazionali, si adoperò per una politica di equilibrio fra i diversi stati regionali. Alla sua morte (1492) però, la politica di equilibrio fu abbandonata, e già nel 1494 scese in Italia il re di Francia Carlo VIII, ed in breve la penisola divenne terra di conquista.

Ducato di Milano

I Visconti erano signori di Milano già dal 1311. Milano, situata al punto d’incontro delle grandi vie commerciali che conducevano oltralpe, era diventata un importante centro artigianale, industriale (tessitura e metallurgia) ed agricolo (opere di bonifica, canalizzazione, irrigazione). Gian Galeazzo Visconti (1378 - 1402) unificò i vastissimi domini della famiglia (Lombardia, parte del Piemonte e del Veneto, Emilia ed alcune città dell’Italia centrale) e, nel 1395, ottenne dall’imperatore il titolo di duca di Milano (a Gian Galeazzo si devono il Duomo di Milano e la Certosa di Pavia). Alla morte di Gian Galeazzo, il figlio Giovanni Maria non seppe mantenere le conquiste paterne ed il ducato si disgregò. Nel 1412, quando fu assassinato, gli successe il fratello, Filippo Maria, che, dopo aver ricostituito il ducato, riprese la politica espansionistica del padre, entrando in contrasto con Venezia. La guerra durò dieci anni (1423 - 1433) e si concluse con la pace di Ferrara e la cessione ai Veneziani di Brescia e Bergamo. Quando, nel 1435, a Napoli morì senza eredi Giovanna II la Pazza, la corona fu contesa da Angioini ed Aragonesi, Filippo Maria Visconti formò una lega con Venezia e Firenze e si schierò con gli Angioini, poi però passò agli Aragonesi e fu sconfitto dagli ex alleati, guidati da Francesco Sforza. L’anno seguente (1441) Filippo Maria firmò la Pace di Cremona, con la quale cedette altre terre a Venezia e diede in moglie a Francesco Sforza la propria figlia Bianca Maria, che portò Cremona in dote al marito.

Nel 1447, quando morì Filippo Maria, a Milano scoppiò la guerra per la successione. Milano proclamò la repubblica ed affidò la propria difesa allo Sforza, che approfittò della situazione per farsi riconoscere Duca di Milano (1450). Venezia, che sperava di estendere il proprio predominio in Lombardia, si alleò con Alfonso d’Aragona, re di Napoli e con Federico III d’Asburgo (1440 - 1493), imperatore di Germania, contro lo Sforza. La guerra durò quattro anni, finché, la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453) rese precaria la situazione dei possessi veneziani nell’Egeo ed indusse i contendenti a firmare la Pace di Lodi (1454). Con tale pace lo Sforza fu riconosciuto Signore di Milano, Venezia estese il suo dominio fino all’Adda, Alfonso d’Aragona fu riconosciuto definitivamente re di Napoli e fu stipulata la Santissima Lega Italica contro i Turchi. L’equilibrio politico raggiunto con la Pace di Lodi durò fino alla morte di Lorenzo il Magnifico (1492) ed alla discesa di Carlo VIII in Italia (1494).

Galeazzo Maria, figlio di Francesco Sforza, a causa del suo governo tirannico, fu assassinato in una congiura, il figlio, Gian Galeazzo, governò sotto la reggenza della madre, Bona di Savoia, finché lo zio, Ludovico il Moro usurpò il ducato. Ludovico il Moro, anch’egli figlio di Francesco Sforza, riuscì ad ottenere la tutela del nipote Gian Galeazzo ed a confinarlo nel castello di Pavia dove, nel 1494, lo fece avvelenare. Nel frattempo si era acuito il contrasto tra il Moro e Ferdinando d’Aragona, infatti, Gian Galeazzo aveva sposato una nipote del re di Napoli, il quale prese le parti del legittimo erede. Ludovico il Moro rispose incoraggiando re Carlo VIII di Francia a rivendicare il regno di Napoli (fino al 1442 il trono di Napoli era appartenuto al casato francese degli Angioini).

Spedizione di Carlo VIII

Venezia e papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) accondiscesero all’intervento di Carlo VIII nel napoletano e Ferdinando II d’Aragona, malvisto anche dai suoi baroni (nel 1485 gli si erano ribellati per difendere i propri privilegi e la repressione era stata durissima), restò solo contro il francese. Carlo VIII, dopo essersi assicurato la neutralità della Spagna e dell’Impero, nel 1494 varcò il Monginevro e scese nella penisola, ben accolto in Piemonte dalla duchessa Bianca di Savoia ed in Lombardia da Ludovico il Moro. In Toscana Piero de’ Medici, figlio del Magnifico, gli offrì Sarzana, Pisa e Livorno ed una cospicua somma di fiorini, ma i fiorentini, indignati per la sua viltà, cacciarono i Medici dalla città. A Roma papa Alessandro VI Borgia, di origine spagnola, accolse con diffidenza il sovrano Francese e non gli concesse l’investitura del regno aragonese.

Nel regno di Napoli, il re Alfonso II successo in quello stesso 1494 a Ferdinando I, sapendosi odiato dai baroni e dai sudditi, abdicò a favore del figlio, Ferdinando II (Ferrandino) anch’egli assai malvisto, che dovette fuggire ad Ischia. Carlo VIII prese Napoli senza combattere. La facilità con la quale Carlo VIII aveva realizzato la conquista di Napoli ed il pericolo di una egemonia francese in Italia destarono la preoccupazione non solo degli altri Stati italiani (Milano, Venezia, Stato Pontificio), ma anche della Spagna e dell’imperatore Massimiliano I [suo figlio Filippo il Bello sposò Giovanna, figlia di Ferdinando il Cattolico e di Isabella di Castiglia , alleando così le case di Austria e Spagna, ciò rese possibile a Carlo V, figlio di Filippo il Bello di fondare, nel 1519, l’Impero universale degli Asburgo]. Le cinque potenze costituirono la Lega antifrancese (1495)e l’esercito degli alleati si apprestò a bloccare la via del ritorno ai francesi, Carlo VIII lasciò frettolosamente Napoli, diretto in Francia, ma a Fornovo (presso Parma) dovette affrontare la coalizione e fu sconfitto. Mentre Carlo VIII riparava in Francia, Ferdinando II d’Aragona, appoggiato dalla Spagna e da Venezia, riprese il possesso di Napoli, ma ormai la debolezza dei principati italiani era evidente e presto attirò le mire di Francia e di Spagna. Carlo VIII morì, senza lasciare eredi, nel 1498, a ventotto anni, ed il trono passò a cugino e cognato Luigi XII di Valois - Orléans che riprese la politica espansionistica di Carlo VIII, vantando i suoi diritti sul Regno di Napoli (discendeva dagli Angioini) e sul Ducato di Milano (discendeva da Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo)

Stato Sabaudo

Durante la seconda metà del trecento i Savoia riuscirono ad affermare il loro controllo sul Piemonte, in seguito la forte monarchia francese li costrinse al di qua delle Alpi, dove, pur entrando in attrito con i Visconti riuscirono ad ampliare i loro territori ed a consolidare il proprio potere. Amedeo VIII unificò il territorio e ne riorganizzò l’amministrazione. Amedeo VIII, nel 1416, ottenne dall’imperatore Sigismondo il titolo di duca di Savoia ed emanò gli Statuta Sabaudiae, raccolta completa di tutte le leggi emanate dai suoi predecessori, gli Statuta furono la base dell’ordinamento statale per quattro secoli.

Regno di Napoli

Fra il XIV ed il XV secolo si completò la decadenza del regno angioino di Napoli. All’inizio del ‘300 gli Aragonesi si erano appropriati della Sicilia, i commerci marittimi erano ostacolati da Aragonesi e Veneziani, i grandi banchieri fiorentini controllavano le finanze dello Stato, il perdurare di strutture di stampo feudale aveva prodotto nelle campagne un’economia chiusa ed arretratissima, della quale risentivano anche i centri urbani. Roberto d’Angiò (1309 – 1343), pur essendo capo del partito Guelfo e Vicario del Papa a Roma, non seppe sfruttare la propria posizione per estendere il proprio dominio in Italia. Quando Roberto morì, il regno di Napoli attraversò un periodo di crisi. Giovanna I (1343 –1382), nipote di Roberto, aveva sposato Roberto d’Angiò, fratello del re d’Ungheria. Quando nel 1345 il marito fu assassinato, Giovanna sposò un altro angioino, il cugino Luigi di Taranto, nemico del precedente, il Re d’Ungheria, per vendicare il fratello, scese nel napoletano con le sue truppe e compì devastazioni di ogni genere, mentre Giovanna si rifugiava ad Avignone dal papa (1345 –1348), quando il re d’Ungheria ritirò le sue truppe, Giovanna tornò a Napoli. Giovanna, essendo senza eredi aveva designato come suo successore il cognato Carlo di Durazzo, poi però gli preferì il cugino Luigi I d’Angiò, fratello del re di Francia. Carlo di Durazzo fece assassinare la regina (1382) e si impadronì del regno, ma fu assassinato a sua volta nel 1386. Suo figlio Ladislao, dopo aver combattuto contro i sostenitori di Luigi II d’Angiò (figlio di Luigi I), con l’aiuto del papa riuscì ad impadronirsi di Napoli (1400) ed intraprese una politica espansionistica, interrotta dalla sua morte nel 1414. Salì al trono Giovanna II la Pazza (1414 – 1435), sorella di Ladislao, anch’ella, non avendo eredi diretti, dovette scegliere un successore e designò dapprima Alfonso, re di Aragona e di Sicilia, ed in seguito Renato d’Angiò. Pertanto alla sua morte (1435) scoppiò una nuova guerra di successione. Poiché gli stati italiani temevano un’egemonia aragonese in Italia, Milano, Genova, Firenze, e Venezia si coalizzarono contro Alfonso d’Aragona e lo sconfissero, ma il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, temendo che la sconfitta degli Aragonesi rendesse troppo potenti i Veneziani (Aragonesi e Veneziani controllavano il Mediterraneo) si alleò con Alfonso d'Aragona. La lega sconfisse l’ex alleato ad Anghiari (1340) ed il Visconti dovette firmare la pace di Cremona (1441). Nel 1341, Napoli, assediata dagli Aragonesi, dovette arrendersi (fine della dominazione angioina). Alfonso d’Aragona unì il regno di Napoli alla Sicilia.

Le scoperte geografiche

Fin dal XIII secolo missionari e mercanti avevano raggiunto l’Oriente. La conquista turca dell’Asia Minore e di Costantinopoli (1453) precluse ai mercanti, che importavano spezie, oro, argento, pietre preziose, la via dell’Oriente e rese necessario raggiungere i paesi orientali via mare. Nella seconda metà del ‘400 le conoscenze geografiche si erano ormai ampliate e si erano fatti anche notevoli progressi nella tecnica delle costruzioni nautiche. Le navi divennero pi manovrabili e la velatura fu modificata in modo tale da poter essere utilizzata anche per viaggiare controvento. nel '400 fu costruita la caravella, facilmente manovrabile e con fiancate alte, adatte ad affrontare le onde dell’oceano, in seguito dalla caravella derivò il galeone, poderosa nave da guerra.

Si tentò di raggiungere l’Oriente circumnavigando l’Africa (via dell’Oriente), oppure per la via dell’Occidente, attraverso l’Atlantico, accettando l’ormai diffusa teoria della sfericità della terra.

La spinta determinante ai viaggi d’esplorazione venne dal Portogallo e dalla Spagna, che volevano togliere a Venezia il monopolio del lucroso commercio delle spezie. I Portoghesi, a causa delle scarse risorse agricole del loro Paese, cercarono risorse in Africa, incoraggiati dai loro sovrani, in particolare dal principe Enrico il Navigatore (1394-1460), il quale nei primi anni del ‘400, fondò una scuola nautica a Segres. Da tale scuola uscirono numerosi navigatori come Bartolomeo Diaz, che nel 1478 raggiunse il Capo di Buona Speranza, scoprendo il passaggio per le Indie. Vasco de Gama nel 1497-1498 circumnavigò l’Africa e, dopo aver attraversato l’Oceano Indiano, raggiunse le Indie, approdando a Calicut.

Cristoforo Colombo, un genovese residente in Portogallo come rappresentante di una casa commerciale di Genova, convinto della sfericità della terra, propose al re del Portogallo l’impresa di raggiungere le indie per la via dell’Occidente, ma ottenne un rifiuto. Infine, nel 1492, dopo aver ottenuto l’appoggio dei sovrani spagnoli (Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia), salpò da Palos, presso Cadice, con tre caravelle e 120 uomini d’equipaggio. Il 12 ottobre 1492 Colombo approdò ad un’isola delle Bahamas che, convinto di aver raggiunto il Giappone, chiamò San Salvador (Watling). Nei tre viaggi successivi toccò Cuba ed Haiti e la parte meridionale del nuovo continente senza però intuire la portata della propria scoperta.

Nello stesso periodo Giovanni Caboto e suo figlio Sebastiano, due navigatori veneziani al servizio dell’Inghilterra, toccarono la parte settentrionale del nuovo continente. I viaggi si intensificarono e la rivalità fra Spagna e Portogallo minacciò di sfociare in una guerra, scongiurata dall’intervento del papa Alessandro VI e, nel 1494, con il trattato di Tordesillas, fu fissata la sfera di influenza dei due paesi indicata da una linea immaginaria, detta raya, tracciata lungo il 46° meridiano ovest.

Il nuovo continente fu chiaramente individuato solo alcuni anni dopo, nel 1501 da Amerigo Vespucci, che ne esplorò le coste meridionali. Nel 1507, un cartografo tedesco diede per la prima volta il suo nome (terra Americi) al nuovo continente.

Nel 1513, lo spagnolo Vasco Nuñez de Balboa riuscì ad attraversare l’istmo di Panama e, dopo una difficile marcia attraverso la foresta tropicale, raggiunse le coste del Pacifico.

Nel 1519, Ferdinando Magellano, navigatore portoghese al servizio della Spagna, con cinque navi costeggiò le coste atlantiche dell’America Meridionale, raggiunse lo stretto che da lui prese il nome di stretto di Magellano, e passò nel Pacifico, raggiungendo le Filippine, dove fu ucciso dagli indigeni. Prese il comando il veneziano Antonio Pigafetta, cronista dell’impresa, che riuscì, con l’unica nave rimasta, ad attraversare anche l’Oceano Indiano, a doppiare il Capo di Buona Speranza, ed a risalire infine l’Atlantico, tornando in Spagna nel 1522. L’impresa, durata tre anni (1519 – 1522), dimostrò che la terra poteva essere circumnavigata.

Con il viaggio di Magellano si concluse il periodo delle esplorazioni e cominciò la colonizzazione delle nuove terre.

Le civiltà precolombiane d'America

L’impero coloniale spagnolo fu organizzato dai funzionari che subentrarono ai conquistadores. Esso comprendeva la Nuova Spagna (Messico e America Centrale) e la Nuova Castiglia (dal Per all’Argentina), il Brasile restò al Portogallo, secondo la delimitazione della raya. I due territori erano governati da vicere con poteri limitati, mentre l’impero coloniale era amministrato dal Consiglio delle Indie che aveva sede a Madrid ed agiva nelle colonie attraverso i consigli locali (audiencias). I coloni erano di fatto dei feudatari, padroni degli indigeni che si trovavano sul territorio loro assegnato. Il governo spagnolo usò il sistema dell’encomienda (ricompensa) per ricompensare i finanziatori della conquista. Il commercio fu organizzato su basi monopolistiche, controllando rigidamente i traffici da e per l’America. Nelle colonie furono introdotte attività produttive, agricole e minerarie, usando come schiavi gli indigeni ed i negri catturati in Africa e portati in America.

Conseguenze in Europa

Il mediterraneo perse la sua tradizionale importanza commerciale, provocando la decadenza di Venezia (Genova, invece, continuò a prosperare poiché i suoi banchieri finanziavano i viaggi di Spagnoli e Portoghesi). Enormi ricchezze affluirono in Spagna, però la nobiltà terriera mancava di spirito imprenditoriale e, poiché la Spagna aveva bisogno di armi, tessuti, vino, grano, attrezzature, gran parte di tali ricchezze si riversavano nei paesi Europei produttori di tali beni. L’abbondanza di metalli preziosi causò un forte aumento dei prezzi (inflazione), che favorì i ceti sociali legati alla produzione, agli affari ed alla finanza, e danneggiò i salariati ed i ceti nobiliari a reddito fisso che vivevano in città grazie alle rendite delle loro terre. Questo fenomeno coinvolse solo l’Europa occidentale, perché nell’Europa orientale la nobiltà, ancora direttamente legata alla terra, ricavò notevoli vantaggi dall’abbondanza di metalli preziosi circolanti. Ciò le consentì di assoggettare totalmente le masse contadine, e tale fatto impedì lo sviluppo del ceto medio mercantile, caratteristico dei Paesi occidentali, consentendo al latifondismo agrario di sopravvivere fino al XIX secolo.

La rivoluzione copernicana

Contemporaneamente alla nascita del capitalismo si verifica un profondo rinnovamento culturale detto “rivoluzione copernicana” dal prevalere dell’eliocentrismo di Copernico sul geocentrismo di Tolomeo (II sec d.C.).

Il modello tolemaico immagina l’universo come chiuso e finito. La terra al centro dell’universo, immobile, ed intorno ad essa ruotano i pianeti, il sole ed il cielo delle stelle fisse. Ne consegue che:

  1. l’universo finito, chiuso dal cielo delle Stelle fisse al quale seguono il Cielo Cristallino ed il Primo Mobile, al di là del quale i trovano Dio e gli angeli
  2. Dio , quindi, trascendente (= al di là della realtà sensibile ed indipendente da essa)
  3. I cieli dotati di moto circolare (perfezione) si contrappongono alla terra, mondo sublunare, sede dei movimenti rettilinei (imperfezione)
  4. Il cosmo assoluto ed immobile, simbolo dell’immobile perfezione divina.

Il modello copernicano pone il sole al centro dell’universo ed elimina il Cielo Cristallino, il Primo Mobile e la rappresentazione del mondo soprannaturale, ed assume come estremo confine la sfera delle stelle fisse (quindi l’universo di Copernico ancora finito).

Giordano Bruno (1548 – 1600) trasforma il ribaltamento del geocentrismo tolemaico, operato da Copernico, nel rovesciamento di tutte le sue implicazioni filosofiche. Bruno sostiene la tesi di un universo infinito, quindi privo di centro, infatti, Dio deve essere immanente all’universo (Copernico ha eliminato la sede del mondo soprannaturale), e quindi, se l’universo manifestazione di Dio che infinito, anche l’universo infinito e Dio si identifica con esso (naturalizzazione cosmico – panteistica di Dio). In tale contesto l’uomo ingigantisce ( un microcosmo nel quale si riflette l’universo, macrocosmo) e non ci devono essere barriere alla sua possibilità di indagine. Logicamente tale posizione estrema provoca una violenta reazione della Chiesa (Bruno bruciato come eretico).

Tutto il pensiero rinascimentale assume nuove prospettive. Una delle figure chiave del periodo Leonardo da Vinci (1452 – 1519), scienziato, pittore, scrittore, ritiene, anticipando Galileo Galilei (1564 -1642), che l’uomo debba studiare la natura servendosi della ragione e dell’esperienza, traendo dall’aumentato sapere i mezzi per un pi completo dominio sulla natura.

Anche la storia adotta una visione naturalistica della realtà (limita la ricerca agli elementi osservabili e sperimentabili, escludendo ogni tesi che faccia ricorso ad ipotesi soprannaturalistiche, ed alla fede nell’intervento della Provvidenza, sostituisce l’analisi dei caratteri, degli avvenimenti, degli interessi, delle passioni. A tali principi si ispira Niccolò Machiavelli (1469 - 1527), il quale sostiene che l’uomo si conosce mediante lo studio del suo comportamento nella storia, l’uomo politico deve conoscere il meccanismo delle passioni umane per poterle sfruttare a proprio vantaggio, la religione una forza che il politico deve saper usare per edificare e consolidare lo Stato (secondo il pensiero medievale la politica doveva essere subordinata alla religione), inoltre il riconoscere una situazione di fatto per ciò che essa ed agire di conseguenza non immorale se il fine il bene supremo dello Stato. Per l’uomo del Rinascimento, la moralità non significa pi mortificazione della carne e Lorenzo Valla (1474 – 1533) tenta di conciliare i principi epicurei (piacere = serenità ed autocontrollo) e quelli cristiani, sostenendo che l’aspirazione alla salvezza eterna si può conciliare con i valori umani e terreni. La virt intesa come forza d’animo e, energia e capacità di dominare il corso delle cose. La nuova filosofia caratterizzata dalla sua indipendenza nei confronti della fede e dell’autorità.

L’Europa all’inizio dell’età moderna

Situazione italiana

Con la pace di Lodi del 1454 era cominciato in Italia un periodo di equilibrio. I principali stati della penisola si erano uniti nel 1455 nella Lega Santissima offrendosi reciproco appoggio. In realtà la relativa pace era piuttosto dovuta alla insicurezza, infatti, i governi dei singoli stati temevano che una guerra potesse scatenare all'interno dei loro domini la protesta popolare. Il timore era motivato, come dimostrarono le insurrezioni e le rivolte contadine avvenute appunto nella seconda metà del secolo.

Situazione internazionale

  1. la Spagna, che aveva appena iniziato il processo di unificazione, era un insieme di grandi feudi e non disponeva ancora dell'oro delle colonie.
  2. in Inghilterra era da poco finita la guerra delle Due rose (1485)
  3. l'impero, mancava di unità.

Carlo VIII valutò che il momento fosse favorevole per rivendicare il regno di Napoli, tanto pi che la dinastia aragonese era odiata dai baroni scampati alla feroce repressione della congiura del 1485. Carlo VIII era spinto, oltre che dal desiderio di espandere i suoi domini, anche dal progetto di fare del Napoletano la base per una crociata contro i Turchi, che dal 1453 si erano insediati in Costantinopoli. L'interesse al dominio della penisola, del resto, si era già manifestato ai tempi di Carlo VII ed era destinato a ispirare la politica di Luigi XII e di Francesco I.

Ai progetti di Carlo VIII si aggiunse un invito rivoltogli dal signore di Milano, Ludovico il Moro. Questi aveva usurpato il potere del nipote Gian Galeazzo, genero del figlio del re di Napoli Ferdinando I, e temeva pertanto che quest'ultimo, tentasse di restaurare la legittima autorità di Gian Galeazzo. Il Moro era dunque interessato ad un intervento francese nel napoletano. Il re di Francia, garantitasi, con alcune cessioni territoriali, la neutralità della Spagna e quella dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo, iniziò la spedizione nel settembre del 1494 senza incontrare ostacoli. L’impresa di Carlo VIII fu quindi favorita dal vuoto politico e dalla debolezza che le preesistevano.

Carlo VIII fu regalmente ricevuto in Milano dal Moro, che poco dopo la sua partenza si liberò del nipote Gian Galeazzo, morto il 21 ottobre, probabilmente perché fatto avvelenare. A Firenze Piero de' Medici, che aveva accettato le esose condizioni del Francese, fu rovesciato da una rivolta popolare. Il papa Alessandro VI Borgia lasciò via libera a Carlo VIII, purché non venisse messa in discussione, come molti speravano, la legittimità del suo potere. Il re di Napoli, Alfonso Il, da poco succeduto a Ferdinando I, abdicò in favore del figlio Ferdinando II, sperando che questi fosse pi gradito ai baroni e al popolo, ma la sua mossa fu inutile, e Ferdinando II, abbandonato da tutti, non poté organizzare alcuna resistenza e fu costretto a fuggire ad Ischia.

Venezia, Milano e il papa videro finalmente il pericolo rappresentato per la loro libertà da una forte presenza della Francia nell'Italia meridionale e, con l’appoggio della Spagna e dell'Impero, formarono una lega, che minacciava di isolare nel Mezzogiorno le truppe francesi. Carlo VIII, dovette ritirarsi e, a stento, riuscì a rimpatriare, aprendosi la strada con la battaglia di Fornovo (6 luglio 1495).

Ferdinando II poté allora rientrare nel suo regno, rinunciando solo ad alcuni porti pugliesi occupati da Venezia e tutto sembrò tornare allo stutus quo, fatta eccezione per l'abbattimento della signoria dei Medici in Firenze, ma ormai la debolezza dei principati italiani era evidente e presto attirò le mire di Francia e di Spagna.

Savonarola e la repubblica di Firenze

La repubblica instaurata in Firenze dopo la cacciata di Piero de' Medici fu animata ispirata da Girolamo Savonarola (1452-1498), un domenicano che, per certi aspetti si rifece alla pi rigida tradizione medievale cristiana, per altri anticipò atteggiamenti di critica alla corruzione della corte papale pi tardi ripresi dalla Riforma protestante.

Chiamato a Firenze da Lorenzo il Magnifico nel 1482, il frate non espresse dapprima alcuna riserva nei confronti del regime mediceo: le sue prediche, piuttosto denunciavano la corruzione della Chiesa. Dopo la caduta di Piero de’Medici il rigore morale e religioso portò Savonarola a schierarsi con i fautori pi decisi della repubblica ed a condannare come tirannico e corruttore il regime dei Medici. Da una parte, l'integralismo cristiano lo indusse a subordinare ogni aspetto della vita, e soprattutto la politica, alla religione dall'altra parte, l'ispirazione popolare e l'esaltazione delle «città libere e civili», portarono il Savonarola a farsi promotore di provvedimenti favorevoli ai ceti pi umili, come l'abolizione delle imposte che li colpivano, l'alleggerimento dei debiti dei debitori insolventi, la fondazione di un Monte di Pietà che, dietro versamento di un pegno, concedesse ai bisognosi prestiti senza interesse. Savonarola non riuscì a conquistare il consenso permanente né del popolo, né degli esponenti della cultura di Firenze. Filosofi come Marsilio Ficino, che dapprima l'avevano sostenuto, l'abbandonarono e gli si volsero contro: essi erano troppo abituati alla loro libertà di ricerca per riconoscersi nel rigido integralismo cristiano del frate, ed erano, d'altra parte, troppo legati al sistema sociale vigente per accettare il suo radicalismo tendenzialmente rivoluzionario. Il Savonarola rimase così isolato, e Alessandro VI poté sbarazzarsene colpendolo con la scomunica. Processato come eretico e giudicato da un tribunale laico, la cui sentenza fu confermata dai commissari pontifici, Savonarola fu riconosciuto colpevole e giustiziato con due suoi compagni nel maggio del 1498. La repubblica, perduta la propria giustificazione etico-politica, sopravvisse fino al 1512, quando i Medici tornarono in Firenze.

La guerra franco-spagnola e l’avventura del Valentino

A Carlo VIII, morto nel 1498, succedette il cugino Luigi XII (1498 -1515), che alle pretese sul regno di Napoli unì quelle sul Milanese, in quanto discendente da una Visconti. Accordatosi col papa e con Venezia, Luigi XII prese Ludovico il Moro tra due fuochi e lo sconfisse. Il Moro, prigioniero in Francia, morì pochi anni dopo (1500).

Impadronitosi del Milanese il re di Francia s'accordò segretamente con Ferdinando II di Spagna per una spartizione del Napoletano (trattato dì Granada, novembre 1500). Sconfitto Federico I, re di Napoli, scoppiò una guerra tra i due alleati per la divisione dei territori conquistati. Luigi XII, sconfitto, dovette sottoscrivere l'armistizio di Lione (1504), col quale riconosceva il dominio spagnolo sull'intero regno di Napoli, mentre alla Francia restava il ducato di Milano. Negli stessi anni, Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, tentò di organizzare un forte stato nell'Italia centrale e di porre termine in tal modo al disordine che regnava nei domini del pontefice, dove si poneva il problema reale di superare l'arbitrio e il particolarismo dei signori e delle città, mentre la stessa Roma era soggetta ai disordini provocati dalle lotte fra le potenti famiglie dei Colonna e degli Orsini. Era quindi necessario creare un organismo politico solido e centralizzato, capace di imporsi a tutti e di garantire l'ordine.

Grazie agli accordi di Alessandro VI con Luigi XII, Cesare Borgia era stato fatto duca di Valentinois e aveva ottenuto il benestare e l'appoggio della Francia. Fra il 1499 e il 1501 egli si impadronì delle Romagne, poi dei ducati di Urbino e di Camerino, (1502). I Colonna e gli Orsini, acerrimi nemici dei Borgia, subirono la confisca dei loro beni. Alcuni condottieri al servizio del Valentino che avevano tramato contro di lui, invitati a Senigallia per ottenere il perdono e trattare la conciliazione, furono fatti arrestare e strangolare (eccidio di Senigallia - 1502).

Machiavelli vide nel Borgia una plausibile incarnazione del suo Principe, freddo, realista, ma animato dall'alta intenzione di edificare uno stato solido, necessario per creare le condizioni preliminari della libertà dei cittadini, però, quando nel 1503 Alessandro VI morì, gli succedette, dopo il brevissimo pontificato di Pio III Piccolomini, Giulio II della Rovere, nemico giurato dei Borgia. Il Valentino, che in quel momento si trovava a Roma gravemente malato, venutagli meno la protezione del padre, non poté neppure rientrare nei suoi possedimenti, che in massima parte ritornarono agli antichi signori. Egli si rifugiò in Navarra, dove morì nell’assedio di Pamplona (1507).

La Lega di Cambrai (1508) e la Lega Santa (1511 – 1513)

Per quanto irriducibile nemico dei Borgia, il nuovo pontefice Giulio II (1503-1513) proseguì la loro politica di rafforzamento del potere centrale contro le signorie locali. Impadronitosi con le armi di Perugia e di Bologna, egli intimò a Venezia di restituirgli Cervia e Ravenna, delle quali la Repubblica s'era impossessata approfittando dello sfacelo dello stato del Valentino. Poiché Venezia rifiutò, il papa strinse un'alleanza militare contro la Serenissima: la Lega di Cambrai (1509), cui aderirono l'impero, la Francia e la Spagna. Venezia, sconfitta dai Francesi ad Agnadello (1509), dovette cedere alla Francia, al papa ed alla Spagna i territori contesi, riuscendo così a resistere all'imperatore Massimiliano d'Asburgo, che, abbandonato dagli alleati dopo che questi ebbero ottenuto i loro scopi, tentò invano di recuperare i porti di Trieste e di Fiume, recentemente strappatigli dalla Repubblica. Giulio II, tuttavia, resosi conto del pericolo derivante a tutta la penisola dall'indebolimento di Venezia, procedette nel 1510 a un parziale rovesciamento delle alleanze, e strinse con la stessa Repubblica, con la Spagna, con gli Svizzeri e con gli Inglesi la cosiddetta Lega Santa, con l’intento di scacciare i Francesi dal Milanese dopo un’iniziale vittoria a Ravenna (1512), i Francesi furono poi sconfitti dalla Lega e dovettero cedere il Ducato di Milano a Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro, mentre il papa ottenne Parma e Piacenza, già dipendenti da Milano. Il crollo della dominazione francese in Lombardia determinò anche la rovina della Repubblica di Firenze, protetta da Luigi XII e le truppe spagnole e pontificie riconsegnarono la città ai Medici (1512).

Giulio II morì nel febbraio del 1513, il suo successore fu Leone X de’ Medici. Qualche mese pi tardi, Luigi XII, tentò di riconquistare il Ducato di Milano, ma fu fermato a Novara (1513) dagli Svizzeri che appoggiavano Massimiliano Sforza. Nel 1515 morì Luigi XII. Il suo successore, Francesco I (1515-1547), riuscì a sconfiggere gli Svizzeri a Marignano (1515) costringendoli ad accontentarsi del solo Canton Ticino. Milano tornò così sotto la dominazione francese e Massimiliano Sforza riprese la via dell'esilio.

La vittoria conseguita permise a Francesco I, nel 1516, di stringere un Concordato con Leone X [(1513 – 1521) figlio di Lorenzo il Magnifico e successore di Giulio II] che accordava al sovrano francese un ampio controllo del clero del suo Paese inoltre Francesco I sottoscrisse con Carlo I (poi imperatore Carlo V, succeduto nel 1516 a Ferdinando II di Spagna), il trattato di Noyon, che ribadiva, dopo oltre un decennio di guerre le clausole dell'armistizio di Lione (1504) e confermava la dominazione francese sul Milanese e quella spagnola sul Napoletano.

Carlo V

Nella prima metà del ‘500 [dal trattato di Noyon (1516) alla pace di Cateau Cambrésis (1559)] la riforma protestante (novantacinque tesi di Lutero del 1517) e lo scisma anglicano (1534) rompono l’unità cattolica del continente; i Turchi minacciano il cuore dell’Europa (assedio di Vienna del 1529). Carlo d’Asburgo (ossia Carlo I di Spagna, poi Carlo V imperatore), proprio mentre in Europa gli Stati stanno assumendo una connotazione moderna, tenta di resuscitare il Sacro Romano Impero, secondo l’ormai anacronistica concezione di un impero che unifichi la cristianità, combatta gli infedeli, porti pace e giustizia, riformi la Chiesa in senso evangelico .

Carlo V - Carlo d’Asburgo:

  • 1515: eredita dalla nonna paterna, Maria di Borgogna, i Paesi Bassi, le Fiandre e la Franca Contea
  • 1516: re di Spagna col nome di Carlo I ( nipote di Ferdinando II di Aragona)
  • 1519: eredita la corona ed i possessi austriaci da nonno paterno Massimiliano d’Asburgo. I principi elettori lo eleggono imperatore con il nome di Carlo V.
  • La Francia circondata dai possedimenti asburgici
  • Il re di Francia, Francesco I di Valois, pone la sua candidatura al trono imperiale
  • I grandi banchieri anticipano a Carlo d’Asburgo (come re di Spagna dispone dell’oro americano e quindi dà garanzie di solvibilità) la cifra necessaria per comperare il voto dei grandi elettori
  • Carlo d’Asburgo diventa imperatore con il nome di Carlo V
  • Carlo V rivendica la Borgogna ed il Milanese (appartenenti alla Francia)

1521 – 1559 guerra tra Francia ed Impero

[1521 – 1547 Carlo V \\ Francesco I \\\\\\ 1547 – 1559 Carlo V \\ Enrico II]

Nonostante l’estensione territoriale e le ricchezze spagnole l’impero manca di coesione [città e principati semiautonomi, molti dei quali si convertono al protestantesimo e si alleano alla Francia. In Castiglia la rivolta indipendentista dei Comuneros (1520 - 1522). Sardegna, Sicilia, Napoletano, Paesi Bassi affidati a Viceré o a governatori legati al clero ed alla nobiltà locali. Zone assai progredite come i Paesi Bassi ed altre arretratissime come la Spagna].

Francesco I rappresenta i valori della borghesia e delle Nazioni in senso moderno. Ha un territorio accentrato e può far leva sul sentimento nazionale, inoltre il concordato con Leone X del 1516 gli consente un forte ascendente sull’alto clero e la vasta disponibilità fondiaria gli permette di legare a sé la nobiltà

Prima fase della guerra (1521 –1529)

  • La guerra, cominciata nel 1521 inizialmente sfavorevole alla Francia. Francesco I nel 1525, sconfitto a Pavia, e portato prigioniero in Spagna.
  • 1525 - trattato di Madrid - Francesco I cede la Borgogna a Carlo V e il Milanese a Francesco II Sforza (figlio del Moro) e lascia in ostaggio in Spagna due dei propri figli.
  • nel Frattempo in Germania la riforma protestante scatena lotte politiche e sociali che indeboliscono l’impero, mentre i Turchi risalgono i Balcani e, nel 1529, giungono a minacciare Vienna. Nel frattempo in Italia, Venezia, Milano, Firenze, ed il papa concludono con Francesco I la lega di Cognac (1526), sconfitta dai Lanzichenecchi di Carlo V, i quali prendono Roma e la saccheggiano (1527).
  • Della sconfitta di papa Clemente VII de’ Medici, approfitta Firenze per cacciare i Medici e restaurare la repubblica (1527).
  • Nel 1529, dopo il fallimento di una spedizione nel Napoletano tentata da Francesco I (1528), Carlo V conclude con il papa il trattato di Barcellona col quale si impegna a restaurare il dominio dei Medici in Firenze in cambio della incoronazione imperiale.
  • Sempre nel 1529, Carlo V conclude la pace di Cambrai con la quale Francesco I rinuncia al Milanese.
  • 1529 –1530 - a Bologna Carlo V annuncia ai signori italiani che il Milanese resterà a Francesco II Sforza fino alla morte di questi e poi passerà alla Spagna, e che Firenze tornerà ai Medici

Seconda fase della guerra (1535 – 1544)

  • Nel 1531, in Germania, i principi protestanti si uniscono nella Lega di Smalcanda
  • 1532 - i turchi compiono frequenti razzie in Austria
  • il re di Francia riforma l’esercito aumentando la fanteria nazionale e diminuendo le milizie mercenarie * 1532 - Francesco I si allea con i principi protestanti, inoltre (1536) si accorda con i pirati barbareschi che saccheggiano le coste italiane e spagnole
  • 1535 - alla morte di Francesco I Sforza il milanese passa alla Spagna
  • La Francia occupa parte dei territori di Carlo II di Savoia e riprende la guerra contro l’imperatore.
  • 1538 - la tregua di Nizza conferma a Carlo V il possesso del Milanese ed a Francesco I le terre occupate nel Ducato di Savoia
  • 1542 - Francesco I riprende la guerra, dopo che Carlo V stato sconfitto a Buda dai Turchi (1541), però ambedue i contendenti sono estenuati e nel 1544 firmano la pace di Crépy.

Fase conclusiva della guerra (1552 – 1559)

  • Nel 1547 a Francesco I succede il figlio Enrico II (1547 –1559), poiché l’Italia ormai in mano a Carlo V, Enrico II, riprendendo il tentativo del padre di rompere l’accerchiamento della Francia, sposta lo scontro verso il Reno.
  • In Germania la Lega di Smalcanda, pur sconfitta nel 1547 dall’imperatore (battaglia di Mühlberg) non si arrende ed Enrico II, nel 1552, stringe con i principi protestanti della Lega il Trattato di Chambord (Enrico II ottiene Toul, Metz e Verdun, città francofone dell’impero, in cambio del proprio aiuto)
  • La guerra riprende, Carlo V ferma i Francesi sul fronte renano, ma questi occupano la Corsica ed appoggiano il tentativo di Siena di sottrarre la Toscana a Firenze, ma l’imperatore interviene e stabilisce lo Stato dei presìdi
  • Nel frattempo Carlo V decide di abdicare (1554 –1556) e di ritirarsi in convento (a Yuste, in Estremadura, dove muore nel 1558)
  • Carlo V divide i suoi domini tra il figlio Filippo II ed il fratello Ferdinando I (a Filippo i Paesi Bassi, la Spagna, i territori italiani, le colonie, a Ferdinando l’Austria e la candidatura al titolo imperiale)
  • Lo Stato pontificio stretto fra i domini spagnoli di Milano e di Napoli, ed il papa chiede l’intervento di Enrico II nel meridione.
  • Quando il governatore spagnolo di Napoli attacca lo Stato Pontificio, Enrico II interviene, ma attaccato a Nord dalle truppe di Filippo II provenienti dai Paesi Bassi e comandate da Eugenio di Savoia, che lo sconfiggono a San Quintino (1557).
  • 1558 - i Francesi tolgono Calais agli Inglesi alleati di Filippo II (che aveva sposato Maria Tudor)
  • La lunga guerra ha però prosciugato le risorse finanziarie di ambedue i contendenti che sono costretti a dichiarare bancarotta, causando una serie di fallimenti tra i loro finanziatori.
  • 1559 - si conclude la pace di Cateau Cambrésis che definisce l’assetto europeo fino al 1648 (pace di Westfalia)
  • alla Spagna (massima potenza europea) spettano i Paesi Bassi, L’Artois, la Franca Contea e le dipendenze italiane, mentre devono accettarne la protezione il papa contro il protestantesimo, e Venezia contro i Turchi.
  • La Francia ottiene Toul, Metz, Verdun e Calais, rafforzando il confine nord - orientale, ma deve rinunciare alle sue pretese sull’Italia, pur mantenendo buoni rapporti con il ducato di Savoia.

La riforma protestante

La Riforma protestante quel vasto movimento di secessione religiosa, iniziato con
Lutero, che provocò il distacco dalla Chiesa di Roma di una parte dell’Europa cristiana.

Cause

Precursori della Riforma

Già molto prima di Lutero si era sentito il bisogno di una riforma della Chiesa
  • Giovanni Wycliff (13241384), professore di teologia all’Università di Oxford aveva negato alla Chiesa il diritto di possedere beni temporali ed aveva anticipato in alcuni punti le idee di Lutero [predestinazione, Bibbia come unica fonte della rivelazione (la tradusse in inglese, favorendo così l’alfabetizzazione), condanna della gerarchia ecclesiastica, eucarestia intesa come consustanziazione (la Chiesa cattolica sostiene la transustanziazione, ossia che pane e vino dopo la consacrazione si trasformano realmente in corpo e sangue di Cristo, Wycliff e poi la Chiesa protestante affermano la consustanziazione che pane e vino, dopo la consacrazione, mantengono la loro primitiva natura e che la presenza di Cristo solo spirituale)].
  • Giovanni Huss, professore di teologia a Praga, riprese le idee di Wytcliff (1414)

La Riforma

  • Martin Lutero (14831546) professore di teologia a Wittenberg, nel 1517, indignato per la decadenza morale del clero e per la scandalosa vendita delle indulgenze, affisse alla porta della cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi contro le indulgenze. Papa Leone X invitò Lutero a discolparsi e, ricevuto un rifiuto, lo scomunicò (1520) con una bolla che il teologo bruciò pubblicamente. In seguito Lutero espose in alcuni scritti la sua dottrina riformatrice e raccolse intorno a sé i maggiori esponenti della cultura tedesca del tempo, mentre si verificarono disordini. Carlo V, d’accordo con il papa fece un nuovo tentativo di conciliazione, invitando Lutero alla Dieta di Worms (1521). Nuovamente il riformatore rifiutò di ritrattare le proprie affermazioni. L’Elettore Federico di Sassonia lo fece rapire e portare al castello di Wartburg (1521–1522) per proteggerlo. Qui Lutero si dedicò alla traduzione della Bibbia in tedesco.

Dottrina luterana

  • Giustificazione per mezzo della fede, non delle opere: il peccato originale ha corrotto l’uomo per sempre, l’uomo per salvarsi non può ricorrere alle opere, bensì alla fede. La Predestinazione e la Grazia tolgono all’uomo il libero arbitrio.
  • Fonte di verità cristiana sono le sacre a scritture, non la Chiesa: non sono pi necessari intermediari per la salvezza, viene quindi eliminata la gerarchia ecclesiastica e restano, come unici sacramenti il battesimo e l’eucarestia, intesi come segni di fede.
  • Nelle intenzioni di Lutero la Riforma doveva essere solo religiosa, ma essa si trasformò in un corrente di rinnovamento sociale:
    • i piccoli proprietari ed i cavalieri impoveriti dal crescere della nuova borghesia, trovando giustificazione nell’affermazione di Lutero secondo cui non si può imporre ad un Cristiano una autorità religiosa o civile se non consenziente, si ribellarono ai feudatari, ma furono sconfitti (1523)
    • i contadini, ridotti quasi a servi della gleba, si ribellarono, compiendo eccidi e devastazioni, ma furono sconfitti anch’essi (1525)
    • Lutero stesso, disgustato dalla loro ferocia li condannò.
    • Lutero che sembrava propenso all’elezione democratica dei capi spirituali, dopo la violenta rivolta sociale, decise di mettere la sua Chiesa sotto la protezione e la guida delle autorità territoriali (feudatari, principi etc.)
  • La Riforma assunse anche una connotazione politica perché i grandi feudatari si ribellarono a Carlo V:
    • Carlo V, impegnato nella guerra contro Francesco II ed in disaccordo con il papa (sacco di Roma) non aveva represso il moto religioso in Germania e nella prima Dieta di Spira (1526) aveva rinviato ogni decisione
    • Nella seconda dieta di Spira (1529)revocò ogni precedente concessione e diffidò i principi tedeschi dall’aderire al luteranesimo, ma cinque principi e quattordici città, protestarono contro l’imposizione (da qui il nome protestanti per indicare i riformati),non si sottomisero nemmeno nella Dieta di Augusta (dove fu formulata la confessione augustana che il Credo protestante) e si riunirono nella Lega di Smalkanda(1530)
  • Carlo V, impegnato contro Francesco I e minacciato dai Turchi, cercò di accordarsi con la Lega concedendo temporaneamente la libertà di culto in cambio di aiuti contro i Turchi, ma dopo la pace di Crépy (1544 - con Francesco I), Carlo V prese posizione contro la lega e la sconfisse a Mühlberg (1547). La Lega si alleò allora con Enrico II, successore di Francesco I, e Carlo V fu costretto a concedere la libertà di culto ai Luterani con la pace di Augusta (1555). (alcune clausole di tale pace furono poi a causa della a guerra dei trent’anni: i sudditi dovevano adottare la religione del loro principe o migrare \\\\ qualunque prelato convertito al luteranesimo doveva rinunciare a cariche e beni cedendoli alla Chiesa cattolica.)

La Riforma fuori della Germania

In Svizzera

La Riforma fu promossa da Zwingli (
14841531), predicò a Zurigo, anch’egli si oppose alla vendita delle indulgenze e accolse molte idee di Lutero ed instaurò a Zurigo un governo teocratico (= il potere politico viene da Dio ed ogni atto subordinato alla religione), non riuscì però ad estendere la Riforma a tutto il territorio della confederazione. I Cantoni cattolici formarono una lega contro i Cantoni riformati e, nella battaglia di Kappel (1531) Zwingli fu sconfitto ed ucciso
  • Calvino (15091564), francese esiliato per le sue idee religiose, soggiornò a Ferrara presso la duchessa Renata di Francia, poi si trasferì a Basilea ed infine a Ginevra dove predicò la sua riforma (1541). Egli accolse molte idee di Lutero e di Zwingli, ma a differenza dei predecessori diede alla Chiesa Calvinista una organizzazione democratica, permettendo che fossero i fedeli ad eleggere i propri capi spirituali. Il Calvinismo, per il suo carattere teocratico e la sua organizzazione democratica si diffuse nei Paesi dove si lottava contro i governi assoluti.

In Inghilterra: lo scisma anglicano

La Riforma fu promossa dallo stesso sovrano. Infatti Enrico VIII Tudor (
15091547) aveva dapprima guardato con sospetto la Riforma protestante, tanto che il papa gli aveva conferito il titolo di defensor fidei (i re inglesi lo portano tuttora). Pi tardi il re chiese invano al papa Clemente VII il permesso di divorziare dalla prima moglie (Caterina d’Aragona, sorella di Carlo V) per poter sposare Anna Bolena, poiché il papa rifiutò il consenso, Enrico VIII ruppe i rapporti con il papato e fece approvare dal Parlamento l’Atto di Supremazia (1534), con il quale il re era proclamato capo della Chiesa inglese. NB - la Riforma di Enrico VIII fu uno scisma (= distacco) del popolo inglese dalla Chiesa di Roma, pi che una vera e propria riforma di tipo luterano. Furono mantenuti i dogmi e la gerarchia ecclesiastica, i sacramenti e le cerimonie, però i vescovi furono nominati dal re, invece che dal papa.

Enrico VIII perseguitò i Cattolici, i Luterani ed i Calvinisti. Fra i cattolici fu condannato a morte il filosofo Tommaso Moro (1535). Dopo la morte di Enrico VIII, i suoi figli, Edoardo VI ed Elisabetta I proseguirono l’opera scismatica accogliendo idee luterane e calviniste. [Edoardo VI (1547 –1553) successe al padre a soli nove anni ed i suoi ministri ne approfittarono per consolidare lo scisma. Gli successe la sorellastra (Enrico VIII ebbe sei mogli) Maria la Cattolica (1553 –1558) che tentò di ricondurre l’Inghilterra alla fede cattolica, perseguitando coloro che erano sospettati di eresia (fu detta la Sanguinaria). Sposò Filippo II, re di Spagna (figlio di Carlo V) ed appoggiò il marito nella guerra contro Enrico II perdendo Calais (1558). Morì in quello stesso anno. Le successe la sorellastra Elisabetta I (1558 – 1603), nemica del papato e della Spagna, ella ripristinò l’atto di supremazia e diede alla Chiesa Anglicana un ordinamento definitivo. Inoltre mirò ad affermare la potenza inglese sui mari, sconfiggendo gli Spagnoli nel 1588]

In Italia

La riforma in Italia non si affermò a causa della presenza del papato, del tradizionale attaccamento de popolo alla fede cattolica e dello scetticismo delle classi colte, imbevute dello spirito umanistico e laico del Rinascimento.

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